5. UNA NUOVA PROPOSTA

 

È ormai tempo di presentare le caratteristiche della nuova edizione di Philippe Sellier (Pocket, coll. «Agorà», Paris 2003), di cui il nostro testo costituisce la traduzione. Si realizza una circostanza davvero straordinaria, di cui siamo grati a Philippe Sellier: parallelamente alla sua diffusione in Francia viene offerto al lettore italiano un nuovo approccio ai Pensieri, scaturito dall’impegno e dall’onestà intellettuale di uno fra i più profondi e accreditati studiosi del testo pascaliano.

La presentazione dei Pensieri sulla base della «Seconda copia» (che differisce dalla prima soprattutto per una certa interversione nella disposizione dei dossier) ha finito con l’essere in Francia la più corrente delle edizioni pascaliane, sotto la notissima copertina gialla dei «Classiques Garnier», o nel formato tascabile arricchito dagli apparati critici di Gérard Ferreyrolles36 ]. Perché dunque Sellier, curatore di quell’edizione fortunatissima, ne propone una nuova? Diciamo subito che lo studioso non torna indietro rispetto alle precedenti conquiste. Anche qui, nel testo che presentiamo, l’impianto di base è quello della «Seconda copia»: porta il segno della mano di Pascal, nell’ordine abbozzato, nelle «liasse» e dossier costituiti dall’autore e che rimangono ormai il punto di partenza di qualunque edizione filologicamente rigorosa. Ricordiamo brevemente come si presentano, nella «Seconda copia», i materiali dei Pensieri: ventisette liasse con titolo, precedute da una sorta di indice, e da una prima liassa che annuncia come un’ouverture i temi dell’opera; altri trentatré dossier senza titolo, tra cui numerosi materiali preparatori, come quelli che raccolgono riflessioni sui miracoli, o sillogi di passi biblici di cui non sappiamo molto come sarebbero stati utilizzati, e numerose riserve miscellanee, ove troviamo spesso sviluppi e approfondimenti di temi già annunciati nelle liasse; rimangono esclusi dalla «Seconda copia», ma recuperati nelle sue edizioni, materiali conosciuti per altre vie e che in alcuni casi non appartengono affatto al progetto di apologia. La nostra familiarità odierna con la dimensione virtuale dell’ipertesto, e con la memoria combinatoria dei computer, ci aiuta a muoverci dentro la foresta di questo libro-memoria che fa intravedere – come le foreste pietrificate dove si leggono limpidamente le età della natura – i differenti strati della sua formazione.

Philippe Sellier non torna indietro. Piuttosto fa un passo avanti, in base a due considerazioni37 ]. In primo luogo, un interrogativo sull’ordine delle liasse con titolo (di cui, come si è detto, esiste nelle «copie» una sorta di indice, che si può ritenere non derivato da un autografo di Pascal). Quell’indice non va confuso con il piano dell’apologia: le liasse sono pezzi di una combinazione in movimento; tanto più non essendo l’indice redatto da Pascal, niente consacra come definitivo l’ordine in cui sono state tramandate. In secondo luogo, un lavoro di critica interna ai Pensieri porta a riconoscere numerose indicazioni disseminate da Pascal sul modo in cui intendeva procedere nella costruzione dell’opera. Queste indicazioni stesse sono provvisorie, ma sostanzialmente convergenti. Si deve all’acume e alla pazienza di Sellier averne tratto delle ipotesi altamente probabili su alcuni passaggi essenziali dell’impresa apologetica. Anziché dedicarsi a una stesura lineare dei temi di cui le liasse presentano la semenza, Pascal ha concentrato la sua attenzione sui punti nodali: l’inizio, la conclusione della prima parte, la transizione, la prefazione alla seconda parte; ha lavorato sull’intelaiatura, passando dall’annotazione veloce al pensiero articolato, magari in redazioni diverse di cui la più ampia è sempre l’ultima. Ne sono nati testi piuttosto estesi, che nelle edizioni fatte sulle «copie» emergevano tardi e dopo il difficile incontro con fasi preliminari della scrittura. La nuova edizione di Philippe Sellier, fondata sulla ricostituzione di gruppi di pensieri non in base a testimonianze esterne (Périer, Filleau de La Chaise), ma per la prima volta in base a indizi interni al testo, propone spostamenti leggeri e decisivi: rimettere quei “discorsi”, quelle “lettere”, quei testi elaborati, maturi, folgoranti, là dove il programma di Pascal assegna loro un posto. Modificare in alcuni casi, là dove indicazioni esplicite di Pascal lo autorizzano, l’ordine delle liasse. Un inizio, delle transizioni, delle conclusioni: la linea di un libro emerge dal magma di una memoria.

Qualcuno vedrà in questa operazione una nostalgia regressiva: un nuovo parziale tentativo di ricostituzione del “piano” di Pascal, contro la neutralità dei criteri prevalsi nelle edizioni recenti. Qualcuno penserà a un equilibrio tra due criteri, l’oggettività della restituzione e la soggettività della ricostruzione: lo stato di “fatto” e lo stato di “diritto” (la proiezione ideale) delle carte pascaliane. Mi sembra piuttosto che Sellier abbia spinto più a fondo un solo e unico criterio, quello che aveva informato la sua precedente edizione. Ancora una volta si tratta di rispecchiare lo stato dei lavori al momento in cui Pascal li ha lasciati, prendendo atto di una forma che si andava delineando – e che non è rappresentata nella riproduzione materiale delle «copie». Certo, lo studioso coniuga qui un’operazione critica al nudo rigore filologico, assumendo quel tanto di rischio ragionevole, di calcolata incertezza, che Pascal amava considerare componente essenziale in una teoria della decisione.

Da una parte, dunque, la nuova edizione non si pone in contrasto con quelle scientificamente accreditate. Tuttavia essa cambia ancora una volta il clima della lettura. In un certo senso, il lettore è preso per mano. Qualcuno fa per lui quello che avrebbe dovuto fare da solo in un paesaggio impervio. Qualcuno lo informa che Pascal era andato avanti, e attendeva il suo lettore al varco, lungo un sentiero orientato. Finalmente l’ampia ouverture dell’opera è restituita nel suo movimento e nella sua posizione: vi è un effetto di autenticità profonda in una lettura dei Pensieri che cominci dall’inizio, cioè dal torpore della mancanza di fede e d’interesse per la religione, dal drammatico grido della sentinella che vuole risvegliare l’interesse per la ricerca (nella «Lettera per portare a cercare Dio»); che fa balenare davanti al non credente, suprema ironia, un argomento formale incontrovertibile (l’argomento della scommessa, nel «Discorso della macchina») e gli dimostra così che la fede è un’altra cosa, e che il lungo cammino per disporsi a riceverla passa attraverso una volontà incarnata, dei gesti del corpo, e la preghiera di chi, solidarmente, si è già inginocchiato. Vi è una sorta di sollievo intellettuale nel verificare, attraverso il minuzioso percorso che Sellier ha documentato altrove, che gli studiosi non sono poi liberi di collocare la «Scommessa» dove vogliono, e che non vi è ragione di piegare in più sensi quella pagina sconcertante, se appena si prendono sul serio, nelle pieghe dei frammenti, certe indicazioni di percorso lasciate da Pascal. E ancora: finalmente la liassa «Transizione dalla conoscenza dell’uomo a Dio» realizza il passaggio dalla prima alla seconda parte dell’opera. Finalmente l’importanza data da Pascal alla riflessione sul «mistero d’Israele» (un quarto del testo le è dedicato) emerge come non accadeva nell’assetto delle precedenti edizioni. L’atomizzazione dei frammenti è ridimensionata, infine, a vantaggio dei quattro “fondamenti” della visione pascaliana, ossia i grandi fatti concreti la cui stranezza salta agli occhi e provoca ad un approfondimento: grandezza e miseria dell’uomo, fascino dell’ideale evangelico – una «morale così divina» – fra le scelte esistenziali possibili, enigma storico della singolarità ebraica, profetismo fondamentale del giudeo-cristianesimo.

Credo che nessuna edizione dei Pensieri possa dirsi definitiva: almeno, quelle che hanno preteso di esserlo sono state smentite dai fatti. L’attuale nuova edizione non si presenta con questa pretesa. Semplicemente, essa ha delle validissime ragioni di essere. Dirò di più: essa è un evento, sia per la statura dello studioso che la propone, sia per la direzione che contribuisce a imprimere agli studi su Pascal. Più che una nuova conquista di territori pascaliani, essa ne propone una gestione saggia: è un dono al lettore colto e motivato, fosse anche digiuno di problematiche pascaliane. Un dettaglio minimo e di grande portata: i frammenti, qui, non hanno un numero, quasi per un’operazione di pulizia contro la proliferazione di numeri che (se ci fossero tutti) renderebbero ironica e surreale la consultazione delle tavole di concordanza dei Pensieri. Ciò significa privilegiare gli insiemi, e imparare a individuare i singoli pensieri da una parola o da un tema, nonché dalle coordinate che li situano nel gioco combinatorio della scrittura di Pascal. Questa nuova edizione non si pretende definitiva, ma testimonia che la tappa della durezza filologica non era esaustiva e non sarà, a sua volta, ultima (d’altronde lo comprendevamo da quanto Jean Mesnard ha fatto trapelare sommessamente riguardo ai criteri della sua propria, forse prossima, edizione dei Pensieri)38 ]. E che, senza ritorni regressivi verso l’improbabile ricostruzione di un “piano” pascaliano, era tuttavia necessario difendere il meglio di una tradizione che ha letto i Pensieri come un libro e ha riconosciuto, pur nei vuoti, nell’indecidibilità dei segni incompiuti, la linea di un progetto e l’identità di un messaggio.

Il lettore si porrà forse una domanda, magari senza sapere che potrebbe usare, per esprimerla, le antiche parole di Montaigne: «Quand’è che conveniamo tra noi: per questo libro ce n’è abbastanza, ormai non c’è più niente da dire? [...] C’è più da fare a interpretare le interpretazioni che a interpretare le cose, e più libri sui libri che su altri soggetti: non facciamo che chiosarci a vicenda»39 ]. In un bell’intervento a un convegno pascaliano in Germania, nel marzo 2002, Louis van Delft dichiarava: «Oserò confessarlo? Ho l’impressione che l’essenziale sia stato detto, sui Pensieri di Pascal, come del resto su alcune altre opere...»40 ]. Ma non esistono, tra lettori e studiosi, segnali convenuti per far cessare l’interesse intorno a un libro. In un certo senso un libro decide da solo quando uscire di scena, nel silenzio della memoria, magari in attesa di nuovi risvegli. Nel caso dei Pensieri di Pascal c’è da dire qualcosa di più: il dibattito critico, la reciproca “chiosa” fanno parte in modo essenziale del destino dell’opera: dove la cercheremmo, quest’opera, se non nel grande corpus storico delle sue edizioni, nell’immagine cangiante della sua ricezione, nei matrimoni instabili di filologia e filosofia? È là che essa ci attende, disseminata, docile e intransigente, suggerendo al lettore (parafrasiamo Pascal) che la questione della lettura è tutta questione di punto di vista, e che di punti di vista corretti ce n’è uno solo – ma il problema è trovarlo.

 


 

1 ] La prima sezione dell’edizione Brunschvicg, ripresa tanto nei tascabili Newton quanto nella traduzione di Auletta (Ed. Paoline e Oscar Mondadori), aveva per titolo «Pensieri sull’intelletto e sullo stile».

2 ] È l’incipit dell’edizione Chevalier (edizione definitiva Gallimard, «Bibliothèque de la Pléiade», Paris 1954), che traduce Adriano Bausola per Rusconi.

3 ] Riconosciamo il primo frammento nell’ed. Lafuma (Seuil, «L’Intégrale», Paris 1963), tradotta da Enea Balmas, e nell’ed. Le Guern (Gallimard, «Folio», Paris 1977, ora nel secondo tomo delle Oeuvres complètes di Pascal nella nuova «Pléiade», Gallimard, Paris 2000), che differisce di poco dall’ed. Lafuma, e che traduce Bruno Nacci.

4 ] Cf. P. Force, Invention, disposition et mémoire dans les Pensées de Pascal, in «XVIIe siècle», n. 181, 1993, pp. 757-778.

5 ] G. Macchia, Baudelaire, Rizzoli, Milano 1975, p. 25.

6 ] La sottolineatura è di A. Béguin, in Pascal par lui-même, Seuil, Paris 1952, p. 5.

7 ] Cf. la prefazione al Traité de l’équilibre des liqueurs, edito, con gli altri trattati, presso Desprez nel 1663; cf. anche la prefazione di Etienne Périer all’ed. di Port-Royal, ora in Pascal, Oeuvres complètes, t. II, cit. («Pléiade»), pp. 901ss.

8 ] Ibid., p. 906.

9 ] Ibid., pp. 907-908.

10 ] Nel 1665.

11 ] Cf. la massima 182.

12 ] La prima edizione è del 1688.

13 ] Nella grande quantità di studi critici su tali argomenti, cf. almeno L. van Delft, Littérature et anthropologie, PUF, Paris 1993.

14 ] È una celebre massima di La Rochefoucauld: «Per quante scoperte si siano fatte nel paese dell’amor proprio, vi restano ancora tante terre ignote» (massima 3; una recente edizione italiana, con testo a fronte, delle Massime è a cura di F. Fiorentino, Marsilio, Venezia 2000).

15 ] Su questa emergenza del profondo nella rappresentazione dell’interiorità mi permetto di rinviare anche al mio libro Il “fondo del cuore”. Figure dello spazio interiore nel Seicento francese, Goliardica, Pisa 1991 (ed. francese Champion, Paris 2000).

16 ] Ben studiate in A. McKenna, Entre Descartes et Gassendi. La première édition des Pensées de Pascal, Universitas, Paris 1993.

17 ] Nel 1776, con un’immediata ripresa nel 1778.

18 ] Hachette, Paris 1897, con innumerevoli edizioni successive.

19 ] Anche il testo di Filleau de La Chaise è consultabile nella nuova Pléiade pascaliana, già citata, a cura di M. Le Guern, t. II, pp. 1052-1082.

20 ] È il titolo di un noto libro di Alexandre Koyré (From the closed world to the infinite Univers, John Hopkins Press, Baltimore 1957).

21 ] Lettera a Mlle de Roannez, verso il 29 ottobre 1656, in B. Pascal, Oeuvres complètes, éd. Jean Mesnard, Desclée De Brouwer, t. III, Paris 1991, p. 1036.

22 ] Cf. De la connaissance de soi-même, in P. Nicole, Essais de morale, choix d’essais introduits et annotés par Laurent Thirouin, PUF, Paris 1999, p. 349.

23 ] A. McKenna, Quelques points de repère dans l’histoire posthume des «Pensées», in L’Accès aux «Pensées» de Pascal, Actes de Clermond-Ferrand (publ. par Thérèse Goyet), Klincksieck, Paris 1993, p. 65.

24 ] Lettera di Pascal a Fermat, 10 agosto 1660, in B. Pascal, Oeuvres complètes, éd. Mesnard, cit., t. IV, 1992, p. 923.

25 ] Cf. M. Serres, Le système de Leibniz et ses modèles mathématiques, PUF, Paris 1968, pp. 673ss.

26 ] Apparsa per la prima volta nel 1925, poi ripresa, come si è detto, nella «Pléiade» del 1954.

27 ] Nella sua edizione paleografica delle Pensées, Vrin, Paris 1942.

28 ] Ed. du Luxembourg, Paris 1951, 3 voll.; si cita tuttavia comunemente l’edizione di B. Pascal, Oeuvres complètes, éd. L. Lafuma, cit.

29 ] Mercure de France, Paris 1976; poi nella collana dei «Classiques Garnier», Bordas, Paris 1991.

30 ] Cf. P. Ernst, Les Pensées de Pascal. Géologie et stratigraphie, Universitas - Voltaire Foundation, Paris-Oxford 1996.

31 ] P. Lacoue-Labarthe - J.-L. Nancy, L’Absolu littéraire. Théorie de la littérature du romantisme allemand, Seuil, Paris 1978.

32 ] M.A. Liborio, In principio era il frammento, in R.M. Losito (ed.), Del frammento, I.U.O., Napoli 2000, p. 12.

33 ] L. Goldmann, Le dieu caché. Etude sur la vision tragique dans les Pensées de Pascal et dans le théâtre de Racine, Gallimard, Paris 1955, in particolare il cap. IX (Le paradoxe et le fragment).

34 ] R. Heyndels, La pensée fragmentée. Discontinuité formelle et question du sens, Pierre Mardaga, Bruxelles 1985, in particolare il cap. I (Discontinuité et signification).

35 ] Ricordiamo un titolo di I. Scaramucci, La dimensione pascaliana da Leopardi a Montale, IPL, Milano 1972.

36 ] L’edizione di Sellier sulla base della «Seconda copia» è stata ripresa come base dell’edizione curata da Gérard Ferreyrolles per i «Classiques de poche» (Librairie générale française, 2000). È presente altresì nel volume Moralistes du XVIIe siècle, a cura di J. Lafond, Laffont, «Bouquins», Paris 1992 e sarà ripresa nelle Oeuvres di Pascal che compariranno nel 2003, a cura di Ph. Sellier e G. Ferreyrolles, nella «Pochothèque» della Librairie Générale Française.

37 ] Riassumiamo qui molto sommariamente l’ampia dimostrazione filologica e critica con cui Sellier ha preparato e annunciato l’attuale edizione, negli studi dedicati all’argomento e poi raccolti nella sezione Philologiques del suo volume Port-Royal et la littérature. I. Pascal, Champion, Paris 1999.

38 ] Aggiungiamo che non sono mancati altri segnali di inquietudine e ricerca che hanno spinto a imprese filologiche alquanto avventurose, come l’edizione delle Pensées a cura di Kaplan (Cerf, Paris 1982), nuovo tentativo di ricostruzione del piano di Pascal, e come la ricostruzione di E. Martineau, Blaise Pascal. Discours sur la religion et sur quelques autres sujets, Fayard, Paris 1992 (tentativo di ritrovare ampie unità discorsive che avrebbero qualificato la prima redazione dell’opera pascaliana).

39 ] Montaigne, Essais, III, 13, éd. Villey-Saulnier, PUF, Paris 1965, pp. 1067 e 1069.

40 ] L. van Delft, Revisiter les «Pensées» avec Nietzsche, Du Bos, Montaigne et Alain, in Les Pensées de Pascal. Croisement d’anthropologies, Atti del Convegno di Wolfenbüttel, 13-16 marzo 2002, in corso di pubblicazione a Heidelberg presso C. Winter (annunciati per il 2003).

Pensieri [Nuova edizione a cura di Philippe Sellier secondo l’“ordine” pascaliano]
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