[MISCELLANEA 8]

Non bisogna misconoscersi: siamo automi tanto quanto spirito. Per conseguenza, lo strumento attraverso il quale avviene la persuasione non è la sola dimostrazione. Quanto poche cose sono dimostrate! Le prove convincono solo l’intelligenza, l’abitudine produce le nostre prove più forti e quelle a cui si crede di più: essa inclina l’automa, che trascina la mente senza che se ne accorga. Chi ha dimostrato che domani sarà giorno, e che moriremo? E c’è qualcosa a cui crediamo di più? È dunque l’abitudine che ce ne persuade, è lei che fa tanti cristiani, è lei che fa i Turchi, i pagani, i mestieri, i soldati, ecc. (I cristiani hanno, in più dei pagani, la fede ricevuta nel battesimo). Infine, è ad essa che dobbiamo ricorrere, una volta che la mente ha visto dov’è la verità, per impregnarcene e acquisire i riflessi di questa credenza che ci sfugge a ogni momento. Perché averne sempre presenti, le prove, è troppo complicato. Bisogna acquisire un modo di credere più facile, che è quello dell’abitudine: senza violenza, senza arte, senza argomentazione, essa ci fa credere le cose e inclina tutte le nostre facoltà verso quella credenza, in modo che la nostra anima vi cade naturalmente. Quando si crede solo per forza di convinzione, mentre l’automa è incline a fare il contrario, non basta. Bisogna dunque far credere le nostre due parti: la mente, con le ragioni, che è sufficiente aver visto una volta nella vita; e l’automa, con l’abitudine, e non permettendogli di prendere l’inclinazione opposta.

Inclina cor meum, Deus...1 ].

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La ragione agisce lentamente, e con tante verifiche, su tanti princìpi, i quali bisogna siano sempre presenti, che a ogni momento si assopisce o si smarrisce, non avendo presenti tutti i suoi princìpi. Il sentimento non agisce così; agisce in un istante, ed è sempre pronto ad agire. Bisogna dunque mettere la nostra fede nel sentimento, altrimenti sarà sempre vacillante. [661]

 

*

 

(Bisogna aver pietà degli uni e degli altri2 ]. Ma per gli uni bisogna avere una pietà che nasce dalla tenerezza, e per gli altri una pietà che nasce dal disprezzo.

 

 

 

Bisogna proprio vivere la religione che essi disprezzano, per non disprezzarli.

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Questo non è elegante.

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Ciò dimostra che non c’è niente da dire a costoro: non per disprezzo, ma perché mancano di buon senso. Bisogna che Dio li tocchi.

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Le persone di questo tipo sono accademici, pedanti3 ], ed è il peggior carattere d’uomo che io conosca.

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Mi convertirete.

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Non prendo questa posizione per bigotteria, ma per il modo in cui è fatto il cuore dell’uomo, non per uno zelo di devozione e di distacco, ma per un principio puramente umano e per un moto d’interesse e di amor proprio.

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Di sicuro non vi è alcun bene senza la conoscenza di Dio, si è felici nella misura in cui ci si avvicina a lui, e la felicità ultima è nel conoscerlo con certezza; si è infelici nella misura in cui ci si allontana da lui, e l’infelicità ultima sarebbe la certezza inversa.

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È dunque una sventura dubitare, ma, nel dubbio, è un dovere indispensabile mettersi alla ricerca. Dunque chi dubita e non cerca è insieme sventurato e ingiusto. Se poi in tutto ciò è allegro e presuntuoso, non ho parole per qualificare una creatura così stravagante).

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Eppure è certo che l’uomo è così snaturato, che c’è nel suo cuore, in questo, un seme di gioia.

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(È forse una cosa da dire con gioia? Allora è una cosa da dire con tristezza.

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Che bel motivo di rallegrarsi e di vantarsi, a testa alta, in questo modo...: «Rallegriamoci, viviamo senza timore e senza inquietudine, e aspettiamo la morte, poiché sono tutte cose incerte, e vedremo allora che cosa ci capiterà». Non ne vedo la coerenza).

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Non basta che avvengano miracoli in un luogo e che la Provvidenza si manifesti su un popolo?

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Il contegno mondano tende a non avere compiacenza per gli altri, e la pietà tende invece ad averne.

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(È coraggio, per un uomo che muore, andare nella debolezza e nell’agonia ad affrontare un Dio onnipotente?).

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Come sarei felice, qualora fossi in codesto stato, se qualcuno avesse pietà della mia stoltezza e avesse la bontà di tirarmene fuori mio malgrado!

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(Non esserne dispiaciuto e non amare, questo denuncia tanta debolezza di mente e tanta malizia nella volontà.

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Che gioia, aspettarsi solo miserie senza rimedio! Che consolazione, disperare di ogni consolatore!).

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Ma proprio quelli che sembrano opporsi di più alla gloria della religione, noi dimostreremo che sono loro il primo argomento a favore dell’esistenza di qualcosa di soprannaturale. Non saranno inutili agli altri. Infatti un accecamento di quella sorta non è una cosa naturale. E se la loro follia li rende così nemici del loro stesso bene, servirà a garantirne gli altri, per l’orrore di un esempio così deplorevole e di una follia così degna di compassione. Sono dunque così imperturbabili da rimanere insensibili a tutto ciò che li riguarda? Mettiamoli alla prova nella perdita dei beni o dell’onore: come! è una forma d’incantesimo… [662]

 

*

 

Storia della Cina [ 4 ]

 

Io credo solo alle storie i cui testimoni sarebbero pronti a farsi sgozzare.

(Qual è il più credibile dei due: Mosè o la Cina?).

Non è il caso di vedere le cose all’ingrosso: vi dico che c’è di che ottenebrare e di che fare luce.

Con questa sola parola demolisco tutti i vostri ragionamenti. «Ma la Cina ottenebra», dite voi. E io rispondo: «La Cina ottenebra, ma c’è una luce da trovare. Cercatela.

Così tutto ciò che dite serve a uno dei due disegni, e non danneggia affatto l’altro. Giova, dunque, e non nuoce.

Bisogna vedere le cose nei particolari, bisogna mettere le carte in tavola». [663]

 

*

 

Un erede trova i titoli del suo casato. Dirà: «Forse sono falsi?» e trascurerà di esaminarli? [664]

 

*

 

La Legge obbligava a ciò che non donava, la grazia dona ciò a cui obbliga. [665]

 

*

 

Sembra una confutazione.

Humilibus dat gratiam5 ]. An ideo non dedit humilitatem?

Sui eum non receperunt6 ]. Quotquot autem non receperunt, an non erant sui? [666]

 


 

1 ] Responsorio liturgico, dal Salmo 118, 36: «Inclina il mio cuore, o Dio, verso le tue testimonianze».

2 ] Tutto questo frammento è costituito da appunti preparatori alla «Lettera per portare a cercare Dio», che ne illumina il senso.

3 ] Scettici per partito preso, che ripetono devotamente le grandi parole di alcune menti orgogliose.

4 ] Havet ha messo questo frammento in rapporto con la pubblicazione della Prima decade della storia cinese (Sinicae historiae decas prima), opera del gesuita Martino Martini, pubblicata nel dicembre 1658. Ma l’antichità del popolo cinese era stata già contrapposta alla cronologia biblica, che datava il Diluvio all’anno 2322 a.C. Pascal stesso aveva partecipato nel febbraio 1647, durante il suo soggiorno a Rouen, a una controversia con il teologo Jacques Forton, signore di Saint-Ange, che sosteneva con ragione che la Bibbia non impone alcuna credenza quanto alla durata del mondo e assicurava «che i Cinesi avevano memorie di 36.000 anni». Il titolo autografo è «hist. de la Chine»; la maiuscola iniziale è dovuta solo alla scelta di modernizzare l’ortografia.

5 ] Prima lettera di san Pietro 5, 5: «Dio resiste ai superbi e dona la sua grazia agli umili» (cf. Lettera di san Giacomo 4, 6). Pascal, a quanto pare, aggiunge in latino: «Sarebbe a dire che non ha donato l’umiltà?».

6 ] Giovanni 1, 11: «[Gesù] venne nella sua casa, e i suoi non lo hanno accolto». E Pascal aggiunge: «Ma tutti coloro che non lo hanno accolto, forse che non erano dei suoi?».

Pensieri [Nuova edizione a cura di Philippe Sellier secondo l’“ordine” pascaliano]
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