MANOSCRITTO DI LOUIS PÉRIER [ 1 ]
[IL MEMORIALE] [ 2 ]
L’anno di grazia 1654
Lunedì 23 novembre, giorno di san Clemente, papa e martire, e altri del Martirologio.
Vigilia di san Crisogono, martire, e altri [ 3 ].
Dalle dieci e mezzo circa della sera fino a circa mezzanotte e mezzo.
Fuoco
Dio di Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe [ 4 ],
non dei filosofi e dei sapienti.
Certezza, certezza, sentimento, gioia, pace [ 5 ].
Dio di Gesù Cristo.
Deum meum et Deum vestrum [ 6 ].
Il tuo Dio sarà il mio Dio [ 7 ].
Oblio del mondo e di tutto, fuorché Dio.
Non lo si trova se non tramite le vie insegnate nel Vangelo.
Grandezza dell’anima umana
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto [ 8 ].
Gioia, gioia, gioia, pianti di gioia [ 9 ].
Mi sono separato da lui. _________
Dereliquerunt me fontem aquae vivae [ 10 ].
Dio mio, mi abbandonerai? __________
Che io non sia da lui separato in eterno.
Questa è la vita eterna, che conoscano te, unico vero Dio e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo [ 11 ].
Gesù Cristo. __________
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Gesù Cristo. ___________
Mi sono separato da lui. L’ho fuggito, rinnegato, crocifisso. __________
Che io non sia mai separato da lui [ 12 ].
Non lo si conserva se non tramite le vie insegnate nel Vangelo.
Rinuncia totale e dolce [ 13 ].
ecc. [742]
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La natura dell’amor proprio e dell’io umano è di amare solo sé e non considerare che se stesso. Ma che potrà fare? Non potrà impedire che l’oggetto del suo amore sia pieno di difetti e di miseria; vuol essere grande, e si vede piccolo; vuol essere felice, e si vede miserabile; vuol essere perfetto, e si vede pieno d’imperfezioni: vuol essere oggetto dell’amore e della stima degli uomini, e vede che i suoi difetti non meritano altro che avversione e disprezzo. L’imbarazzo in cui si trova produce in lui la passione più ingiusta e più criminale che si possa immaginare; concepisce infatti un odio mortale contro quella verità che lo rimprovera, e che lo convince dei suoi difetti. Desidererebbe annientarla, e, non potendo distruggerla in se stessa, la distrugge quanto può nella propria conoscenza e in quella degli altri, cioè mette tutta la sua cura nel coprire i propri difetti agli altri e a se stesso, e non sopporta che qualcuno li veda e glieli faccia vedere.
È di sicuro un male essere pieni di difetti; ma è un male ancora più grande esserne pieni e non volerli riconoscere, poiché significa aggiungervi ancora quello di un’illusione volontaria. Non vogliamo che gli altri ci ingannino; e non troviamo giusto che vogliano essere stimati da noi oltre il loro merito: dunque non è nemmeno giusto che noi li inganniamo e vogliamo essere stimati da loro oltre il nostro merito.
Così, quando scoprono in noi solo imperfezioni e vizi che abbiamo effettivamente, è evidente che non ci fanno torto, poiché non ne sono loro la causa, e che ci fanno del bene, poiché ci aiutano a liberarci da un male, che è l’ignoranza di tali imperfezioni. Non dobbiamo essere contrariati dal fatto che le conoscano e ci disprezzino, perché è giusto che ci conoscano per quello che siamo, e ci disprezzino, se siamo spregevoli.
Ecco i sentimenti che nascerebbero da un cuore pieno di equità e di giustizia. Che dobbiamo dunque dire del nostro, nel quale vediamo una disposizione del tutto opposta? Non è forse vero infatti che odiamo la verità e quelli che ce la dicono, e ci piace che si sbaglino a nostro vantaggio, e vogliamo che ci stimino diversi da come siamo realmente?
Ecco una prova che mi fa orrore. La religione cattolica non obbliga a manifestare i propri peccati a tutti indifferentemente. Essa accetta che si rimanga nascosti a tutti gli altri uomini: ma ne eccettua uno solo, cui comanda di scoprire il fondo del cuore, e farsi vedere quali si è. C’è solo quest’uomo al mondo che essa ci ordina di disingannare, e lo obbliga a un segreto inviolabile, tanto che questa conoscenza è in lui come se non vi fosse. Si può immaginare niente di più caritatevole e dolce? E tuttavia la corruzione dell’uomo è tale che anche questa legge gli sembra dura; ed è una delle ragioni principali che hanno portato una gran parte dell’Europa a ribellarsi contro la Chiesa.
Com’è ingiusto e irragionevole il cuore dell’uomo, quando respinge l’obbligo di fare nei riguardi di un uomo ciò che sarebbe giusto, in un certo senso, fare nei riguardi di tutti gli uomini! È forse giusto, infatti, che li inganniamo?
Ci sono gradi diversi in quest’avversione contro la verità; ma si può dire che tutti ne abbiamo un certo grado, perché è inseparabile dall’amor proprio. È quella falsa delicatezza che obbliga chi è costretto a rimproverare gli altri a scegliere tante perifrasi e tante attenuazioni per evitare di urtarli. Bisogna che sminuiscano i nostri difetti, che facciano finta di scusarli, che vi mescolino delle lodi e delle testimonianze di affetto e di stima. Con tutto ciò, la medicina non manca di essere amara per l’amor proprio. Esso ne prende meno che può, e sempre con disgusto, e spesso anche con un dispetto segreto contro chi gliela offre.
Ne consegue che, se uno ci tiene un po’ a essere amato da noi, evita di renderci un servizio che sa esserci spiacevole. Ci trattano come vogliamo essere trattati: odiamo la verità, ce la nascondono; vogliamo essere adulati, ci adulano; amiamo essere ingannati, ci ingannano.
Questo fa sì che ogni grado di buona fortuna che ci porta a salire nella scala del mondo ci allontana maggiormente dalla verità, perché ci si perita di più a ferire coloro il cui affetto è più utile e la cui avversione più pericolosa. Un principe sarà la favola di tutta l’Europa, e lui solo non ne saprà niente. Non mi sorprende: dire la verità è utile a colui cui viene detta, ma svantaggioso per chi la dice, perché si fa odiare. Ora, chi vive con i principi preferisce i propri interessi a quelli del principe che serve; e così si guarda bene dal procurargli un vantaggio nuocendo a se stesso.
Questo male è di sicuro più grande e più comune nelle condizioni più alte: ma le minori non ne sono esenti, perché c’è sempre qualche interesse a farsi amare dagli uomini. Così la vita umana non è che una perpetua illusione: non facciamo che ingannarci e lusingarci gli uni gli altri. Nessuno parla di noi in nostra presenza come ne parla in nostra assenza. L’unione tra gli uomini è fondata solo su questa reciproca impostura; e poche amicizie sussisterebbero, se ognuno sapesse quello che il suo amico dice di lui quando lui non c’è, benché allora se ne parli sinceramente e spassionatamente.
Dunque l’uomo non è altro che travestimento, menzogna e ipocrisia, in se stesso e riguardo agli altri. Non vuole che gli si dica la verità. Evita di dirla agli altri. E tutte queste disposizioni, così lontane dalla giustizia e dalla ragione, hanno una radice naturale nel suo cuore. [743]
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Tutte le volte che i gesuiti inganneranno il papa cogliendolo di sorpresa, sarà resa spergiura tutta la cristianità.
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È facilissimo cogliere il papa di sorpresa per via delle sue occupazioni e del credito in cui tiene i gesuiti. E i gesuiti sono capacissimi di ingannarlo con la calunnia. [744]
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Sulla fama che hanno i foglianti, andai a trovarlo, dice il mio vecchio amico. Parlando di devozione, credette che ne avessi qualche sentimento e che avrei ben potuto farmi fogliante.
E che avrei potuto portare frutto scrivendo, soprattutto dati i tempi, contro gli innovatori.
Da poco abbiamo fatto contro di loro il nostro capitolo generale, decidendo di firmare la bolla.
Si augurava che Dio mi ispirasse. [745]
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Padre, bisognerebbe firmare?
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3 [ 14 ]
Se non rinunciano alla probabilità, le loro massime buone sono altrettanto poco sante quanto le cattive, perché sono fondate sull’autorità umana. E così, se sono più giuste, saranno più ragionevoli, ma non più sante: risentono del virgulto selvatico su cui sono state innestate.
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Se ciò che dico non serve a illuminare voi, servirà al popolo.
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Se costoro tacciono, parleranno le pietre.
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Il silenzio è la persecuzione più grande. I santi non hanno taciuto mai. È vero che occorre una vocazione, ma non è dalle sentenze del Consiglio che bisogna scoprire se si è chiamati, bensì dalla necessità di parlare. Ora, dopo che Roma ha parlato, e si pensa che è stata condannata la verità, e che lo hanno scritto, e i libri che dicono il contrario sono censurati, bisogna gridare tanto più forte quanto più ingiustamente si è censurati e quanto più violentemente si vuole soffocare la parola, finché non venga un papa che ascolti le due parti e consulti gli antichi per fare giustizia.
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Così i buoni papi troveranno ancora la Chiesa in subbuglio.
La speranza che hanno i cristiani di possedere un bene infinito è mista di godimento reale tanto quanto di apprensione. Non come chi spera in una regalità di cui, essendo suddito, non ha niente; sperano la santità, l’esenzione dall’ingiustizia, e qualcosa ne hanno.
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L’Inquisizione e la Compagnia: i due flagelli della verità.
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Perché non li accusate di arianesimo? perché se hanno detto che Gesù Cristo è Dio, forse lo intendono non per natura, ma nel senso in cui si dice: Dii estis [ 15 ].
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Se le mie Lettere sono condannate a Roma [ 16 ], quello che io vi condanno è condannato nel cielo.
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Ad tuum, Domine Jesu, tribunal appello [ 17 ].
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Voi stessi siete corruttibili.
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Ho temuto di aver scritto male, vedendomi condannato, ma l’esempio di tanti scritti pii mi fa credere il contrario. Non è più lecito scrivere bene.
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Tanto l’Inquisizione è corrotta o ignorante.
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È meglio obbedire a Dio piuttosto che agli uomini [ 18 ].
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Nulla temo, nulla spero. I vescovi non sono così. Port-Royal teme, ed è una cattiva politica separarli, perché poi non temeranno più e diventeranno più temibili [ 19 ].
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Non temo nemmeno le vostre censure: sono paglia se non sono fondate su quelle della tradizione.
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Censurate tutto? Come! Anche le mie formule rispettose? No. Dunque, dite che cosa, oppure non concluderete nulla, se non designate il male, e perché è male. Questo, sarà per loro difficilissimo farlo.
Probabilità
Hanno dato una bizzarra spiegazione della sicurezza. Perché, dopo aver stabilito che tutte le loro vie sono sicure, non hanno più considerato sicuro ciò che porta al cielo, senza pericolo di non giungervi per quella via, ma ciò che vi porta senza pericolo di uscire da quella via. [746]
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Reverendo Padre [ 20 ]
Se vi ho dato qualche dispiacere con le altre mie Lettere manifestando l’innocenza di coloro che vi stava a cuore di denigrare, vi darò gioia con questa, rivelandovi qui il dolore di cui li avete colmati. Consolatevi, Padre, quelli che voi odiate sono afflitti. E se i Monsignori vescovi eseguono nelle loro diocesi i consigli che ricevono da voi, di costringere a giurare e a firmare che si crede di fatto una cosa che non si crede veramente e non si è obbligati a credere, voi ridurrete i vostri avversari al colmo della tristezza nel vedere la Chiesa ridotta in questo stato. Li ho visti, Padre, e vi confesso che ne ho avuto un’estrema soddisfazione. Li ho visti, non pieni di filosofica generosità, o di quella fermezza irrispettosa che fa seguire imperiosamente ciò che si ritiene il proprio dovere; nemmeno in quella viltà timida e molle che impedisce di vedere la verità oppure di seguirla; ma in una pietà dolce e solida, pieni di diffidenza verso se stessi, di rispetto verso i poteri della Chiesa, di amore per la pace, di tenerezza e zelo verso la verità, di desiderio di conoscerla e di difenderla, di timore per la loro debolezza, di rimpianto di essere messi a tali prove, e tuttavia pieni di speranza che Dio si degnerà di sostenerli con la sua luce e la sua forza, e che la grazia stessa di Gesù Cristo, che essi sostengono e per cui soffrono, sarà per loro luce e forza. Insomma ho visto in loro il carattere della pietà cristiana che rivela una forza...
Li ho trovati circondati di loro conoscenti, accorsi anch’essi in questa circostanza per indurli a quanto sembrava loro il meglio nello stato presente delle cose. Ho udito i consigli che sono stati dati loro: ho notato il modo in cui li hanno accolti e il modo in cui hanno risposto. In verità, Padre, se foste stato presente, credo che riconoscereste voi stesso che tutto il loro comportamento è infinitamente lontano dall’atteggiamento della rivolta e dell’eresia, come tutti potranno verificare di fronte alle mitigazioni che hanno apportate (le vedrete qui) per conservare insieme le due cose a loro infinitamente care: la pace e la verità.
Infatti, quando sono state prospettate loro in generale le pene che si attireranno col loro rifiuto, qualora venga loro presentata questa nuova Costituzione da firmare, e lo scandalo che potrà nascerne nella Chiesa, hanno fatto notare…
Se i gesuiti fossero corrotti e veramente fossimo soli, a maggior ragione dovremmo rimaner fermi.
Il giorno del Giudizio.
Quod bellum firmavit, pax ficta non auferat [ 21 ].
Neque benedictione, neque maledictione movetur, sicut Angelus Domini [ 22 ].
Viene attaccata la più grande delle virtù cristiane, che è l’amore della verità.
Se la firma significa questo, ci sia permesso di spiegarla, in modo che non sorga alcun equivoco: perché bisogna riconoscere che molti credono che firmare significhi consentire.
Ecco dunque, Padre, quello che voi chiamate il senso di Giansenio! Ecco quello che voi date a intendere al papa e ai vescovi!
Se il giudice non firmasse, la sentenza sarebbe invalida. Se la bolla non fosse firmata, sarebbe valida. Non è dunque…
Non si è colpevoli di non credere e si sarebbe colpevoli se si giurasse senza credere…
Belle domande. Egli…
«Ma voi potete esservi ingannato?». Giuro che credo che posso essermi ingannato. Ma non giuro che credo di essermi ingannato.
Mi rincresce dirvi tutto; mi limito a fare un racconto.
Questo, con Escobar, li mette alle corde [ 23 ]. Ma non la prendono così, e testimoniando il rincrescimento di vedersi tra Dio e il papa… [747]
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I fiumi di Babilonia scorrono, e precipitano, e travolgono [ 24 ].
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O santa Sion, ove tutto è stabile e niente precipita!
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Bisogna sedersi su quei fiumi, non sotto o dentro, ma sopra, e non in piedi, ma seduti, per essere umili stando seduti, e in sicurezza stando sopra. Ma staremo in piedi sotto i portici di Gerusalemme.
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Vediamo se questo piacere è stabile o scorre! Se passa, è un fiume di Babilonia. [748]
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Il Mistero di Gesù [ 25 ]
Gesù soffre nella sua Passione i tormenti che gli provocano gli uomini. Ma nell’agonia soffre i tormenti che egli stesso si provoca. Turbare semetipsum [ 26 ]. È un supplizio di una mano non umana, ma onnipotente. E bisogna essere onnipotenti per sopportarlo.
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Gesù cerca qualche consolazione almeno nei suoi tre più cari amici, ed essi dormono. Li prega di sopportare un poco con lui [ 27 ], ed essi lo lasciano con una totale negligenza, avendo così poca compassione che nemmeno per un momento ne sono impediti di dormire. E così Gesù è abbandonato, solo, all’ira di Dio.
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Gesù è solo su tutta la terra non soltanto a sentire e partecipare alla propria sofferenza, ma a conoscerla. Il cielo e lui sono soli in questa conoscenza.
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Gesù è in un giardino, non di delizie, come il primo Adamo [ 28 ], nel quale questi ha perduto se stesso e tutto il genere umano, ma in un giardino di supplizi, dove egli ha salvato se stesso e tutto il genere umano.
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Soffre questa pena e questo abbandono nell’orrore della notte.
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Credo che Gesù non si sia mai lamentato se non questa sola volta. Ma questa volta si lamenta come se non potesse più contenere l’eccesso del suo dolore: La mia anima è triste fino alla morte [ 29 ].
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Gesù cerca compagnia e sollievo da parte degli uomini. È l’unica volta in tutta la sua vita, mi sembra. Ma non ne riceve, perché i suoi discepoli dormono.
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Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo. Non bisogna dormire durante questo tempo.
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Gesù in mezzo a questo abbandono universale e a quello dei suoi amici scelti per vegliare con lui, trovandoli addormentati, se ne dispiace a causa del pericolo cui espongono non lui, ma se stessi, e li ammonisce per la loro salvezza e il loro bene con una tenerezza cordiale verso di loro nel tempo della loro ingratitudine, e li avverte che lo spirito è pronto e la carne debole [ 30 ].
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Gesù, trovandoli ancora addormentati, senza che il riguardo per lui né per se stessi abbia potuto trattenerli, ha la bontà di non svegliarli, e li lascia nel loro riposo [ 31 ].
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Gesù prega nell’incertezza della volontà del Padre, e teme la morte. Ma una volta che l’ha conosciuta, le va incontro offrendosi ad essa: Eamus [ 32 ]. Processit (Joannes [ 33 ]).
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Gesù ha pregato gli uomini, e non ne è stato esaudito.
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Gesù, mentre i suoi discepoli dormivano, ha operato la loro salvezza.
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Lo ha fatto per ciascuno dei giusti mentre dormivano nel nulla prima della loro nascita, e nei peccati dopo la loro nascita.
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Prega una volta sola che il calice passi, e con sottomissione, e due volte che venga, se occorre [ 34 ].
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Gesù nell’angoscia [ 35 ].
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Gesù, vedendo tutti i suoi amici addormentati, e tutti i suoi nemici vigili, si affida totalmente al Padre.
Gesù in Giuda non guarda alla sua inimicizia, ma all’ordine di Dio che egli ama, e la vede così poco che lo chiama amico [ 36 ].
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Gesù si strappa dai suoi discepoli per entrare nell’agonia. Bisogna strapparsi ai più prossimi e intimi, per imitarlo.
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Gesù è nell’agonia e nel colmo della sofferenza, preghiamo dunque più a lungo [ 37 ]. [749]
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Noi stessi [ 38 ] non abbiamo potuto avere massime generali. Se vedete le nostre Costituzioni, ci riconoscerete appena: ci vogliono mendicanti ed esclusi dalle Corti, e tuttavia, ecc. Ma non significa trasgredirle, perché la gloria di Dio è dappertutto.
Ci sono diverse strade per giungervi. Sant’Ignazio ne ha prese alcune, e ora se ne prendono altre. Era meglio per l’inizio proporre la povertà e il ritiro dal mondo. È stato meglio poi scegliere il resto. Perché cominciare dall’alto avrebbe spaventato. È contro natura.
Non che la regola generale non sia che bisogna attenersi alle Istituzioni, perché sarebbe un abuso. Se ne troverebbero pochi come noi, capaci di elevarsi senza vanità.
Unam sanctam [ 39 ].
I giansenisti ne porteranno la pena.
Il padre Saint-Jure. Escobar [ 40 ].
Tanto viro [ 41 ].
Aquaviva, 14 dicembre 1621. Tanner. q. 2, dub. 5, n. 86 [ 42 ].
Clemente e Paolo V [ 43 ]. Dio ci protegge visibilmente.
Contro i giudizi temerari e gli scrupoli.
Santa Teresa 474.
Romanzo, Rosa.
Falso crimine [ 44 ].
Sottigliezza per essere.
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Tutta la verità da una parte. Noi la estendiamo alle due parti.
Due ostacoli: il Vangelo; le leggi dello Stato. A majori ad minus. Junior.
Per parlare dei vizi personali.
Bella lettera di Aquaviva, 18 giugno 1611, contro le opinioni probabili.
Sant’Agostino 282.
E per san Tommaso, nei punti in cui ha trattato espressamente gli argomenti.
Clemens Placentinus, 277 [ 45 ].
E novità.
E per i superiori non è una scusa non averlo saputo, perché dovevano saperlo: 194, 197, 279.
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Per la morale: 283, 288.
La Compagnia importa alla Chiesa: 236; in bene e in male: 156.
Aquaviva: a confessare le donne: 360 [ 46 ]. [750]
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Noi imploriamo la misericordia di Dio, non perché ci lasci in pace nei nostri vizi, ma perché ce ne liberi.
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Se Dio di propria mano ci desse dei padroni, oh come bisognerebbe obbedire loro di cuore. La necessità e le circostanze lo sono, infallibilmente.
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Consolati, non mi cercheresti se non mi avessi trovato [ 47 ].
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Pensavo a te nella mia agonia; quella goccia di sangue l’ho versata per te.
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Significa tentare me, più che mettere alla prova te stesso, pensare se farai bene questa o quella cosa assente. Se accade, sarò io a farla in te.
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Lasciati condurre dalle mie regole. Vedi come ho condotto bene la Vergine e i santi, che mi hanno lasciato agire in loro.
Il Padre ama tutto quello che faccio.
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Vuoi che mi costi sempre sangue della mia umanità, senza che tu dia lacrime?
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È affar mio la tua conversione. Non temere, e prega con fiducia, come se tu lo facessi per me.
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Ti sono presente con la mia parola nella Scrittura, col mio spirito nella Chiesa e mediante le ispirazioni, con il mio potere nei sacerdoti, con la mia preghiera nei fedeli.
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I medici non ti guariranno, perché alla fine morirai, ma sono io che guarisco e rendo il corpo immortale.
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Sopporta le catene e la schiavitù del corpo, per ora ti libero solo da quella dello spirito.
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Ti sono più amico del tale e del talaltro, perché ho fatto per te più di loro, e loro non sopporterebbero ciò che io ho sopportato da parte tua e non morirebbero per te nel tempo delle tue infedeltà e crudeltà, come ho fatto io e come sono pronto a fare e come faccio nei miei eletti e nel SS. Sacramento.
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Se conoscessi i tuoi peccati, ti scoraggeresti. «Mi scoraggerò dunque, Signore, perché credo alla loro malizia, sulla tua testimonianza». No, perché io, da cui l’apprendi, posso guarirtene, e se te lo dico, è un segno che voglio guarirti. Man mano che li espierai, li conoscerai e ti sarà detto: «Ecco i peccati che ti sono rimessi».
Fa’ dunque penitenza per i tuoi peccati nascosti e per la malizia occulta di quelli che conosci [ 48 ].
Signore, ti do tutto.
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Ti amo ardentemente, più di quanto tu abbia amato le tue immondizie. Ut immundus pro luto [ 49 ].
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Ne sia resa gloria a me e non a te, verme e terra.
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Manifesta al tuo direttore che le mie stesse parole sono per te occasione di male e di vanità o di curiosità.
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Vedo il mio abisso di orgoglio, di curiosità, di concupiscenza. Non c’è nessun rapporto tra me e Dio, tra me e Gesù Cristo giusto. Ma egli è stato fatto peccato per me: tutti i tuoi flagelli sono caduti su di lui [ 50 ]. È più abominevole di me. E lungi dall’aborrirmi, si considera onorato che io vada a lui e lo soccorra. Ma ha guarito se stesso, e a maggior ragione mi guarirà.
Bisogna che io metta le mie piaghe insieme con le sue, e mi unisca a lui: salvandosi, mi salverà.
Ma in futuro non bisogna aggiungerne.
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Eritis sicut dii scientes bonum et malum [ 51 ]. Tutti si fanno dio giudicando «Questo è buono o cattivo» e affliggendosi o rallegrandosi troppo degli avvenimenti.
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Fare le piccole cose come grandi a causa della maestà di Gesù Cristo che le fa in noi e che vive la nostra vita, e le grandi come piccole e facili a causa della sua onnipotenza.
La falsa giustizia di Pilato serve solo a far soffrire Gesù Cristo, perché lo fa flagellare per la sua falsa giustizia, e poi lo uccide. Sarebbe stato meglio ucciderlo subito. Così i falsi giusti. Fanno opere buone e opere cattive per piacere al mondo e dimostrare che non appartengono completamente a Gesù Cristo, perché se ne vergognano; e infine, nelle grandi tentazioni e occasioni, lo uccidono.
Non si capiscono le profezie se non quando si vedono le cose accadute. Così le prove del ritiro e della direzione, del silenzio, ecc., valgono solo per chi le conosce e ci crede.
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San Giuseppe così interiore sotto una Legge così esteriore.
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Le penitenze esteriori dispongono a quella interiore, come le umiliazioni all’umiltà. Così le... [751]
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In tutte le condizioni bisogna temere, anche in quella dei martiri: lo dice la Scrittura.
La pena più grande del Purgatorio è l’incertezza del Giudizio.
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Deus absconditus [ 52 ]. [752]
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È vero che si fa fatica quando si entra nella pietà. Ma questa fatica non viene dalla pietà che comincia a essere in noi, ma dall’empietà che abbiamo ancora dentro. Se i nostri sensi non si opponessero alla penitenza, e la nostra corruzione non si opponesse alla purezza di Dio, niente ci sarebbe penoso. Soffriamo solo nella misura in cui il vizio, che ci è naturale, resiste alla grazia soprannaturale: il nostro cuore si sente straziare tra queste tensioni opposte. Ma sarebbe ben ingiusto imputare questa violenza a Dio, che ci attira, invece di attribuirla al mondo, che ci trattiene. È come un bambino che la madre strappa alle braccia dei rapitori: nella pena che soffre, egli deve amare la violenza amorosa e legittima di colei che gli procura la libertà, e detestare solo la violenza imperiosa e tirannica di coloro che lo trattengono ingiustamente. La guerra più crudele che Dio possa fare agli uomini in questa vita è lasciarli senza quella guerra che è venuto a portare. Sono venuto a portare la guerra, dice; e per meglio far comprendere questa guerra: Sono venuto a portare il ferro e il fuoco [ 53 ]. Prima di lui il mondo viveva in una falsa pace.
Sul miracolo
Come Dio non ha reso alcuna famiglia più felice, così faccia sì di non trovarne alcuna più riconoscente.
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Sulle confessioni e assoluzioni senza segni di pentimento.
Dio guarda solo all’interno, la Chiesa non giudica che dall’esterno. Dio assolve non appena vede la penitenza nel cuore, la Chiesa quando la vede nelle opere. Dio costituirà una Chiesa interiormente pura, tale da confondere con la sua santità interiore e tutta spirituale l’interna empietà dei saggi superbi e dei farisei. E la Chiesa costituirà un’assemblea di uomini i cui costumi esterni siano così puri da confondere i costumi dei pagani. Se tra loro vi sono degli ipocriti, ma così ben nascosti che essa non ne riconosca il veleno, li tollera. Infatti, pur non essendo accetti a Dio, che non possono ingannare, sono accetti agli uomini, che ingannano. E così essa non è disonorata dalla loro condotta, che sembra santa... [753]
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La Legge non ha distrutto la natura, ma l’ha istruita. La grazia non ha distrutto la Legge, ma la fa praticare.
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La fede ricevuta nel battesimo è la sorgente di tutta la vita del cristiano, e dei convertiti. [754]
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Ci si può fare un idolo della verità stessa, perché la verità fuori della carità non è Dio, è la sua immagine e un idolo che non bisogna amare né adorare. E ancor meno bisogna amare e adorare il suo contrario, cioè la menzogna.
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Posso amare l’oscurità totale; ma se Dio mi colloca in uno stato di semioscurità, quel po’ di buio che c’è mi dispiace, anche perché non trovo in esso il merito di una completa oscurità. È un difetto, e un segno che mi faccio un idolo dell’oscurità, separata dall’ordine di Dio. In realtà, solo nel suo ordine bisogna adorare. [755]
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A che mi servirebbe?
Abominevole.
Singlin [ 54 ].
A che mi servirebbe ricordarmene, se questo può in ugual misura danneggiarmi e giovarmi, e tutto dipende dalla benedizione di Dio, il quale non la dà se non alle cose fatte per lui e secondo le sue regole e nelle sue vie, in un modo che conta tanto quanto la cosa e forse più, poiché Dio può trarre il bene dal male, mentre senza Dio si trae il male dal bene?
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Non ti paragonare agli altri, ma a me. Se in coloro con cui ti confronti non trovi me, ti confronti con un essere abominevole.
Se tu trovi me, confrontati.
Ma che cosa paragonerai? Te, o me in te? Se sei tu, si tratta di un essere abominevole. Se sono io, confronti me con me.
Ora, in tutto io sono Dio.
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Ti parlo e ti consiglio spesso, perché il tuo direttore non può parlarti. Non voglio infatti che tu manchi di guida.
E forse lo faccio in seguito alle sue preghiere, e così egli ti guida senza che tu lo veda.
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Non mi cercheresti, se non mi possedessi.
Non preoccuparti dunque.
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Tutto può risultarci mortale, anche le cose fatte per nostra utilità, come nella natura le mura possono ammazzarci, e i gradini, se non ci moviamo in modo giusto.
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Il minimo moto ha conseguenze su tutta la natura: l’intero mare cambia per una pietra. Così nella sfera della grazia la minima azione importa per le sue conseguenze su tutto, dunque tutto è importante.
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In ogni azione bisogna guardare, oltre all’azione, al nostro stato presente, passato, futuro e a quello degli altri, per cui essa è importante, e vedere il rapporto di tutte queste cose. E allora si sarà ben prudenti.
Opere esterne
Niente è così pericoloso come ciò che piace a Dio e agli uomini, perché gli stati che piacciono a Dio e agli uomini piacciono a Dio per un aspetto e agli uomini per un altro. Come la grandezza di santa Teresa: ciò che piace a Dio è la sua profonda umiltà nelle sue rivelazioni, ciò che piace agli uomini sono i suoi lumi. E così ci si sfinisce a imitare i suoi discorsi, pensando di imitare il suo stato e in questo modo amare quel che Dio ama e mettersi nello stato che piace a Dio.
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È meglio non digiunare e trarre da ciò motivo di umiliazione, che digiunare e trarne motivo di compiacimento.
Fariseo, pubblicano [ 55 ]. [756]
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Perché Dio ha voluto la preghiera?
1. Per comunicare alle sue creature la dignità della causalità. Ma per salvaguardare il suo primato, dona la preghiera a suo beneplacito.
2. Per insegnarci da chi riceviamo la virtù.
3. Per farci meritare le altre virtù col nostro impegno.
Obiezione: ma si crederà che otteniamo da noi stessi la preghiera.
È assurdo. Infatti, poiché da noi stessi non riusciamo ad avere le virtù, pur avendo la fede, come riusciremmo ad avere la fede? Non c’è maggior distanza dall’infedeltà alla fede che dalla fede alla virtù?
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MERITATO: è una parola ambigua.
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Meruit habere Redemptorem [ 56 ].
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Meruit tam sacra membra tangere.
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Digna tam sacra membra tangere [ 57 ].
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Non sum dignus. Qui manducat indignus [ 58 ].
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Dignus est accipere [ 59 ].
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Dignare me [ 60 ].
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Dio non dona se non secondo le sue promesse.
Ha promesso di concedere la giustizia a chi prega.
Non ha mai promesso la preghiera se non ai figli della promessa.
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Sant’Agostino ha detto formalmente che al giusto saranno tolte le forze.
Ma lo ha detto per caso. Poteva infatti accadere che non si offrisse l’occasione di dirlo. Tuttavia i suoi princìpi manifestano che, all’occasione, era impossibile che non lo dicesse o che dicesse qualcosa di contrario. Conta più essere costretto a dirlo, presentandosi l’occasione, che averlo detto, essendosi presentata l’occasione. Da una parte decide la necessità, dall’altra il caso. Ma le due cose insieme sono tutto quanto si può chiedere [ 61 ]. [757]
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E costui si farà beffe dell’altro?
Chi dei due deve farsi beffe? Eppure questi non si fa beffe dell’altro, anzi ne ha pietà. [758]
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Amo [ 62 ] la povertà, perché lui l’ha amata. Amo la ricchezza, perché dà la possibilità di soccorrere i poveri. Sono leale nei confronti di tutti. Non rendo il male a chi me ne fa, ma gli auguro una condizione simile alla mia, in cui non si riceve né male né bene da parte degli uomini. Cerco di essere giusto, vero, sincero, e fedele a tutti gli uomini. E provo una tenerezza cordiale per coloro cui Dio mi ha unito più strettamente. E che io sia solo, o sotto lo sguardo degli uomini, in tutte le mie azioni ho in vista Dio che le deve giudicare e a cui tutte le ho consacrate.
Ecco quali sono i miei sentimenti.
E ogni giorno della mia vita benedico il mio Redentore, che li ha posti in me e che di un uomo colmo di debolezza, di miseria, di concupiscenza, di orgoglio e di ambizione ha fatto un uomo libero da tutti questi mali per la forza della sua grazia, cui è dovuta tutta la gloria, non avendo di mio che la miseria e l’errore. [759]
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Dicono che la Chiesa dice ciò che essa non dice, e che non dice ciò che dice. [760]
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Concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi, orgoglio [ 63 ], ecc.
Vi sono tre ordini di cose: la carne, la mente, la volontà.
I carnali sono i ricchi, i re: hanno per obiettivo il corpo.
I curiosi e dotti: hanno per obiettivo la mente.
I saggi: hanno per obiettivo la giustizia.
Dio deve regnare su tutto e tutto deve essere riferito a lui.
Nelle cose della carne regna propriamente la concupiscenza.
Presso gli intellettuali regna propriamente la curiosità.
Nella saggezza, l’orgoglio.
Non che non si possa essere vanagloriosi per le ricchezze o per le conoscenze, ma non è quello il luogo dell’orgoglio. Infatti, riconoscendo a un uomo la sua cultura, non si mancherà di convincerlo che ha torto a insuperbirsene.
Il luogo proprio della superbia è la saggezza. Perché non si può riconoscere che un uomo si è reso saggio e dargli torto di gloriarsene. È questione di giustizia.
E infatti Dio solo dona la saggezza. E per questo qui gloriatur, in Domino glorietur [ 64 ]. [761]
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La natura ha delle perfezioni, per mostrare che è l’immagine di Dio, e dei difetti, per mostare che ne è solo l’immagine.
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Gli uomini, non avendo l’abitudine di creare il merito, ma solo di ricompensarlo dove lo trovano, giudicano di Dio in base a se stessi. [762]
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20 V. Le figure del Vangelo per esprimere la condizione dell’anima malata sono dei corpi malati. Ma siccome un corpo non può essere abbastanza malato da esprimerlo bene, ne sono stati necessari vari. Così c’è il sordo, il muto, il cieco, il paralitico, Lazzaro morto, l’ossesso: insieme, tutto questo è nell’anima malata.
Quando la nostra passione ci porta a fare qualcosa, dimentichiamo il nostro dovere: un libro piace, lo si legge, mentre dovremmo fare altro. Per ricordarsene, bisogna proporsi di fare qualcosa per cui abbiamo avversione, e allora ce ne tiriamo indietro col pretesto che abbiamo altro da fare, e in questa maniera ci ricordiamo del nostro dovere. [763]
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Il servo non sa quello che fa il suo padrone [ 65 ], perché il padrone gli dice soltanto l’azione, non il fine. E per questo vi si assoggetta servilmente e spesso pecca contro il fine. Ma Gesù Cristo ci ha detto il fine.
E voi distruggete quel fine. [764]
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Gesù Cristo non ha voluto essere ucciso senza le formalità della giustizia, perché è ben più ignominioso morire per mano della giustizia che per una rivolta ingiusta. [765]
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Non ci si annoia a mangiare e dormire tutti i giorni, perché la fame e il sonno rinascono. Altrimenti, ci si annoierebbe.
Così senza la fame delle cose spirituali, queste ci annoiano: fame della giustizia [ 66 ] (ottava beatitudine). [766]
Fine
Siamo in sicurezza? Questo principio è sicuro? Esaminiamolo.
L’autotestimonianza non ha nessun valore. San Tommaso [ 67 ].
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Sembra che Gesù Cristo dopo la sua resurrezione non abbia lasciato toccare altro che le sue piaghe.
Noli me tangere [ 68 ].
Non dobbiamo unirci se non alle sue sofferenze.
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Si è dato in comunione come mortale nella Cena, come risorto ai discepoli di Emmaus, come asceso al cielo a tutta la Chiesa.
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Bisogna che l’esterno sia unito all’interno per impetrare da Dio, cioè mettersi in ginocchio, pregare con le labbra, ecc., affinché l’uomo orgoglioso che non ha voluto sottomettersi a Dio sia ora sottomesso alla creatura. Attendere il soccorso da questi atteggiamenti esterni è superstizione. Non volerli unire all’interno è superbia.
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Di tutti i misteri, solo la penitenza è stata annunciata manifestamente agli Ebrei, e da san Giovanni il precursore [ 69 ]; e gli altri misteri sono venuti dopo, per significare che in ogni uomo come nel mondo intero quest’ordine deve essere osservato. [767]
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25 Bb. 2. Considerare Gesù Cristo in ogni persona, e in noi stessi: Gesù Cristo come padre nel Padre, Gesù Cristo come fratello nei fratelli. Gesù Cristo come povero nei poveri, Gesù Cristo come ricco nei ricchi. Gesù Cristo come dottore e sacerdote nei sacerdoti. Gesù Cristo come sovrano nei principi, ecc. Giacché per la sua gloria egli è tutto quanto vi è di grande, essendo Dio, e per la sua vita mortale tutto quanto vi è di meschino e abietto. Per questo ha preso questa sventurata condizione: per poter essere in ogni persona, e modello di ogni condizione.
Il giusto agisce per la fede [ 70 ] fino nelle minime cose: quando riprende i suoi servi, desidera la loro correzione nello Spirito di Dio e prega Dio di correggerli, e si aspetta un frutto da Dio non meno che dalle sue rimostranze, e prega Dio di benedire le sue correzioni. E così per le altre sue azioni. [768]
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Non ci si allontana se non allontanandosi dalla carità.
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Le nostre preghiere e le nostre virtù sono abominevoli davanti a Dio, se non sono le preghiere e le virtù di Gesù Cristo. E i nostri peccati non saranno mai oggetto della misericordia, bensì della giustizia di Dio, se non sono i peccati di Gesù Cristo.
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Si è addossato i nostri peccati e ci ha [introdotti] nella sua alleanza. Perché le virtù gli sono proprie, e i peccati gli sono estranei. Mentre a noi le virtù sono estranee, e i nostri peccati ci sono propri [ 71 ].
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Cambiamo la norma seguita fin qui per giudicare ciò che è buono. Avevamo come norma la nostra volontà, prendiamo ora la volontà di Dio: tutto ciò che lui vuole è buono e giusto per noi: tutto ciò che lui non vuole, è cattivo e ingiusto.
Tutto ciò che Dio non vuole è proibito. I peccati sono proibiti per l’affermazione generale che Dio ha fatto di non volerli. Le altre cose che ha lasciate senza proibizione generale e che per questa ragione si considerano permesse, tuttavia non sono sempre permesse: infatti, quando Dio ne allontana da noi qualcuna, e le circostanze, che sono una manifestazione della volontà di Dio, fanno capire che Dio non vuole che abbiamo una cosa, allora questa ci è proibita come il peccato, poiché è volontà di Dio che non abbiamo l’una più dell’altro. Tra le due cose c’è solo questa differenza, che sicuramente Dio non vorrà mai il peccato, mentre non è sicuro che non vorrà mai l’altra cosa. Ma finché Dio non la vuole, dobbiamo considerarla come peccato; fin quando l’assenza della volontà di Dio, che, sola, è ogni bontà e ogni giustizia, la rende ingiusta e cattiva. [769]
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Che sarebbero i gesuiti senza probabilità, e la probabilità senza i gesuiti?
Togliete la probabilità, impossibile piacere al mondo. Metteteci la probabilità, impossibile dispiacergli. Un tempo era difficile evitare i peccati, e difficile espiarli. Adesso è facile schivarli con mille raggiri, e facile espiarli.
Abbiamo creato l’uniformità della diversità, perché siamo tutti uniformi, in quanto siamo tutti divenuti uniformi. [770]
[ 1 ] Il nipote di Pascal, l’abate Louis Périer, ha costituito in una data imprecisa, ma forse di poco posteriore all’edizione delle Pensées del 1678, una ricca raccolta di frammenti inediti.
[ 2 ] Alla morte di Pascal, fu trovata nella fodera del suo farsetto una piccola pergamena ripiegata, e in questa pergamena un foglio di carta. Su ciascuno dei due supporti figurava quasi lo stesso testo, autografo, traccia di un’intensa esperienza religiosa. Gilberte e i suoi amici convennero che si trattava di una specie di «Memoriale che conservava con grande cura per custodire il ricordo di una cosa che voleva avere sempre presente agli occhi e alla mente, poiché da otto anni aveva cura di cucirlo e scucirlo ogni volta che cambiava d’abito» (Terzo manoscritto Guerrier). L’autografo su pergamena è perduto, ma ne sussiste una copia figurata eseguita verso il 1692 da Louis Périer e inserita ora in testa alla Raccolta originale. Si riporta il testo del foglio autografo, con in nota le varianti della pergamena (P). Lo colloco qui perché una sintesi del testo su carta e del testo su pergamena apre il manoscritto Périer.
[ 3 ] P: «nel martirologio romano»; «e altri, ecc.». P si apre e si chiude con una croce circondata di raggi.
[ 4 ] Esodo 3, 6: durante la teofania del Roveto ardente, Dio dice a Mosè: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio d’Isacco, e il Dio di Giacobbe».
[ 5 ] P: «non dei filosofi e sapienti. / Certezza, gioia, certezza, sentimento, vista, gioia».
[ 6 ] P indica il riferimento: Gv 20, 17. Dopo la sua resurrezione, Gesù dice a Maria Maddalena: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
[ 7 ] P indica il riferimento: Rut. Si tratta di 1, 16.
[ 8 ] P indica il riferimento: Gv 17. Si tratta del versetto 25.
[ 9 ] P «gioia e pianti di gioia».
[ 10 ] P omette aquae vivae. La citazione è di Geremia 2, 13: «Hanno abbandonato me che sono la fontana di acqua viva».
[ 11 ] P ha omesso questo «Gesù Cristo», che appartiene tuttavia a Giovanni 17, 3.
[ 12 ] Ricordo della messa: «Fac me tuis semper inhaerere mandatis et a te numquam separari permittas» («Fa’ che io aderisca sempre alla tua legge, e non permettere che sia mai separato da te»).
[ 13 ] P comporta tre versetti in più; a proposito dei primi due, Louis Périer ha annotato in margine: «Si sono potute vedere distintamente solo alcune parole di queste due righe». Ecco la fine di P: «Sottomissione totale a Gesù Cristo e al mio direttore. / Eternamente in gioia per un giorno di esercizio sulla terra. / Non obliviscar sermones tuos. Amen». L’ultima citazione è dal Salmo 118, 16: «Non dimenticherò le tue parole».
[ 14 ] Dopo il grande frammento sull’amor proprio, Louis Périer ha aperto un importante insieme di «Pensieri staccati». Ogni frammento era dotato di un numero: 1°, 2B... 24 Aa, fino a 27 Dd, numerazione di cui sussistono varie tracce.
[ 15 ] Salmo 81, 6: «Ho detto: Voi siete dèi, e siete tutti figli dell’Altissimo».
[ 16 ] La condanna delle Provinciali fu nota a Parigi il 18 ottobre 1657.
[ 17 ] «Faccio appello al tuo tribunale, Signore Gesù» (san Bernardo, in una lettera al cugino Roberto, che il papa aveva sciolto dai suoi voti nel 1119).
[ 18 ] Atti degli apostoli 5, 29.
[ 19 ] Tema presente nella Diciassettesima Provinciale (23 gennaio 1657).
[ 20 ] Il manoscritto Périer non ha riprodotto se non le note marginali afferenti a questo inizio di Lettera. È evidente che non possono essere edite senza questo inizio stesso, che ci è stato conservato in mezzo ai testi collegati al seguito della «Seconda copia».
[ 21 ] «Ciò che la guerra ha confermato, una falsa pace non lo tolga».
[ 22 ] 2 Re 14, 17: il re d’Israele è «come un angelo di Dio che non è toccato né dalle benedizioni né dalle maledizioni», testo utilizzato nel Second écrit des curés de Paris (2 aprile 1658).
[ 23 ] Au haut bout [N.d.T.] .
[ 24 ] Traduzione molto libera di passi del Commento al salmo 136 di sant’Agostino, uno dei testi che hanno affascinato gli scrittori “barocchi”.
[ 25 ] Questo titolo non è di mano di Pascal. Era una consuetudine, a Port-Royal, indirizzare biglietti che proponevano la meditazione di un momento della vita di Gesù. Forse questo frammento fu composto in una di tali occasioni.
[ 26 ] Vedendo piangere gli amici di Lazzaro morto, Gesù «fremette in spirito e si turbò» (Giovanni 11, 3). La Volgata riporta: «turbavit semetipsum».
[ 27 ] Matteo 26, 38: «Sustinete hic…» (Volgata). «Rimanete qui…».
[ 28 ] Su Gesù nuovo Adamo, vedi Lettera ai Romani 5, 12-21.
[ 29 ] Matteo 26, 38; Marco 14, 34.
[ 30 ] Matteo 26, 41; Marco 14, 38.
[ 31 ] Particolare proprio a Matteo 26, 44.
[ 32 ] «Andiamo!» (Matteo 26, 46; Marco 14, 42).
[ 33 ] Giovanni 18, 4: «Ma Gesù, che sapeva tutto ciò che gli doveva accadere, andò incontro [ai soldati incaricati di arrestarlo] ».
[ 34 ] Pascal segue qui Matteo 26, 39-44.
[ 35 ] Ennui: tormento dell’anima, in un senso molto forte.
[ 36 ] Questi due versetti rinviano a Matteo 26, 42 e 26, 50.
[ 37 ] Luca 22, 44. Agonia è un termine proprio di Luca. Qui termina la contemplazione del Cristo al Getsemani, in cui quasi tutti i versetti si aprono sul nome stesso di Gesù. Alcuni altri testi raccolti dal manoscritto Périer hanno in comune con il «Mistero» un ardente cristocentrismo. Ma non si può considerare il frammento «Noi imploriamo…» come parte integrante del «Mistero di Gesù»: quest’ultimo si concludeva in cima al verso di un grande foglio, che per il resto era rimasto intatto: sarebbe stato facile proseguire immediatamente. È quanto ha giudicato Louis Périer, che intercala un altro frammento tra queste pagine mistiche.
[ 38 ] Si tratta dei gesuiti.
[ 39 ] Allusione alla bolla Unam sanctam (1302) di Bonifacio VIII, secondo la quale il papa sarebbe padrone non solo del potere spirituale, ma anche dei poteri temporali.
[ 40 ] J.B. de Saint-Jure (1588-1657), autore mistico il cui rigore evangelico è opposto alla corruzione di A. Escobar (1589-1669), casista: tutti e due erano gesuiti.
[ 41 ] Allusione a una questione scandalosa del gesuita Amico (Lamy): se una donna è stata l’amante di un religioso e, fiera delle sue relazioni con un uomo così importante (tanto viro), ne parla ovunque, questi può ucciderla? (Sixième écrit des curés de Paris).
[ 42 ] A. Tanner (1578-1632), gesuita, autore di una Universa theologia (1626-27) citata nella Dodicesima Provinciale. Aquaviva fu generale della Compagnia di Gesù all’inizio del Seicento: la sua lettera contro il probabilismo è del 1613.
[ 43 ] I papi Clemente VIII e Paolo V, all’inizio del secolo, erano stati favorevoli agli agostiniani.
[ 44 ] Allusione a una tesi dei gesuiti di Lovanio, nel 1645: «È solo peccato veniale calunniare e imputare falsi crimini (falso crimine elidere) per screditare coloro che parlano male di noi» (cf. la Quindicesima Provinciale). Le altre due citazioni latine indicano come eludere il rigore delle leggi dello Stato: «Bisogna allargare, restringere, scivolare dal più al meno». Junior: più giovane.
[ 45 ] Clemens Placentinus era lo pseudonimo di Giulio Scotti, gesuita che aveva lasciato la Compagnia e composto un De potestate pontificia (1646), vero arsenale anti-gesuita (G. Bottereau).
[ 46 ] Aquaviva stipula che nessuno sia autorizzato a confessare le donne, se non ha adempiuto in maniera conveniente a certi incarichi nella Compagnia.
[ 47 ] Probabile ricordo del trattato Dell’amore di Dio di san Bernardo: «Solo ti può cercare chi ti ha già trovato…» (PL 182, 887).
[ 48 ] Ricordo del Salmo 18, 3 (letteralmente): «Chi conosce i propri peccati? Purificami dai miei peccati nascosti (ab occultis meis)».
[ 49 ] Reminiscenza di Isaia 64, 6-8: «E siamo tutti divenuti come un uomo impuro (ut immundus)... E ora, Signore, tu sei nostro Padre, noi siamo l’argilla (lutum), tu sei colui che ci dà forma» (cf. la trad. di Lovanio). Pascal sovrappone a questo testo un altro passo di Isaia sul Messia divenuto come un essere impuro per salvare tutto il suo popolo (53, 4-5), in modo che si tratta qui della Redenzione: Gesù è divenuto «come un uomo contaminato, per [salvarti, tu che sei solo] terra». Questa identificazione è dovuta a padre A. Feuillet nell’Agonie de Gethsémani (Gabalda, Paris 1977).
[ 50 ] Isaia 53, 5: «È stato trafitto per le nostre iniquità [...] il castigo che doveva procurarci la salvezza è caduto su di lui, per le sue piaghe siamo stati guariti». Cf. Seconda lettera ai Corinzi 5, 21.
[ 51 ] Il serpente promette a Eva: «Sarete come dèi, conoscendo il bene e il male» (Genesi 3, 5).
[ 52 ] «Veramente tu sei un Dio nascosto» (Isaia 45, 15).
[ 53 ] Matteo 10, 34 e Luca 12, 49, citati liberamente. Questo frammento è vicino alla Lettera 2 a Ch. de Roannez (24 settembre 1656).
[ 54 ] Titoli del frammento, secondo l’inizio del primo paragrafo, poi gli argomenti. Singlin, molto legato a Port-Royal, fu uno dei direttori spirituali di Pascal.
[ 55 ] Appunti sulla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18, 9-14).
[ 56 ] Passo dell’inno Exultet del sabato santo: «O felice colpa [di Adamo] , che ci è valsa un così grande Redentore!». Tutte le citazioni che seguono ruotano intorno all’idea di merito: questi appunti erano destinati agli Ecrits sur la grâce.
[ 57 ] Reminiscenza dell’inno Vexilla Regis (Vespri della Passione), che celebra la croce «il cui legno si è trovato degno (digno) di toccare membra così sante». Trascinato dalla citazione dell’Exultet, Pascal dapprima ha scritto: «Meruit…».
[ 58 ] Testi della liturgia dell’Eucarestia: il «Signore, non sono degno di riceverti» è una preghiera prima della comunione (da Luca 7, 6); «Colui che mangia indegnamente [di questo pane] mangia la sua propria condanna» viene da Prima lettera ai Corinzi 11, 29, testo che era letto e cantato tutti i giovedì a Port-Royal del SS. Sacramento.
[ 59 ] «L’agnello che è stato sgozzato è degno di ricevere potenza, divinità, sapienza, forza...»: antifona cantata a Port-Royal in onore del SS. Sacramento, da Apocalisse 5, 12.
[ 60 ] Antifona alla Vergine Maria: «Giudicami degno di lodarti, o Vergine santa».
[ 61 ] Si tratta del 2° sermone Ai catecumeni sul simbolo della fede, 6, n. 15, in cui «Gesù Cristo ci mostra un giusto nella persona di san Pietro, che con la sua caduta ci insegna a fuggire la presunzione» (cf. la Terza Provinciale). Dalla fine del Seicento, l’attribuzione di questo sermone a sant’Agostino è considerata dubbia.
[ 62 ] In cima a questo frammento si trova, cancellato, il seguente testo: («Amo tutti gli uomini come miei fratelli, perché sono tutti redenti»).
[ 63 ] Prima lettera di Giovanni 2, 16.
[ 64 ] Inizio dell’Epistola del Comune delle Vergini (Seconda lettera ai Corinzi 10, 17): «Chi si gloria, si glori nel Signore».
[ 65 ] Giovanni 15, 15: «Non vi chiamo più miei servi, perché il servo non sa quel che fa il suo padrone: ma vi ho chiamati miei amici» (cf. la trad. di Lovanio).
[ 66 ] Matteo 5, 6.10: «Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati... Beati i perseguitati per causa della giustizia: perché di essi è il Regno dei cieli».
[ 67 ] Nota per la Dodicesima Provinciale.
[ 68 ] Giovanni 20, 17: Gesù risorto dice a Maria di Magdala: «Non toccarmi…» (questo versetto è citato nel Memoriale).
[ 69 ] Matteo 3, 1-2; Marco 1, 4.
[ 70 ] Prima lettera ai Romani 1, 17.
[ 71 ] Questi tre paragrafi sviluppano un’affermazione fondamentale dell’agostinismo, appoggiata su san Paolo: «Tutto ciò che non si fa secondo la fede è peccato» (Prima lettera ai Romani 14, 23). Cf. Contro Giuliano, IV, 3, n. 20; n. 21; Lettera 138, c. 3, n. 17; La Città di Dio, XIX, 24-25, ecc.