53
Noah, dopo
Processo, quarto giorno
Noah s’irrigidì alla vista dell’ingrandimento della foto in bianco e nero che ritraeva Anna in obitorio; la foto mostrava il viso, il collo e le spalle scoperte.
I suoi occhi erano fissi e aperti, in modo raccapricciante, dal momento che la sclera intorno all’iride era nera di sangue. La pelle era grigiognola, in contrasto che le ecchimosi scure che disegnavano un cerchio sul collo come un colletto letale. Linda, Thomas e il cancelliere stavano discutendo dei dettagli riguardanti l’ammissione e la classificazione della foto, un’operazione che richiese un tempo terribilmente lungo, sia che fosse stato fatto accidentalmente o di proposito.
Noah lasciò vagare la mente tornando indietro nel tempo, al convegno di Miami, che si era tenuto dopo che lui si era sposato con Maggie, dopo che Anna era andata a vivere con loro e dopo che era andato tutto a rotoli. Noah si era ritrovato di nuovo nello spazio espositivo, in qualche modo consapevole di stare cercando Jordan, ed era diretto verso lo stand di AstraZeneca, quando la vide parlare con un altro rappresentante.
Stavano ridendo, e Jordan tirava indietro la testa, i suoi capelli ondeggiavano, il suo rossetto di un rosa acceso, il collo scoperto. Lui aveva riconosciuto il suo abito, un tweed rosa aderente. Era solita indossare un sottogiacca bianco, che lei chiamava ‘canottierina’. E lui ricordò il reggiseno che indossava, un push up nero di pizzo che, scherzando, lei aveva ribattezzato ‘il reggiseno da convegno’. La gonna era corta e portava scarpe con il tacco alto, come sempre. Noah ripensò alle scarpe che giacevano sul tappeto accanto al letto come un paio di armi letali. Se le ritrovava sempre fra i piedi quando andava in bagno, ma non se n’era mai lamentato.
Le si era avvicinato e, quando si accorse di lui, Jordan ebbe una reazione di sorpresa, che mascherò con un’altra graziosa risata. Lui era rimasto a osservarla mentre toccava l’avambraccio dell’altro rappresentante, sfiorandone i bicipiti con le punte delle dita, ma lei si stava congedando dal suo interlocutore. Il rappresentante probabilmente pensava che Noah fosse un potenziale cliente, ma Jordan sapeva che non era così.
«Ciao, Jordan» Noah aveva cercato di parlare in tono rilassato, ma era impossibile. Lui era nato formale.
«Ciao, che piacere rivederti.» Gli occhi scuri di Jordan brillavano nel modo che Noah conosceva bene, entrando subito in sintonia con lui, senza sforzarsi di nascondere il suo interesse.
«Come stai?»
«Come va la vita da uomo sposato?»
«Bene, non c’è male.» Noah aveva notato che Jordan non aveva risposto alla domanda.
«Non ti credo. Per me sei ancora No-ha.»
«No no, tutto bene.» Noah aveva deglutito a fatica, smascherato. Jordan aveva ragione, ma non poteva ammetterlo davanti a lei.
«Mi sei mancato» aveva detto Jordan, è quella era una cosa di lei che a Noah era sempre piaciuta. Era una ragazza forte a modo suo, in un modo più misterioso rispetto a Maggie. Comunque Noah cercava di non metterle a confronto: amava Maggie e non aveva mai amato Jordan.
«Sembri impegnata» aveva detto Noah invece. Non aveva sentito la mancanza di Jordan finché Anna non aveva cominciato ad agitare le acque, non solo per i litigi ma anche per i problemi nel suo matrimonio che lui non voleva ammettere. Mancava qualcosa. Lui aveva capito cosa fosse, guardando in basso verso Jordan, la quale guardava in alto verso di lui, il suo bellissimo sorriso, la sua canottierina che disegnava il profilo del suo décolleté. Agli occhi di Jordan, Noah si sentiva di nuovo un uomo, non un papà o un medico. Non si sentiva così dai primi giorni con Maggie, quando erano avvinghiati a letto. Ma dopo i sacchi di pacciame da venti chili, i buoni sconto e le serate fra genitori, avevano perso qualcosa alla quale non si poteva porre rimedio neanche con un numero infinito di serate romantiche. Non riusciva a dire con precisione quando fosse successo, perché il tempo era una cosa strana, avanti e indietro, dal convegno all’aula di tribunale e in qualche modo tutto nello stesso tempo. A un certo punto, però, Noah si era perso. Era diventato un marito, non un uomo.
«No-ha, beviamo qualcosa insieme più tardi?»
«Perché no?»
«Vieni in camera mia alle otto, numero 317. Io porto lo scotch, tu porti la ‘ha’.»
Noah fu attraversato da un brivido profondo. Ovviamente Jordan ricordava che a lui piaceva lo scotch. Lei era quella che la madre di Noah definiva ‘mangiatrice di uomini’.
All’improvviso arrivò un altro gruppo di medici, e Noah aveva visto che l’espressione di Jordan era cambiata, il calore sensuale si era trasformato in una professionalità gioviale, e quello gli aveva fatto pensare che forse c’era una faccia che lei riservava solo a lui, che lei ancora lo amasse. Noah aveva lasciato lo spazio espositivo e aveva partecipato alla sessione del pomeriggio e alla pausa, prendendo appunti, bevendo acqua ghiacciata dall’orribile caraffa di plastica, mangiando caramelle e controllando il cellulare per vedere se Jordan gli avesse mandato un messaggio. Essendo giovane, era un’incallita scrittrice di messaggi.
Aveva moderato la sessione finale sentendosi più vivace di quanto non si sentisse da settimane, in forma smagliante. Aveva gestito con prontezza il momento delle domande, poi bevve una birra obbligatoria con i suoi colleghi e si scusò per la sua impossibilità di essere presente alla relazione serale. Alle otto in punto, aveva bussato alla porta della camera di Jordan, non del tutto sorpreso quando lei aprì con indosso solo la vestaglia dell’hotel.
«Sapevo che saresti venuto» aveva detto Jordan, prendendolo per il braccio, con il telefono in mano, e Noah aveva lasciato che lei chiudesse la porta alle sue spalle, poi gli si era gettata fra le braccia, mettendosi in punta di piedi per baciarlo e stringendosi a lui, con i seni nudi contro il cartellino plastificato del nome con il nastro di raso rosso dei moderatori.
«Ahi» aveva detto Jordan, facendo un passo indietro. «Mi sono graffiata con la tua targhetta.»
«Oh, scusa.» Noah aveva visto un segno rosso sopra i suoi seni floridi, e l’incantesimo si era rotto. Non era il tipo da tradimento in una stanza d’albergo, circondato da una scadente macchina del caffè, un lurido telecomando e una tv che offriva film on demand. Indossava una targhetta plastificata con un nastro rosso. Lui era il moderatore del panel 2508, L’asma nei bambini e l’ambiente: i problemi al parco giochi. Lui era il genere di persona dal quale la gente si aspettava un certo decoro. Il genere di persona che faceva in modo che nessuno monopolizzasse la conferenza. La persona più responsabile di tutti. Esattamente quel genere di persona.
«Che c’è, No-ha?» aveva chiesto Jordan, confusa.
«Non so che cosa ci faccio qui.»
«Certo che lo sai.» Jordan aveva fatto un passo verso di lui, sollevando le sue belle braccia, chiudendo gli occhi e aprendo la bocca per un bacio, ma Noah le afferrò il polso, fermandola.
«No, invece. Mi sono risposato. Sono un padre.»
«Ma eri un padre anche prima.» Jordan aveva infilato il braccio destro dentro la giacca di Noah e aveva avvicinato il suo corpo a quello di lui, ma lui la teneva lontana, tenendo la mano sulla spalla di lei, con più fermezza.
«Jordan, scusa, non sarei dovuto venire. Non posso farlo.»
«Sì che puoi. Non lo saprà nessuno, soltanto io e te.»
«Non posso lo stesso.» Noah aveva sentito il suono delle sue parole, ma sapeva che stava parlando a sé stesso.
«Dài, No-ha. Solo per questa volta.»
«No, amo mia moglie e Caleb. Ho una nuova figliastra, Anna. Sabato sera faremo una grande festa per lei, è una lunga storia...»
«Ma No-ha, io so come farti stare bene...»
«Non posso.» Noah indietreggiò a poco a poco e arrivò alla maniglia della porta. «Non avrei dovuto farti pensare che sarebbe successo.»
«Ma non puoi lasciarmi così...»
«Non posso restare.» Noah si era infilato nella porta, ma Jordan l’aveva afferrata e l’aveva tenuta aperta.
«Noah, te ne pentirai!» aveva urlato Jordan, ma lui non si era voltato.
«Dottoressa Kapoor» stava dicendo Linda, riportando Noah al presente. «Quando tempo serve per strangolare una giovane donna come Anna Desroches?»
«Servono all’incirca da due a cinque minuti per strangolare una persona con le mani, a meno che quella persona non fosse sotto l’effetto di alcol o droghe oppure fosse incosciente.»
«Anna era sotto l’effetto di alcol o droghe?»
«No.»
«A quali conclusioni è giunta in merito a se Anna fosse cosciente o no, quando è stata strangolata?»
«Ho concluso che era cosciente.»
La giuria rimase in silenzio. Noah li vedeva, che arricciavano il labbro superiore con disgusto, immaginando la scena.
«Dottoressa Kapoor, che cosa si aspetta di trovare se una persona è cosciente nel momento in cui viene strangolata?»
«Mi aspetto i segni di una lotta e mi aspetterei di trovare segni delle unghie della vittima sul proprio collo, nel tentativo di liberarsi dalle mani dell’assassino.»
«Ha trovato i segni di cui parla in questo caso, sul collo di Anna?»
«No, perché le unghie della vittima erano cortissime, su qualche dito erano state morse fino alla carne viva. Inoltre, di solito in un caso di strangolamento, riuscirei a raschiare del materiale da sotto le unghie della vittima e mi aspetterei di trovare il dna dell’aggressore sotto le unghie, sotto forma di cellule cutanee. Poiché le unghie della vittima erano molto corte in questo caso, non sono riuscita a ottenere questo materiale.»
«Eventualmente, che cosa trova sulle mani dell’aggressore in un caso di strangolamento?»
«Generalmente, mi aspetterei di trovare i segni delle unghie della vittima sulle mani dell’aggressore, a meno che l’assassino non stesse indossando dei guanti.»
«Lei sa se sull’imputato sono stati trovati segni di unghie?»
Thomas si alzò a metà. «Obiezione, Vostro onore. La testimone non ha esaminato il dottor Alderman.»
Linda aggrottò la fronte. «Vostro onore, ho chiesto ‘se lei sa.’»
Il giudice Gardner annuì. «Respinta.» Poi si rivolse alla dottoressa Kapoor.
«Può rispondere, se lo sa.»
«Non credo che siano stati trovati segni di unghie sull’imputato.»
«Dottoressa Kapoor, ha tratto qualche conclusione da questo fatto?»
«Ho concluso che le unghie della vittima fossero troppo corte per graffiarlo oppure che l’aggressore stesse indossando dei guanti.»
Thomas scattò in piedi. «Vostro onore. Obiezione, speculazione.»
Linda sbottò. «Rientra nelle sue competenze, Vostro onore.»
Il giudice Gardner scosse la testa. «Respinta.»
Thomas si sedette con un sospiro profondo e Noah rimase impassibile.
Linda riportò la sua attenzione sulla testimone. «Dottoressa Kapoor, in base alla sua autopsia, qual è il suo parere medico sul modo in cui Anna è stata strangolata?»
«Sì, la mia opinione è che sia stata strangolata da un’altra persona, probabilmente un maschio adulto.»
«Su che cosa si fonda il suo parere medico?»
«Il mio esame e le mie competenze mi dicono che la pressione applicata sulla gola sufficiente a causare la morte è compatibile con la forza che possiede la maggior parte degli uomini adulti.»
«Secondo lei, l’imputato è compatibile con questa forza?»
«Sì.»
«Che cosa ha potuto stabilire, eventualmente, in merito alle mani dell’aggressore dalle ecchimosi sul collo di Anna?»
«Sono riuscita a escludere persone con mani più grandi o più piccole. Le dimensioni della mano che ha causato l’ecchimosi erano di dimensioni medie e non c’erano impronte caratterizzanti che ne consentissero l’identificazione, quindi le ecchimosi sono compatibili con la maggior parte della popolazione maschile adulta.»
«Le chiedo di nuovo, ritiene che le mani dell’imputato siano compatibili con le dimensioni medie?»
«Sì.»
«Grazie, non ho altre domande.» Linda si rivolse al giudice Gardner, che a sua volta si rivolse a Thomas.
«Controesame, signor Owusu?»
«Sì, grazie, Vostro onore.» Thomas si alzò e andò a grandi passi verso il banco dei testimoni. «Signora Swain-Pettit, non avrò bisogno della foto dell’autopsia.»
«Ops, l’avevo dimenticata.» Linda fece un cenno al suo assistente, ma Noah non credette nemmeno per un istante che Linda avesse lasciato la foto per sbaglio.
Thomas si fermò davanti al banco dei testimoni. «Dottoressa Kapoor, lei ha dichiarato che il suo studio esegue all’incirca duecentoventi autopsie all’anno. Quante di queste sono vittime di omicidio?»
«Forse dieci.»
«Dieci in totale?» Thomas alzò un sopracciglio.
«Sì.»
«E lei non è l’unica assistente del coroner a eseguire autopsie, vero?»
«No.»
«Quante altre persone ci sono?»
«Dipende, due o tre.»
«In generale, quanti omicidi si verificano nella contea di Montgomery, in un anno?»
«Un numero variabile tra tre e cinque. Fatta eccezione per lo scorso anno, in cui ne abbiamo avuti undici.»
«Quindi, di fatto, la stragrande maggioranza della sua esperienza non riguarda vittime di omicidio, è corretto?»
«Sì.» La dottoressa Kapoor aggrottò la fronte.
«E comunque, quanti di quegli omicidi sono avvenuti per strangolamento manuale?»
«Devo pensarci. Sono perpetrati quasi tutti con un’arma da fuoco o da taglio.»
«Diciamo che meno di cinque omicidi sono per strangolamento manuale?»
«Sì.»
«Diciamo che meno di tre omicidi sono per strangolamento manuale?»
«Sì.»
Thomas si mise in punta di piedi e Noah lo lesse nel pensiero. Aveva fatto centro. «Dottoressa Kapoor, quante autopsie ha eseguito personalmente su vittime per le quali ha riscontrato che la causa e la modalità della morte erano attribuibili a omicidio per strangolamento?»
«Una.»
Thomas si concesse un cipiglio teatrale. «Quindi le opinioni che lei ha dato durante la sua deposizione relative a ciò che si aspettava di trovare in uno strangolamento manuale non si basavano sulla sua esperienza effettiva, è corretto?»
«Sì.» La dottoressa Kapoor arricciò le labbra, amareggiata.
«E ha dichiarato che, secondo lei, chiunque sia stato a uccidere la vittima per strangolamento era quasi sicuramente un maschio adulto, non è vero?»
«Sì.»
«Non è vero che lei non ha idea dell’età di questo maschio?»
«Sì.» La dottoressa Kapoor si premette gli occhiali contro il naso con un’unghia senza smalto.
«L’assassino poteva anche essere di qualsiasi corporatura o peso, non è vero?»
«Sì.»
«Inoltre, l’assassino poteva essere anche una donna molto muscolosa, non è vero?»
«Sì.»
«Di fatto, lei non può dire dalle ecchimosi se l’omicidio è stato commesso da un uomo o da una donna, o sbaglio?»
«No.»
«Dottoressa Kapoor, non è vero che l’unica cosa che può dire con certezza è che Anna è stata strangolata da una persona che era sufficientemente forte da strangolarla a mani nude?»
«Sì.»
«E lei ha dichiarato di non poter stabilire le dimensioni delle mani dell’assassino dalle ecchimosi sul collo di Anna, non è vero?»
«Sì.»
«L’unica cosa che può dire con certezza è che la mano era di dimensioni medie, è corretto?»
«Sì.»
«Quali sono le dimensioni medie della mano di un uomo?»
«Tra quindici e venti centimetri.»
«Ipotizzerei che le dimensioni della mano di una donna siano in genere più piccole di quelle di un uomo, è corretto?»
«Sì.»
«E non c’è una sovrapposizione tra le dimensioni delle mani di un uomo e quelle della mano di una donna?»
«Sì.»
«Quindi, di fatto lei non sa dire con certezza se le mani dell’assassino appartenevano a un uomo o a una donna, è corretto?»
«Sì.»
«Dottoressa Kapoor, lei ha anche dichiarato che non c’erano segni delle unghie della vittima sull’imputato, è corretto?»
«Sì.»
«E ha dichiarato inoltre che, poiché non c’erano segni di unghie sull’imputato, lei ha concluso che le unghie della vittima erano troppo corte per lasciare dei segni oppure che l’imputato stava indossando dei guanti, è corretto?»
«Sì.»
«Ma non è possibile che non ci fossero segni delle unghie sull’imputato perché non è stato lui a commettere l’omicidio in questione?»
«Sì.»
«Grazie, non ho altre domande.» Thomas tornò al banco degli avvocati sedendosi con un sorriso soddisfatto, e Noah contenne la sua felicità, perché Thomas l’aveva avvertito di non reagire. Era uno dei momenti migliori che aveva avuto la difesa, e Noah sentì di avere nuove speranze. La giuria stava annuendo e il Veterano alzò le sopracciglia grigie in un’espressione di sorpresa.
«Vostro onore, vorrei chiamare la mia prossima testimone» si affrettò a dire Linda.