[MISCELLANEA 5]
L’esempio della castità di Alessandro non ha creato tanti continenti quanti sono gli intemperanti creati dall’esempio della sua ubriachezza. Non è vergognoso non essere virtuosi come lui, e sembra scusabile non essere più viziosi di lui. Ci sembra di non avere proprio i vizi degli uomini comuni, quando vediamo di avere i vizi dei grandi uomini. Ma non badiamo al fatto che in questo sono uomini comuni: li teniamo dal capo da cui loro tengono il popolo; infatti, per quanto siano in alto, pure sono uniti in qualche punto ai più piccoli tra gli uomini. Non sono sospesi per aria, del tutto astratti dalla nostra società. No, no: se sono più alti di noi, è perché hanno la testa più in alto, ma hanno i piedi altrettanto in basso come i nostri; sono tutti allo stesso livello e poggiano sulla stessa terra, e da questo estremo sono bassi come noi, come i più piccoli, i bambini, le bestie. [635]
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L’eloquenza continua annoia.
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I principi e i re giocano ogni tanto, non stanno sempre sul trono: vi si annoierebbero. Bisogna spogliarsi della grandezza, per poterla sentire. La continuità disgusta di tutto. Il freddo fa piacere perché dà occasione di scaldarsi.
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La natura agisce per gradi, itus et reditus. Passa e ritorna, poi va più lontano, poi due volte meno, poi più che mai, ecc.
Il flusso del mare avviene così, il sole sembra camminare così:
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Sei maldestro: «Scusami, per piacere». Senza queste scuse non mi sarei accorto che vi fosse offesa.
«Con licenza parlando»: non c’è niente di sbagliato se non le loro scuse. [636]
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Quello che ci piace di più è la lotta, non la vittoria.
Ci piace vedere i combattimenti degli animali, non il vincitore che si accanisce sul vinto. Che volevamo vedere, se non l’esito della vittoria? E non appena questa viene, siamo sazi. Così nel gioco, così nella ricerca della verità: ci piace vedere nelle dispute la lotta delle opinioni, ma contemplare la verità una volta trovata, questo proprio no. Perché la si osservi con piacere, bisogna farla vedere mentre nasce dalla disputa. Così nelle passioni fa piacere vedere l’urto di due passioni contrarie, ma quando una trionfa, è pura brutalità. Non cerchiamo mai le cose, ma la ricerca delle cose. Così, a teatro, le scene di contentezza senza apprensione non valgono nulla, né le estreme miserie senza speranza, né gli amori brutali, né le severità aspre. [637]
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Contro coloro che, confidando
nella misericordia di Dio, vivono
nella noncuranza senza fare
opere buone.
Dato che le due fonti dei nostri peccati sono l’orgoglio e la pigrizia, Dio ci ha rivelato in sé due qualità atte a guarirle: la sua misericordia e la sua giustizia. È proprio della giustizia abbattere l’orgoglio, per quanto sante siano le opere: ET NON INTRES IN JUDICIUM [ 1 ], ecc., ed è proprio della misericordia combattere la pigrizia invitando alle opere buone, secondo questo passo: LA MISERICORDIA DI DIO INVITA A PENITENZA [ 2 ], e quest’altro dei Niniviti: FACCIAMO PENITENZA PER VEDERE SE PER CASO AVRÀ PIETÀ DI NOI [ 3 ]. E così, lungi dall’autorizzare il rilassamento, la misericordia è la qualità che lo combatte formalmente. In modo che invece di dire: Se in Dio non ci fosse misericordia, bisognerebbe fare ogni sorta di sforzo per la virtù, occorre dire, al contrario, che proprio perché in Dio c’è la misericordia bisogna fare ogni sorta di sforzo. [638]
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Contro coloro che abusano dei passi della
Scrittura e si fanno forti del fatto
di trovarne qualcuno che sembra
favorire il loro errore.
Il capitolo di Vespri, la domenica di Passione, la Preghiera per il re [ 4 ]. [639]
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Spiegazione delle parole: Chi non è
per me è contro di me e di queste altre:
Chi non è contro di voi è per voi [ 5 ].
Una persona che dice: «Non sono né pro, né contro». Bisogna risponderle… [640]
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La storia della Chiesa dev’essere chiamata propriamente storia della verità. [641]
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Una delle antifone dei vespri di Natale: Exortum est in tenebris lumen rectis corde [ 6 ]. [642]
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Non si insegna agli uomini il saper vivere [ 7 ], e si insegna loro tutto il resto. E non si piccano mai tanto di sapere alcunché di tutto il resto, come di saper vivere. Si piccano di sapere la sola cosa che non imparano.
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I bambini che si spaventano del viso che hanno imbrattato, sono bambini [ 8 ]. Ma come potrà, chi è così debole da bambino, essere tanto più forte da adulto? Non si fa che cambiare fantasia. Tutto ciò che progressivamente si perfeziona, progressivamente anche va a perire. Tutto ciò che è stato debole non potrà mai essere assolutamente forte. Si ha un bel dire: è cresciuto, è cambiato; è anche rimasto lo stesso. [643]
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Prefazione della prima parte
Parlare di quelli che hanno scritto della conoscenza di sé: le suddivisioni di Charron, che rattristano e annoiano; la confusione di Montaigne: aveva ben sentito la mancanza di un retto metodo, lo schivava saltando di soggetto in soggetto, cercava di darsi buon tono.
Stupido progetto che ha di ritrarre se stesso! E questo non occasionalmente e contro le proprie massime, come capita a tutti di sbagliare, ma in forza delle sue stesse massime e per un’intenzione primaria e principale. Perché dire sciocchezze per caso e per debolezza, è un male ordinario. Ma dirne di proposito, questo è intollerabile [ 9 ]. E dirne di questa sorta…
Prefazione della seconda parte
Parlare di quelli che hanno trattato di questo argomento.
Mi meraviglio dell’ardimento con cui costoro intraprendono di parlare di Dio. Rivolgono i loro discorsi agli empi, e il loro primo capitolo consiste nel provare la divinità con le opere della natura. La loro impresa non mi stupirebbe se si indirizzassero ai fedeli, perché di sicuro chi ha la fede viva nel cuore vede subito che tutto quanto esiste non è se non l’opera del Dio che egli adora. Ma per coloro in cui questa luce è spenta e nei quali si ha intenzione di farla rivivere, persone private di fede e di grazia, che, quando cercano, con tutti i loro lumi, nello spettacolo della natura qualcosa che possa condurli a quella conoscenza, trovano solo oscurità e tenebre; dire a costoro che basta osservare la minima delle cose che li circondano e in essa vedranno scopertamente Dio, e offrire loro, come tutta prova di questo grande e grave argomento, il corso della luna e dei pianeti, e pretendere di aver completato la dimostrazione con un tale discorso, significa dar loro motivo di credere che le prove della nostra religione sono proprio deboli. E vedo per ragione e per esperienza che è il procedimento più adatto a fargliele disprezzare. Non è così che parla delle cose di Dio la Scrittura, che le conosce meglio. Al contrario, essa dice che Dio è un Dio nascosto; e che, a seguito della corruzione della natura, ha lasciato [gli uomini] in un accecamento da cui non possono uscire se non tramite Gesù Cristo, fuori dal quale è venuta meno ogni comunicazione con Dio: Nemo novit Patrem, nisi Filius, et cui Filius voluerit revelare [ 10 ].
È quello che la Scrittura ci indica, quando dice in tanti passi che chi cerca Dio lo trova. Non si parla affatto di una luce come quella del giorno a mezzogiorno. Non si dice affatto che chi cerca la luce a mezzogiorno o l’acqua nel mare la troverà. Bisogna dunque che l’evidenza di Dio non risieda nella natura. E infatti altrove la Scrittura ci dice: Vere tu es Deus absconditus [ 11 ]. [644]
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Grazie alle lenti, quanti esseri abbiamo scoperto che non esistevano per i nostri filosofi di prima. Si attaccava la Sacra Scrittura sul gran numero delle stelle, dicendo: «Ce ne sono solo 1022, lo sappiamo [ 12 ]».
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«Sulla terra c’è erba, lo vediamo; dalla luna non si vedrebbe. E su quell’erba dei peli, e in quei peli degli animaletti; ma poi nient’altro?». Presuntuosi!
«I corpi misti sono composti di elementi; e gli elementi no?». Presuntuosi! Ecco una questione delicata. Non bisogna dire che c’è quello che non si vede. Bisogna dunque dire come gli altri, ma non pensare come loro.
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Quando si vuole perseguire le virtù fino all’estremo, da una parte e dall’altra sorgono vizi che vi s’insinuano insensibilmente, lungo impercettibili vie dal lato dell’infinito in piccolezza. E sorgono in folla, i vizi, dalla parte dell’infinito in grandezza. Cosicché ci si smarrisce nei vizi e perdiamo di vista le virtù.
Si mette in questione persino la perfezione.
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Le parole disposte diversamente producono un senso diverso. E i sensi disposti diversamente producono effetti diversi.
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Ne timeas, pusillus grex [ 13 ]. Timore et tremore [ 14 ].
Quid ergo, ne timeas, modo timeas.
Non temere, purché tu tema. Ma se non temi, allora temi.
Qui me recipit, non me recipit, sed eum qui me misit [ 15 ].
Nemo scit neque Filius [ 16 ].
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Se mai vi è un tempo nel quale si debba fare professione dei due opposti, è quando si fa rimprovero di ometterne uno. Dunque i gesuiti e i giansenisti hanno torto a nasconderli, ma di più i giansenisti, perché i gesuiti hanno meglio professato entrambi [ 17 ].
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M. de Condren: Non c’è paragone, dice, fra l’unione dei santi e [quella] della SS. Trinità.
Gesù Cristo dice il contrario [ 18 ].
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La dignità dell’uomo consisteva, nello stato di innocenza, nel servirsi delle creature e nel dominare su di esse; ma oggi consiste nel separarsene, e sottomettersi ad esse.
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I sensi.
Uno stesso senso cambia secondo le parole che lo esprimono.
I sensi ricevono la loro dignità dalle parole, invece di conferirla. Bisogna cercarne degli esempi.
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Credo che Giosuè [ 19 ] sia il primo nel popolo di Dio a portare questo nome, come Gesù Cristo è l’ultimo nel popolo di Dio.
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Nubes lucida OBUMBRAVIT [ 20 ].
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San Giovanni doveva convertire il cuore dei padri ai figli, e Gesù Cristo mettervi la divisione [ 21 ].
Senza contraddizione.
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Gli effetti in communi e in particulari. I semipelagiani sbagliano dicendo in communi quello che è vero solo in particulari, e i calvinisti dicendo in particulari ciò che è vero in communi (mi sembra) [ 22 ]. [645]
[ 1 ] Salmo 142, 2: «Non entrare in giudizio con il tuo servo, perché nessun uomo davanti a te sarà trovato giusto».
[ 2 ] Lettera ai Romani 2, 4.
[ 3 ] Giona 3, 9.
[ 4 ] Molti testi liturgici della domenica di Passione sottolineano che nella Chiesa si riceve la vera parola di Dio. L’Oratio ad regem... è un libello del padre del grande Arnauld contro i gesuiti (1603), nel quale si dimostra che i gesuiti deformano i testi biblici per cercare di minimizzare l’autorità dei re.
[ 5 ] Matteo 12, 30 e Marco 9, 40.
[ 6 ] «Una luce è sorta nelle tenebre, per coloro che hanno il cuore retto» (dal Salmo 111, 4).
[ 7 ] Nel testo francese «être honnêtes hommes» [N.d.T.] .
[ 8 ] Cf. «Divertimento».
[ 9 ] Essais, II, 17, p. 653: «Non sono obbligato a non dire sciocchezze, purché non m’inganni nel riconoscerle. E sbagliare consapevolmente, questo è così comune per me, che non sbaglio in altro modo, non sbaglio in modo fortuito». Cf. ibid., l’inizio di III, 1.
[ 10 ] Matteo 11, 27: «Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
[ 11 ] Isaia 45, 15: «Veramente tu sei un Dio nascosto» (cf. Lettera 4 a Ch. de Roannez).
[ 12 ] Secondo il catalogo di Tolomeo. Le «lenti» (lunettes) sono i primi telescopi.
[ 13 ] Luca 12, 32: «Non temere, piccolo gregge».
[ 14 ] Lettera ai Filippesi 2, 12: «Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore» (vetus itala).
[ 15 ] Marco 9, 36 (cf. versione della Bibbia di Vatable): «Chiunque accoglie me non accoglie soltanto me, ma accoglie colui che mi ha inviato».
[ 16 ] Marco 13, 22: il momento del Giudizio finale, «nessuno lo sa, né gli angeli che sono nel cielo, né il Figlio».
[ 17 ] Qualunque teologia cattolica della grazia deve affermare a un tempo la libertà dell’uomo e l’onnipotenza di Dio. Pascal pensa che la presentazione della teologia molinista sia stata finora più abile che non le esposizioni dei giansenisti. È per rovesciare questa situazione di inferiorità retorica che intraprese egli stesso i suoi Scritti sulla grazia.
[ 18 ] Giovanni 17, 21-23: Gesù prega «affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me, e io in te». Condren (1588-1641), superiore dell’Oratorio, autore di Lettres et discours.
[ 19 ] Variante del nome di Gesù, che significa «salvatore».
[ 20 ] Matteo 17, 5 (letteralmente): «una nube luminosa li coprì della sua ombra», durante la Trasfigurazione di Gesù. Lucida sembra opporsi a obumbravit: l’insieme del frammento mette in evidenza le sconcertanti variazioni di luce (il trascolorare) del reale.
[ 21 ] Luca 1, 17 (si tratta di Giovanni Battista, il precursore) e Matteo 10, 34.
[ 22 ] Secondo san Tommaso, si può considerare sia l’insieme della giustificazione (in communi), e allora la giustificazione dei santi è opera di Dio solo; sia le diverse tappe della giustificazione (in particulari), in cui è possibile far posto a una causalità umana. I semipelagiani sbagliano nel dare l’iniziativa all’uomo per l’insieme della giustificazione: e i calvinisti, riservando a Dio solo ogni tappa del processo di giustificazione (hanno misconosciuto, per esempio, il potere della preghiera).