A.P.R. [ 1 ]
APR Inizio
Dopo aver spiegato l’incomprensibilità [ 2 ]
Le grandezze e le miserie dell’uomo sono talmente visibili che necessariamente la religione vera ci deve insegnare che c’è nell’uomo un qualche grande principio di grandezza, e che c’è un grande principio di miseria.
Bisogna inoltre che essa ci dia ragione di questi stupefacenti contrasti.
Bisogna che, per rendere l’uomo felice, essa gli dimostri che c’è un Dio, che siamo obbligati ad amarlo, che la nostra vera felicità è nell’essere con lui e il nostro unico male nell’essere separati da lui; deve riconoscere che siamo colmi di tenebre che ci impediscono di conoscerlo e di amarlo, e così, tra i nostri doveri che ci obbligano ad amare Dio e le nostre concupiscenze che ce ne distolgono, siamo ricolmi d’ingiustizia. Bisogna che ci dia ragione delle resistenze che abbiamo nei confronti di Dio e del nostro stesso bene. Bisogna che ci insegni i rimedi contro tali impotenze e i mezzi per ottenere tali rimedi. Esaminiamo a questo proposito tutte le religioni del mondo, e vediamo se un’altra, oltre la religione cristiana, soddisfa a queste condizioni.
Saranno forse i filosofi, che ci propongono per tutto bene i beni che abbiamo in noi? È quello il vero bene? Hanno trovato il rimedio ai nostri mali? Significa aver guarito la presunzione dell’uomo, averlo equiparato a Dio? Quelli che ci hanno equiparato alle bestie, e i maomettani che ci hanno attribuito i piaceri della terra come unico bene, anche nell’eternità [ 3 ], hanno forse portato rimedio alle nostre concupiscenze?
Quale religione ci insegnerà dunque a guarire l’orgoglio e la concupiscenza? Quale religione, insomma, ci insegnerà il nostro bene, i nostri doveri, le debolezze che ce ne distolgono, la causa di quelle debolezze, i rimedi che possono guarirle, e il mezzo per ottenere quei rimedi. Nessuna delle altre religioni ne è stata capace. Vediamo che cosa farà la sapienza di Dio.
«Non aspettatevi, o uomini – essa dice – né verità né consolazione dagli uomini. Io sono colei che vi ha formati e l’unica che può insegnarvi chi siete.
Ma adesso voi non siete più nello stato in cui vi ho formati. Ho creato l’uomo santo, innocente, perfetto. L’ho ricolmato di luce e d’intelligenza. Gli ho comunicato la mia gloria e le mie meraviglie. Allora l’occhio dell’uomo vedeva la maestà di Dio. Allora non viveva nelle tenebre che ora l’accecano, né nella mortalità e nelle miserie che lo affliggono. Ma non ha potuto sostenere tanta gloria senza cadere nella presunzione: ha voluto rendersi centro di se stesso e indipendente dal mio soccorso. Si è sottratto al mio dominio, e poiché si è fatto uguale a me per il desiderio di trovare in sé la propria felicità, l’ho abbandonato a se stesso, gli ho reso nemiche le creature che gli erano sottomesse, rivoltandogliele contro, così che oggi l’uomo è divenuto simile alle bestie, ed è tanto lontano da me, e sono a tal punto spente o turbate le sue conoscenze, che appena gli rimane un confuso barlume del suo creatore. I sensi indipendenti dalla ragione e spesso padroni della ragione l’hanno travolta nella ricerca dei piaceri. Tutte le creature lo affliggono o lo tentano, e dominano su di lui sottomettendolo con la forza o seducendolo con la dolcezza, che è una dominazione più terribile e più umiliante.
Ecco la condizione in cui sono oggi gli uomini. Rimane in loro, impotente, un qualche istinto della felicità della loro prima natura, e sono immersi nelle miserie del loro accecamento e della loro concupiscienza, che è divenuta per loro una seconda natura.
In questo principio che vi manifesto potete riconoscere la causa di tanti contrasti che hanno stupito tutti gli uomini e li hanno divisi in opinioni così diverse. Osservate adesso tutti i moti di grandezza e di gloria che la prova di tante miserie non può soffocare, e considerate se non occorre cercarne la causa in un’altra natura.
APR Per domani
Prosopopea [ 4 ]
«Invano, o uomini, voi cercate in voi stessi il rimedio alle vostre miserie. Tutti i vostri lumi possono giungere solo a conoscere che non troverete in voi stessi né la verità né il bene.
I filosofi ve lo hanno promesso e non hanno potuto mantenere.
Essi non sanno né qual è il vostro vero bene, né qual è la vostra vera condizione. (Io sola posso farvi conoscere qual è il vostro vero bene e [qual è la vostra vera condizione]. Io lo insegno a quanti mi ascoltano, e i Libri che ho messo nelle mani degli uomini lo manifestano chiaramente. Ma non ho voluto che questa conoscenza fosse così palese. Io faccio conoscere agli uomini ciò che può renderli felici: perché rifiutate di ascoltarmi?
Non cercate soddisfazione sulla terra, non sperate niente dagli uomini. Il vostro bene è solo in Dio, e la suprema felicità consiste nel conoscere Dio, nell’unirsi a lui per sempre nell’eternità. Il vostro dovere è amarlo con tutto il cuore. Egli vi ha creati). Come avrebbero potuto trovare rimedio a dei mali che non hanno nemmeno conosciuto? Le vostre malattie principali sono l’orgoglio, che vi sottrae a Dio, [e] la concupiscenza, che vi lega alla terra: loro non hanno fatto altro che intrattenere almeno una di queste malattie. Se vi hanno dato Dio come fine, è stato solo per esercitare la vostra superbia. Vi hanno fatto pensare che eravate simili e conformi a lui per vostra natura. E quelli che si sono resi conto della vanità di questa pretesa vi hanno gettato nell’altro precipizio, facendovi intendere che la vostra natura era simile a quella delle bestie, e vi hanno indotto a cercare il vostro bene nelle concupiscenze che sono il retaggio degli animali.
Non è questo il modo di guarirvi dalle vostre ingiustizie, che quei saggi hanno ignorato. Io sola posso farvi comprendere chi siete». Ecc.
(«Non chiedo da parte vostra una credenza cieca»).
Adamo. Gesù Cristo.
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Se vi si unisce a Dio, è per grazia, non per natura.
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Se vi si abbassa, è per penitenza, non per natura.
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Così questa doppia capacità [ 5 ]:
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Voi non siete nello stato in cui foste creati.
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Una volta svelati questi due stati, è impossibile che non li riconosciate.
Seguite i vostri movimenti, osservate voi stessi, e vedete se non troverete in voi le impronte viventi di queste due nature.
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Tante contraddizioni potrebbero trovarsi in un soggetto semplice?
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Incomprensibile
Tutto ciò che è incomprensibile non per questo manca di essere. Il numero infinito, uno spazio infinito uguale al finito.
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Incredibile che Dio si unisca a noi.
Questa considerazione nasce solo dalla vista della nostra bassezza, ma se in voi è proprio sincera, siate coerenti come lo sono io e riconoscete che siamo davvero così in basso da non poter sapere con le nostre forze se la sua misericordia non possa renderci capaci di lui. Mi domando infatti come mai questo animale che si riconosce così debole si arroga il diritto di misurare la misericordia di Dio e di circoscriverla nei limiti che gli suggerisce la sua fantasia. Tutto turbato dalla vista del proprio stato, osa dire che Dio non può renderlo capace di accogliere la sua comunicazione. Ma gli vorrei chiedere se Dio gli domanda altro se non di amarlo e conoscerlo, e perché crede che Dio non possa rendersi a lui conoscibile e amabile, visto che egli è naturalmente capace di amore e di conoscenza. Di sicuro egli conosce, almeno, di essere, e di amare qualche cosa. Dunque se vede qualcosa in mezzo alle tenebre in cui si trova, e se scopre qualche oggetto di amore in mezzo alle cose della terra, perché, se Dio farà splendere per lui dei raggi della sua essenza, non dovrebbe essere capace di conoscerlo e di amarlo, nel modo in cui gli piacerà di comunicarsi a noi? C’è dunque sicuramente in questa specie di ragionamenti una presunzione insopportabile, per quanto sembrino fondati in un’umiltà apparente, che non è né sincera né ragionevole se non ci fa confessare che – non sapendo da noi stessi chi siamo – lo possiamo apprendere solo da Dio.
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Non intendo che vi sottomettiate a me dandomi credito senza ragione, e non pretendo di assoggettarvi tirannicamente. Non pretendo nemmeno di darvi ragione di tutto. Per conciliare questi contrasti, intendo farvi vedere chiaramente, con prove convincenti, dei segni divini in me per convincervi che io sono, e acquisire autorità con meraviglie e prove inconfutabili, così che voi crediate poi le cose che io v’insegno, quando non troverete altro motivo di rifiutarle se non l’impossibilità di conoscere con le vostre forze se esse sono o non sono.
Dio ha voluto redimere gli uomini e offrire la salvezza a quanti la cercano. Ma gli uomini se ne rendono così indegni che è giusto che Dio rifiuti ad alcuni, a causa del loro indurimento, ciò che accorda agli altri per una misericordia non dovuta.
Se avesse voluto vincere l’ostinazione dei più induriti, avrebbe potuto farlo, rivelandosi a loro così manifestamente che non potessero più dubitare della verità della sua essenza, come apparirà nell’ultimo giorno con tale bagliore di folgori e con un tale sconvolgimento della natura che i morti risorti, e anche i più ciechi, lo vedranno.
Non così volle apparire nel suo avvento di mitezza: visto che tanti uomini si rendevano indegni della sua clemenza, ha voluto lasciarli nella privazione del bene che rifiutavano. Non era dunque giusto che apparisse in modo manifestamente divino e assolutamente capace di convincere tutti gli uomini. Ma non era giusto nemmeno che venisse in modo così nascosto che quanti lo cercano sinceramente non potessero riconoscerlo. A questi ultimi ha voluto rendersi perfettamente riconoscibile. In tal modo, volendo apparire scopertamente a chi lo cerca con tutto il cuore, e nascosto a chi lo fugge con tutto il cuore, ha temperato [ 6 ]
[A.P.R. per Domani 2
temperato la sua conoscenza in modo da dare segni di sé visibili a quanti lo cercano e non a quanti non lo cercano.
Vi è abbastanza luce per chi desidera solo vedere e abbastanza oscurità per chi ha una disposizione contraria]. [182]
[ 1 ] Il senso di questa sigla rimane controverso. È tentante di leggervi A PORT-ROYAL, ma allora saremmo in presenza del solo dossier il cui titolo non indica il contenuto.
[ 2 ] Ancora un’indicazione netta sull’ordine: «dopo aver spiegato l’incomprensibilità» dell’uomo, «mostro incomprensibile», oggetto della prima parte. La precisazione «Inizio», in cima al foglio, indica – a proposito di un testo che occupa parecchi fogli – qual è la prima pagina da leggere.
[ 3 ] Il loro paradiso sarà un giardino lussureggiante, ove gli uomini «troveranno donne belle e pure» («trouveront des femmes belles et nettes», Corano, sura 2, trad. Du Ryer, 1647).
[ 4 ] La forma della prosopopea è presa dal Libro dei Proverbi, dove a due riprese la Sapienza divina si rivolge agli uomini (capitoli 1 e 8). Tutta la redazione che comincia con «APR Per domani», stesa su una carta di filigrana diversa, costituisce una seconda versione del progetto di conclusione. Come accade spesso, Pascal sperimenta varie redazioni (così nella «Lettera per portare a cercare Dio»).
[ 5 ] Questa notazione ellittica è esplicitata in un altro lungo saggio di redazione conclusiva, che si trova nel dossier «La natura è corrotta»: «Così [...] attraverso questa doppia capacità, comune a tutti, della grazia e del peccato...».
[ 6 ] Il seguito di questo passo intitolato «APR Per domani / Prosopopea» comincia sul retto di un secondo foglio (donde il 2). Pascal, considerando che questa evocazione del Dio che si nasconde sarebbe stata più al suo posto nel capitolo «Fondamenti», ve l’ha inserita. Con il suo scrupolo abituale, il copista ve l’ha lasciata. L’ha ugualmente trascritta qui, in modo da far comprendere il pensiero, ma indicando al margine: «Questo seguito si è trovato nel capitolo “Fondamenti della religione”».