75
Noah, dopo
Noah andò dalla guardia
carceraria più vicina, che era in piedi contro la parete sotto il
primo livello. Era un uomo enorme sulla quarantina con un paio di
baffi ispidi e sulla targhetta si leggeva bocanegra. «Signor
Bocanegra, sono Noah Alderman e vorrei parlare con il vicedirettore
McLaughlin.»
«Come, scusi?»
«Vorrei parlare con il vicedirettore McLaughlin.
L’ho conosciuto la notte scorsa.»
Noah se la stava prendendo con sé stesso. Se avesse saputo prima di
Drover, avrebbe gestito la situazione diversamente la notte
precedente. A ogni modo, ora aveva una moneta di scambio.
«Ehm, è impegnato. La prego, si sposti, dottor
Alderman.»
«È importante. Può chiamarlo
subito?»
«Faccio un appunto. Le faremo sapere.» Bocanegra abbozzò un sorriso.
«È una questione molto
importante. Può portarmi nel suo ufficio? Aspetterò lì finché non
si è liberato.»
«Come le ho già detto, lo informerò della sua
richiesta. Le faremo sapere quando potrà riceverla.»
«Questa cosa non può aspettare.» Noah sapeva che i detenuti stavano origliando la
conversazione; stava rovinando la sua copertura, ma non aveva nulla
da perdere. Al contrario, quanto più si sarebbe sparsa la voce,
tanto più sarebbe stato al sicuro.
«Dovrà aspettare, dottor Alderman. È appena
terminato il’isolamento. C’è stato un omicidio in questo braccio la
scorsa notte, come lei sa bene.»
Bocanegra alzò lo sguardo verso l’alto, alla cella di Noah.
«Li vede anche lei i pezzi grossi
lassù. Siamo molto impegnati. Quindi la prego di
spostarsi.»
«Okay, va bene, grazie.» Noah si girò sui tacchi, passò in mezzo ai
detenuti e si diresse a grandi passi verso la scalinata. Salì al
secondo livello dove c’era una visuale completa dell’intero
braccio, si diresse alla sua cella. I detenuti stavano cominciando
ad alzare lo sguardo, interrompendo le loro conversazioni e le
partite a carte.
Noah camminò verso la sua
cella, finché non fu fermato da una corpulenta guardia carceraria,
sulla cui targhetta era scritto kelly.
«Mi scusi, signor
Kelly...»
«La sua cella non è ancora pronta.»
«Lo so, voglio vedere i pezzi grossi.»
«In che senso?»
«Chiunque sia la persona più importante là dentro, è
con lei che voglio parlare.» Noah
alzò la voce, facendo riemergere il medico stizzoso che era nella
sua vita precedente, l’allergologo pediatrico che sarebbe andato su
tutte le furie se avesse dovuto aspettare che fosse pronta una
stanza d’albergo quando lui aveva bisogno di preparare la
conferenza di cui sarebbe stato il moderatore.
«Lei intende il vice sovrintendente
DeMaria?»
«Il vice sovrintendente DeMaria va benissimo. Voglio
essere trasferito fuori da questa prigione.»
«Questo non è possibile...»
«Deve essere possibile per forza» disse Noah, alzando la voce. «Sono in pericolo e chiedo di essere trasferito
immediatamente.»
«Ma le ha dato di volta il cervello?»
«Se lei non mi trasferisce e mi succede qualcosa,
farò in modo che dobbiate assumervene la
responsabilità.» Noah lasciò cadere
intenzionalmente lo sguardo sulla targhetta. «Signor Kelly, farò in modo che lei sia l’imputato,
singolarmente e personalmente.»
«Dottore, aspetti...»
Kelly alzò le mani come un vigile urbano.
«Sono un bersaglio in questa prigione. E ora che
gliel’ho detto, lei è avvisato. Lei è un testimone di questa
dichiarazione. È tutto filmato.»
Noah indicò la telecamera di
sorveglianza, installata alcune celle più in là. Guardando alle
spalle di Kelly, vide che stavano arrivando due guardie carcerarie,
con un funzionario corrucciato che indossava un abito e una
cravatta grigia. «Quel video sarà il
reperto A, signor Kelly, sarete tutti responsabili se non mi
trasferite immediatamente.»
«Sono il vicesovrintendente Bill DeMaria. Che
diavolo sta succedendo qui?»
«Sono Noah Alderman e sono in pericolo a causa
dell’omicidio di Jeremy Black. Sono stato minacciato a colazione.
Sarò aggredito e non starò qui con le mani in mano. Sto chiedendo
di essere trasferito fuori dalla prigione.»
Il vicesovrintendente DeMaria
si accigliò. «Non credo proprio,
dottor Alderman.»