60
Maggie, prima
Maggie fino ad allora non aveva mai saputo che fosse possibile sentirsi intorpiditi per ore, e invece era proprio così. Si sentì intorpidita per tutto il giorno quella domenica, rifiutandosi di ammettere con sé stessa che aveva firmato l’istanza di Anna, che Noah aveva molestato sua figlia, o che lei sarebbe andata in tribunale per un’udienza per un ordine di protezione contro gli abusi, presa in mezzo tra suo marito e sua figlia. Sbrigò le faccende della giornata, mettendo la lavatrice, preparando la cena, pulendo la cucina, e aiutando Caleb a fare i compiti, per poi dare la buonanotte ad Anna, che le aveva detto di non avere ancora saputo niente sull’udienza.
Maggie non era riuscita a dire ‘Speriamo bene!’
La mattina successiva, ad Anna venne assegnato un avvocato d’ufficio, il quale chiamò un assistente del giudice di emergenza e fece convocare un’udienza; Maggie si ritrovò in un’aula di tribunale, incapace di guardare Noah che sedeva al banco degli avvocati guardando dritto davanti a sé. Maggie continuò a sentirsi intorpidita durante tutta la deposizione di Anna, tanto era orribile sentire quello che era successo. Ascoltò la deposizione di Noah, ma anche dopo, non era sicura di chi stesse dicendo la verità.
Più tardi, l’avvocato di Anna aveva detto che riteneva che il giudice avrebbe emesso un ordine di protezione contro Noah e Maggie era tornata in sé. Non poteva lasciare che succedesse a Noah, ma soprattutto non poteva permettere che succedesse a Caleb. Il senso di colpa e i bulli lo avrebbero distrutto. Maggie aveva convinto Anna e il suo avvocato a permetterle di mediare un accordo, che Noah e il suo difensore avevano accettato, quindi tornarono tutti a casa. Separatamente.
Maggie non andò al lavoro quel giorno e aveva avvertito lo studio che si sarebbe presa un’altra settimana di ferie, dando per scontato che Noah avrebbe tenuto la bocca chiusa sull’udienza. Si era sentita persa, mentre vagava nella casa vuota, portava Caleb dalla logopedista e cercava di capire come dirgli che Noah non era a un convegno medico e che non sarebbe mai più tornato a casa. Aveva dovuto chiamare un avvocato specializzato in diritto di famiglia per vedere se lei avesse qualche diritto su Caleb, che aveva comunque intenzione di adottare da sempre pur non avendolo ancora fatto. Il martedì mattina, Maggie andò a camminare con Kathy, ma neanche le loro ‘quattro chiacchiere’ la aiutarono come succedeva di solito. Kathy le suggerì insistentemente di chiamare uno psicologo, ma Maggie ancora non se la sentiva.
Il mercoledì dopo cena, Anna disse che sarebbe andata da Samantha, con la sua Range Rover, da sola per la prima volta. A Maggie l’idea non piaceva, ma aveva soprasseduto e si era seduta in soggiorno con un romanzo sulle gambe e la tv accesa sul canale Bravo che stava trasmettendo il reality Housewives. Più tardi, sentì una macchina davanti a casa, pensando che fosse la Range Rover di Anna che rientrava. Guardò fuori dalla finestra, e invece vide una volante della polizia parcheggiare davanti casa sua.
Maggie si alzò, turbata. Anna ha avuto un incidente, deve avere avuto un incidente, oh mio Dio, ti prego, no. Andò di corsa alla porta d’ingresso, dicendo a sé stessa che stava reagendo in modo eccessivo finché non vide i due poliziotti venire verso la sua porta. Sapeva dalla tv e dai film che c’era solo un motivo per cui la polizia andava a casa delle persone in quel modo, ma non riusciva neanche a trattenere quel pensiero in testa per molto, pensando a migliaia di possibilità. Devono aver sbagliato casa. Vogliono solo dirmi qualcosa. Sono in zona per quel circo che fanno ogni anno. Stanno interrogando i vicini. Forse c’è un ladro nel quartiere. Potrebbe essere qualsiasi cosa. Anna non ha avuto un incidente. Forse hanno sbagliato casa. È solo uno di quegli errori madornali.
Maggie spalancò la porta. «Sì, salve, agenti.»
I poliziotti si tolsero il cappello, mettendoselo sotto il braccio. «Lei è la signora Ippoliti?» chiese l’agente, con delicatezza.
«Sì, sì...»
«Abbiamo trovato il suo indirizzo su una carta di circolazione temporanea in una Range Rover, intestata ad Anna Desroches. Lei sa...»
«Sì, è mia figlia, sta bene?» Maggie si sentiva soffocare, riusciva a malapena a far uscire le parole. «Non ha avuto un incidente, vero? Per favore, ditemi che sta bene. È una macchina nuova e non ha molta esperienza...»
«Possiamo entrare?»
Maggie trasalì, sta succedendo davvero, e lacrime di paura le riempirono gli occhi. In qualche modo la polizia entrò, lei sprofondò sul divano e i poliziotti le chiesero se potevano portarle dell’acqua, ma lei scosse la testa no e prima ancora che potessero dirle niente, le lacrime le rigavano il viso, e tutto quello che continuava a ripetersi in continuazione era: Non avrei mai dovuto lasciarle comprare quell’auto, non avrei mai dovuto lasciarle comprare quell’auto.
Gli agenti le dissero l’impensabile, che Anna era stata uccisa, che il suo corpo era stato trovato a casa di Noah e che quest’ultimo era sotto interrogatorio.
«No, no, no!» gridò Maggie, i suoi pensieri si susseguivano incessanti. Stanno mentendo. Anna non era morta. Non era stato Noah a ucciderla. C’erano troppe menzogne nella sua vita. Quella era la peggiore di tutte. Non era vero, era una bugia terribile, terribile. Non era possibile che suo marito avesse ucciso sua figlia. Non era possibile. Come osavano.
Improvvisamente Maggie saltò in piedi, afferrò l’agente spaventato per le braccia e cominciò a scuoterlo avanti e indietro, una donna sconvolta, disperata, fuori di sé. Il cappello gli cadde da sotto il braccio e intervenne l’altro agente cercando di calmarla e contenerla, ma Maggie si dimenava, agitando i pugni, e quando riuscirono finalmente a immobilizzarla, piegata in due e in lacrime, Maggie emise un grido che non aveva mai sentito uscire dal suo corpo né da qualsiasi essere umano, un urlo talmente primordiale che Caleb era sceso di sotto di corsa stravolto.
«Mag, Mag, cosa?» strillò Caleb, già in lacrime, atterrito.
«Tesoro!» urlò Maggie a Caleb, ad Anna, alla sua bambina, non poteva essere vero, Anna non poteva essere morta, non era possibile che Noah avesse fatto una cosa del genere, come faceva a dire a Caleb che suo padre aveva ucciso Anna, non poteva essere vero, era semplicemente impossibile.
Maggie si accasciò a terra con Caleb, abbracciandolo stretto mentre piangevano insieme, aggrappandosi l’uno all’altra fino a che gli agenti non se ne andarono, scossi e turbati.