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Maggie, prima
Maggie fino ad allora non
aveva mai saputo che fosse possibile sentirsi intorpiditi per ore,
e invece era proprio così. Si sentì intorpidita per tutto il giorno
quella domenica, rifiutandosi di ammettere con sé stessa che aveva
firmato l’istanza di Anna, che Noah aveva molestato sua figlia, o
che lei sarebbe andata in tribunale per un’udienza per un ordine di
protezione contro gli abusi, presa in mezzo tra suo marito e sua
figlia. Sbrigò le faccende della giornata, mettendo la lavatrice,
preparando la cena, pulendo la cucina, e aiutando Caleb a fare i
compiti, per poi dare la buonanotte ad Anna, che le aveva detto di
non avere ancora saputo niente sull’udienza.
Maggie non era riuscita a
dire ‘Speriamo bene!’
La mattina successiva, ad
Anna venne assegnato un avvocato d’ufficio, il quale chiamò un
assistente del giudice di emergenza e fece convocare un’udienza;
Maggie si ritrovò in un’aula di tribunale, incapace di guardare
Noah che sedeva al banco degli avvocati guardando dritto davanti a
sé. Maggie continuò a sentirsi intorpidita durante tutta la
deposizione di Anna, tanto era orribile sentire quello che era
successo. Ascoltò la deposizione di Noah, ma anche dopo, non era
sicura di chi stesse dicendo la verità.
Più tardi, l’avvocato di Anna
aveva detto che riteneva che il giudice avrebbe emesso un ordine di
protezione contro Noah e Maggie era tornata in sé. Non poteva
lasciare che succedesse a Noah, ma soprattutto non poteva
permettere che succedesse a Caleb. Il senso di colpa e i bulli lo
avrebbero distrutto. Maggie aveva convinto Anna e il suo avvocato a
permetterle di mediare un accordo, che Noah e il suo difensore
avevano accettato, quindi tornarono tutti a casa.
Separatamente.
Maggie non andò al lavoro
quel giorno e aveva avvertito lo studio che si sarebbe presa
un’altra settimana di ferie, dando per scontato che Noah avrebbe
tenuto la bocca chiusa sull’udienza. Si era sentita persa, mentre
vagava nella casa vuota, portava Caleb dalla logopedista e cercava
di capire come dirgli che Noah non era a un convegno medico e che
non sarebbe mai più tornato a casa. Aveva dovuto chiamare un
avvocato specializzato in diritto di famiglia per vedere se lei
avesse qualche diritto su Caleb, che aveva comunque intenzione di
adottare da sempre pur non avendolo ancora fatto. Il martedì
mattina, Maggie andò a camminare con Kathy, ma neanche le loro
‘quattro chiacchiere’ la aiutarono come succedeva di solito. Kathy
le suggerì insistentemente di chiamare uno psicologo, ma Maggie
ancora non se la sentiva.
Il mercoledì dopo cena, Anna
disse che sarebbe andata da Samantha, con la sua Range Rover, da
sola per la prima volta. A Maggie l’idea non piaceva, ma aveva
soprasseduto e si era seduta in soggiorno con un romanzo sulle
gambe e la tv accesa sul canale Bravo che stava trasmettendo il
reality Housewives. Più tardi, sentì
una macchina davanti a casa, pensando che fosse la Range Rover di
Anna che rientrava. Guardò fuori dalla finestra, e invece vide una
volante della polizia parcheggiare davanti casa sua.
Maggie si alzò, turbata.
Anna ha avuto un incidente, deve avere avuto
un incidente, oh mio Dio, ti prego, no. Andò di corsa alla
porta d’ingresso, dicendo a sé stessa che stava reagendo in modo
eccessivo finché non vide i due poliziotti venire verso la sua
porta. Sapeva dalla tv e dai film che c’era solo un motivo per cui
la polizia andava a casa delle persone in quel modo, ma non
riusciva neanche a trattenere quel pensiero in testa per molto,
pensando a migliaia di possibilità. Devono
aver sbagliato casa. Vogliono solo dirmi qualcosa. Sono in zona per
quel circo che fanno ogni anno. Stanno interrogando i vicini. Forse
c’è un ladro nel quartiere. Potrebbe essere qualsiasi cosa. Anna
non ha avuto un incidente. Forse hanno sbagliato casa. È solo uno
di quegli errori madornali.
Maggie spalancò la porta.
«Sì, salve, agenti.»
I poliziotti si tolsero il
cappello, mettendoselo sotto il braccio. «Lei è la signora Ippoliti?» chiese l’agente, con delicatezza.
«Sì, sì...»
«Abbiamo trovato il suo indirizzo su una carta di
circolazione temporanea in una Range Rover, intestata ad Anna
Desroches. Lei sa...»
«Sì, è mia figlia, sta bene?» Maggie si sentiva soffocare, riusciva a malapena a
far uscire le parole. «Non ha avuto
un incidente, vero? Per favore, ditemi che sta bene. È una macchina
nuova e non ha molta esperienza...»
«Possiamo entrare?»
Maggie trasalì, sta succedendo davvero, e lacrime di paura le
riempirono gli occhi. In qualche modo la polizia entrò, lei
sprofondò sul divano e i poliziotti le chiesero se potevano
portarle dell’acqua, ma lei scosse la testa no e prima ancora che potessero dirle niente, le
lacrime le rigavano il viso, e tutto quello che continuava a
ripetersi in continuazione era: Non avrei mai dovuto lasciarle
comprare quell’auto, non avrei mai dovuto lasciarle comprare
quell’auto.
Gli agenti le dissero
l’impensabile, che Anna era stata uccisa, che il suo corpo era
stato trovato a casa di Noah e che quest’ultimo era sotto
interrogatorio.
«No, no, no!» gridò
Maggie, i suoi pensieri si susseguivano incessanti. Stanno mentendo. Anna non era morta. Non era stato Noah a
ucciderla. C’erano troppe menzogne nella sua vita. Quella era la
peggiore di tutte. Non era vero, era una bugia terribile,
terribile. Non era possibile che suo marito avesse ucciso sua
figlia. Non era possibile. Come osavano.
Improvvisamente Maggie saltò
in piedi, afferrò l’agente spaventato per le braccia e cominciò a
scuoterlo avanti e indietro, una donna sconvolta, disperata, fuori
di sé. Il cappello gli cadde da sotto il braccio e intervenne
l’altro agente cercando di calmarla e contenerla, ma Maggie si
dimenava, agitando i pugni, e quando riuscirono finalmente a
immobilizzarla, piegata in due e in lacrime, Maggie emise un grido
che non aveva mai sentito uscire dal suo corpo né da qualsiasi
essere umano, un urlo talmente primordiale che Caleb era sceso di
sotto di corsa stravolto.
«Mag, Mag, cosa?»
strillò Caleb, già in lacrime, atterrito.
«Tesoro!» urlò Maggie
a Caleb, ad Anna, alla sua bambina, non
poteva essere vero, Anna non poteva essere morta, non era possibile
che Noah avesse fatto una cosa del genere, come faceva a dire a
Caleb che suo padre aveva ucciso Anna, non poteva essere vero, era
semplicemente impossibile.
Maggie si accasciò a terra
con Caleb, abbracciandolo stretto mentre piangevano insieme,
aggrappandosi l’uno all’altra fino a che gli agenti non se ne
andarono, scossi e turbati.