[MISCELLANEA 6]
Considero un dato di fatto che se tutti gli uomini sapessero quello che dicono gli uni degli altri, al mondo non vi sarebbero quattro amici. È evidente, a giudicare dai litigi che provocano le relazioni indiscrete che certe volte ne vengono fatte.
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Già per questo rifiuto tutte le altre religioni.
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Per questa via trovo risposta a tutte le obiezioni.
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È giusto che un Dio così puro non si scopra se non a chi ha il cuore purificato.
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Già per questo tale religione è per me degna di amore, e la trovo già abbastanza autorizzata da una morale così divina. Ma vi trovo ancora di più: trovo, concretamente, che da quando dura la memoria degli uomini, ecco un popolo che sussiste, più antico di ogni altro popolo. Agli uomini viene annunciato costantemente che si trovano in una corruzione universale, ma che verrà un Riparatore. Non è un uomo a dirlo, ma un’infinità di uomini e un popolo intero, che profetizza ed è costituito a questo scopo, durante quattromila anni. I loro Libri dispersi per quattrocento anni. Infine, essi stessi senza idoli né re.
Un popolo intero lo predice prima della sua venuta. Un popolo intero lo adora dopo la sua venuta.
Più li esamino, più verità vi trovo: ciò che ha preceduto e ciò che ha seguito, e la Sinagoga che lo ha preceduto, e la Sinagoga (quel numero di Ebrei) miserabili e senza profeti che vengono dopo di lui, e che, essendo tutti nemici, sono per noi testimoni mirabili della verità di quelle profezie in cui è predetta la loro miseria e il loro accecamento.
Le tenebre degli Ebrei, spaventose e predette: Eris palpans in meridie [ 1 ]. Dabitur liber scienti litteras, et dicet: Non possum legere [ 2 ].
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Lo scettro ancora nelle mani del primo usurpatore straniero.
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La fama della venuta di Gesù Cristo.
Trovo questo concatenamento, questa religione tutta divina nella sua autorità, nella sua durata, nella sua perpetuità, nella sua morale, nella sua condotta, nella sua dottrina, nei suoi effetti. E così tendo le braccia al mio Liberatore che, predetto per quattromila anni, è venuto a soffrire e a morire per me sulla terra, nel tempo e in tutte le circostanze che sono state predette. E per sua grazia attendo la morte in pace, nella speranza di essere eternamente unito a lui, e intanto vivo con gioia, sia nei beni che si compiace di donarmi, sia nei mali che mi manda per il mio bene e che con il suo esempio mi ha insegnato a sopportare. [646]
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È una considerazione bizzarra, che nel mondo ci sia gente che, dopo aver rinunciato a tutte le leggi di Dio e della natura, se n’è fatta altre per conto suo cui obbedisce puntualmente: per esempio i soldati di Maometto, i ladri, gli eretici, ecc. E così anche i logici.
Sembrerebbe che la loro licenza debba essere senza limite né impedimento alcuno, visto che ne hanno varcati tanti così giusti e così santi. [647]
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Lo starnuto assorbe tutte le funzioni dell’anima, non meno dell’atto sessuale [ 3 ]. Ma non se ne traggono le stesse conseguenze contro la grandezza dell’uomo, perché avviene suo malgrado. E anche se uno se lo procura, se lo procura suo malgrado: non in vista della cosa stessa, ma per un altro fine. E dunque non è un segno della debolezza dell’uomo e della sua dipendenza da quell’azione.
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Non è vergognoso per l’uomo soccombere sotto il dolore, mentre è vergognoso per lui soccombere sotto il piacere. Non perché il dolore ci venga dal di fuori, mentre il piacere lo ricerchiamo: dato che si può anche cercare il dolore, e soccombere ad esso a bella posta, senza tuttavia incorrere in quel genere di bassezza. Donde viene dunque che è motivo di gloria per la ragione soccombere sotto la violenza del dolore, ed è motivo di vergogna soccombere sotto la violenza del piacere? In realtà, non è il dolore a tentarci e ad attirarci. Siamo noi stessi che lo scegliamo volontariamente e vogliamo che domini su di noi, in modo che padroneggiamo la cosa; e in questo caso è l’uomo che soccombe a se stesso. Ma, nel piacere, è l’uomo che soccombe al piacere. Ora, la gloria è tutta nel dominio e nell’impero, e nella servitù è tutta la vergogna. [648]
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Dio
ha creato tutto per sé,
per sé ha dato la capacità di pene e di beni.
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Potete applicarlo a Dio o a voi stessi.
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Se a Dio, la regola è il Vangelo.
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Se a voi stessi, prenderete voi il posto di Dio.
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Come Dio è circondato da esseri pieni di carità, che gli chiedono i beni della carità, i quali sono in suo potere, così…
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Conosci dunque te stesso, e sappi che sei solo un re di concupiscenza [ 4 ], e imbocca le strade della concupiscenza. [649]
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Re, e tiranno.
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Anch’io avrò i miei pensieri di riserva.
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Farò attenzione a ogni viaggio.
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Grandezza della posizione sociale, rispetto della posizione sociale.
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Il piacere dei Grandi è nel poter fare delle persone felici.
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Il proprio della ricchezza è l’essere donata liberalmente.
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Il proprio di ogni cosa va ricercato. Proprio della potenza è proteggere.
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Quando la forza attacca l’affettazione, quando un semplice soldato prende il berretto quadro di un primo presidente e lo fa volare dalla finestra.
Epigrammi di Marziale.
L’uomo ama la malignità, ma non contro i guerci o gli infelici, bensì contro i felici superbi. Altrimenti ci si sbaglia. Perché la fonte di tutti i nostri moti è la concupiscenza, e l’umanità…
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Bisogna piacere a chi ha sentimenti umani e teneri.
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L’epigramma dei due guerci non vale nulla, perché non li consola e si limita ad accrescere di un’arguzia la gloria dell’autore [ 5 ].
Tutto ciò che è a vantaggio solo dell’autore non vale nulla.
Ambitiosa recidet ornamenta [ 6 ]. [650]
[ 1 ] Deuteronomio 28, 29 (secondo la Bibbia di Vatable): «Andrai brancolando in pieno mezzogiorno».
[ 2 ] Isaia 29, 12.
[ 3 ] Cf. Essais, III, 5, p. 878: «Il sonno soffoca e sopprime le facoltà della nostra anima, l’atto sessuale [la besogne] le assorbe e dissipa ugualmente. Certo, è un segno non soltanto della nostra corruzione originaria: ma anche della nostra vanità e deformità». Cf. anche il capitolo di Charron, «Dell’amore carnale» (Sagesse, 1, 22). Lo starnuto «che uno si procura» è quello che si produce nell’uso delle prese di tabacco (M. Le Guern).
[ 4 ] Questo frammento e il seguente sono appunti per la formazione del figlio del duca di Luynes, il giovane duca di Chevreuse. Nicole si è sforzato di ricostituire le idee di Pascal: sono i tre Discours sur la condition des Grands pubblicati nel 1670 nel Traité de l’éducation d’un prince. Lafuma data questi appunti alla fine del 1660, perché l’Epigrammatum delectus, in cui Pascal avrebbe letto Marziale, non è uscito dai torchi se non il 20 agosto 1659; e la carta del frammento seguente porta una filigrana dell’Alvernia, ove Pascal trascorse l’estate 1660.
[ 5 ] Questo epigramma latino (VI, 30), dovuto a Geronimo Amaltei, era stato adattato da Du Bellay: «Giovanna e suo figlio sono belli come il sole; / ma ognuno di loro ha perso la luce di un occhio. / Andrea, quello che ti resta, dallo a tua madre: / lei sarà Venere e tu sarai l’Amore».
[ 6 ] «Eliminerà gli ornamenti ambiziosi» (Orazio, Lettera ai Pisoni, V, 447-448; citato dall’Epigrammatum delectus al n. 110).