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Noah, dopo
Noah andò dalla guardia carceraria più vicina, che era in piedi contro la parete sotto il primo livello. Era un uomo enorme sulla quarantina con un paio di baffi ispidi e sulla targhetta si leggeva bocanegra. «Signor Bocanegra, sono Noah Alderman e vorrei parlare con il vicedirettore McLaughlin.»
«Come, scusi?»
«Vorrei parlare con il vicedirettore McLaughlin. L’ho conosciuto la notte scorsa.» Noah se la stava prendendo con sé stesso. Se avesse saputo prima di Drover, avrebbe gestito la situazione diversamente la notte precedente. A ogni modo, ora aveva una moneta di scambio.
«Ehm, è impegnato. La prego, si sposti, dottor Alderman.»
«È importante. Può chiamarlo subito?»
«Faccio un appunto. Le faremo sapere.» Bocanegra abbozzò un sorriso.
«È una questione molto importante. Può portarmi nel suo ufficio? Aspetterò lì finché non si è liberato.»
«Come le ho già detto, lo informerò della sua richiesta. Le faremo sapere quando potrà riceverla.»
«Questa cosa non può aspettare.» Noah sapeva che i detenuti stavano origliando la conversazione; stava rovinando la sua copertura, ma non aveva nulla da perdere. Al contrario, quanto più si sarebbe sparsa la voce, tanto più sarebbe stato al sicuro.
«Dovrà aspettare, dottor Alderman. È appena terminato il’isolamento. C’è stato un omicidio in questo braccio la scorsa notte, come lei sa bene.» Bocanegra alzò lo sguardo verso l’alto, alla cella di Noah. «Li vede anche lei i pezzi grossi lassù. Siamo molto impegnati. Quindi la prego di spostarsi.»
«Okay, va bene, grazie.» Noah si girò sui tacchi, passò in mezzo ai detenuti e si diresse a grandi passi verso la scalinata. Salì al secondo livello dove c’era una visuale completa dell’intero braccio, si diresse alla sua cella. I detenuti stavano cominciando ad alzare lo sguardo, interrompendo le loro conversazioni e le partite a carte.
Noah camminò verso la sua cella, finché non fu fermato da una corpulenta guardia carceraria, sulla cui targhetta era scritto kelly. «Mi scusi, signor Kelly...»
«La sua cella non è ancora pronta.»
«Lo so, voglio vedere i pezzi grossi.»
«In che senso?»
«Chiunque sia la persona più importante là dentro, è con lei che voglio parlare.» Noah alzò la voce, facendo riemergere il medico stizzoso che era nella sua vita precedente, l’allergologo pediatrico che sarebbe andato su tutte le furie se avesse dovuto aspettare che fosse pronta una stanza d’albergo quando lui aveva bisogno di preparare la conferenza di cui sarebbe stato il moderatore.
«Lei intende il vice sovrintendente DeMaria?»
«Il vice sovrintendente DeMaria va benissimo. Voglio essere trasferito fuori da questa prigione.»
«Questo non è possibile...»
«Deve essere possibile per forza» disse Noah, alzando la voce. «Sono in pericolo e chiedo di essere trasferito immediatamente.»
«Ma le ha dato di volta il cervello?»
«Se lei non mi trasferisce e mi succede qualcosa, farò in modo che dobbiate assumervene la responsabilità.» Noah lasciò cadere intenzionalmente lo sguardo sulla targhetta. «Signor Kelly, farò in modo che lei sia l’imputato, singolarmente e personalmente.»
«Dottore, aspetti...» Kelly alzò le mani come un vigile urbano.
«Sono un bersaglio in questa prigione. E ora che gliel’ho detto, lei è avvisato. Lei è un testimone di questa dichiarazione. È tutto filmato.»
Noah indicò la telecamera di sorveglianza, installata alcune celle più in là. Guardando alle spalle di Kelly, vide che stavano arrivando due guardie carcerarie, con un funzionario corrucciato che indossava un abito e una cravatta grigia. «Quel video sarà il reperto A, signor Kelly, sarete tutti responsabili se non mi trasferite immediatamente.»
«Sono il vicesovrintendente Bill DeMaria. Che diavolo sta succedendo qui?»
«Sono Noah Alderman e sono in pericolo a causa dell’omicidio di Jeremy Black. Sono stato minacciato a colazione. Sarò aggredito e non starò qui con le mani in mano. Sto chiedendo di essere trasferito fuori dalla prigione.»
Il vicesovrintendente DeMaria si accigliò. «Non credo proprio, dottor Alderman.»