26
Maggie, prima
«Ci divertiremo!» Maggie guidò lungo la strada con Anna, vedendo i vicini dentro le loro case, i bambini ricurvi sui compiti in soggiorno e i genitori che si preparavano per la settimana di lavoro, cercando di non pensare alla malinconia della domenica sera. Maggie conosceva quella sensazione, ma in quel momento non la provava. Era tutta un’esperienza nuova, con Anna.
«Sicuro!» sorrise Anna.
«E King of Prussia è un centro commerciale enorme. Ci sono tutti i negozi possibili immaginabili. J. Crew, Abercrombie, Free People, Nordstrom.» Maggie tralasciò Neiman Marcus, dal momento che era su una fascia di prezzo più vicina ad Anna, che non alla sua e a quella di Noah.
«C’è anche un negozio temporaneo. L’ho visto su internet. Si chiama Circa. Vende della roba veramente figa, stile vintage. Boho-chic.»
«Okay, va benissimo.» Maggie si sentì improvvisamente disinvolta e alla moda. Negozi temporanei. Centri commerciali. Uscita fra donne. Non era più il pesce fuor d’acqua, con una figlia segreta. Era una mamma a pieno titolo.
«E voglio pagare io, okay?» Anna la guardò, la coda di cavallo che oscillava. «Queste sono le mie spese. James le approva. Non spendo mai tanto.»
«Lo so, ma voglio farti un regalo.» Maggie svoltò su Montgomery Avenue, prendendo le strade secondarie.
«Allora dividiamo, okay?»
«Okay.» Maggie si chiese se Noah sarebbe stato d’accordo. «Sai, stavo parlando con Noah delle regole della casa e come impostare le regole per te.»
«Regole?» Anna la guardò, sbattendo gli occhi.
«Niente di troppo impegnativo. Non siamo molto severi con Caleb. Ma probabilmente dovremmo stabilire delle regole per entrambi.»
«Okay» disse Anna, che rispose così lentamente che Maggie si chiese se non stesse insistendo troppo.
«Non voglio dare troppa importanza a questo aspetto, solo che sto pensando che per quanto riguarda gli acquisti, sia che si tratti di vestiti o di macchine, dovremmo parlarne prima in famiglia.»
«Se vuoi, va bene.» Anna si strinse nelle spalle. «Hai ragione, voi definite le regole e io le rispetto. Seguivo le regole anche alla Congreve.»
«Che regole avevano? Di orari?»
«Sì, ma tanto non uscivo mai. Penso che neanche qui sarà un problema rispettare gli orari.» Anna le lanciò un’occhiata di sbieco. «Non è che la mia agenda di appuntamenti sia così piena.»
«Sono sicura che ti farai degli amici, e come diceva mia madre, ‘ne basta uno’.» A Maggie tornò alla mente quell’espressione solo in quel momento.
«Tu avevi tanti amici da piccola?»
«Sì, ma non era facile. Ero insicura.» Maggie si rese conto di avere fatto una scoperta. Forse per fare in modo che Anna parlasse di sé doveva aprirsi sul suo passato. «Un tempo ero grassa. Mio padre diceva sempre ‘bella paffutella’ e in una famiglia italiana essere paffutelli è sempre positivo. Non ho mai pensato che fosse una cosa brutta finché non sono andata a scuola. Mi prendevano in giro, mi davano dei soprannomi.»
«Umiliazioni sul peso.»
«Esatto.» Maggie si fermò a un semaforo, il rosso era bruciante nell’oscurità che stava calando. «All’epoca ero timida, ma c’era una ragazza nella classe di Latino con cui ho fatto amicizia.»
«Allora ne basta una.»
«Sì, ma non è che uscissi molto.» Maggie provò una fitta, era sorpresa nell’accorgersi che si portava ancora dietro le stupide offese del liceo. Da allora, era dimagrita di oltre venti chili, ma dentro era una bambina grassa. «Sono stata invitata al ballo dell’ultimo anno da un ragazzo che mi piaceva e i suoi amici lo chiamavano ‘cacciatore di ciccione’.»
«Che cattiveria!»
«Lo so, e lui era un bravo ragazzo.»
«Sarà strano ritrovarsi in classe anche con i ragazzi» disse Anna, dopo un istante.
«Non avevi un fidanzato alla Congreve, vero?» chiese Maggie, cercando di rimanere disinvolta. Lo stava chiedendo per Noah.
«No.»
«Magari questa settimana conosci qualche ragazzo che ti chiede di uscire. Oppure potresti essere tu a chiedergli di uscire.»
Anna sventolò la mano. «Nessuno mi chiederà di uscire.»
«Non si sa mai. Sei una ragazza bella e intelligente e qualunque ragazzo sarebbe fortunato a uscire con te.» Maggie svoltò nella luce della sera, diretta verso la Route 202. «E se per caso un ragazzo ti chiedesse di uscire, e lui ti piace, dovresti accettare. Potresti avere un appuntamento già questo fine settimana.»
«Ma che dici?» disse Anna con una voce stridula, che fece ridere Maggie.
«Ma certo! Tu parti dal presupposto che le cose andranno male. Perché non pensare invece che andranno bene?»
«Forse perché non sono mai andate bene?»
«Le cose stanno cambiando.» Maggie si fermò a pensare un attimo. «E, ascolta, devo tirare fuori l’argomento perché sono tua mamma. Sai che possiamo parlare di sesso, vero?»
«Oddio, ti prego!» Anna scoppiò a ridere. «Stai dicendo sul serio?»
«Sì. Su questo non voglio fare come mia madre.» Maggie sentì il suo sorriso svanire. «Mi ci sono voluti tanto tempo e tanta terapia per sentirmi a mio agio nel parlare di sesso, molto meno a farlo.»
«Ma dài.» La voce di Anna era sorpresa ora.
«Sì.» Maggie esitò. «Posso chiederti se hai avuto rapporti con qualcuno?» Anna si coprì la faccia ridacchiando. «Non ci credo!»
«Non c’è problema, puoi dirmelo. Nessun giudizio.»
Anna si tolse le mani dalla faccia. «Mi sento a disagio a parlarne.»
«Va bene, allora parlerò io per prima. Ho fatto sesso la prima volta a diciassette anni, proprio alla tua età.»
«Cavoli! Okay. Andiamo subito al punto.» Anna rise di nuovo.
«C’era un tizio per il quale avevo preso una cotta. Era nella mia classe di Latino, era nel club di nuoto. Non lo sa nessuno, ma i nuotatori hanno i corpi più belli. Credimi.»
«Ah!» ridacchiò Anna.
«Siamo andati a una festa dove bevevano tutti. Lui mi aveva detto che voleva che mi mettessi con lui, ma non era vero, e abbiamo fatto sesso nel seminterrato. Poi mi ha scaricata e ha cominciato a chiamarmi ‘Salsiccia’.»
«Oh no!»
«Ti posso assicurare che essere Salsiccia Ippoliti non è affatto divertente. Il rapporto era durato cinque minuti, ma il soprannome mi è rimasto fino al diploma.»
«Mi dispiace» disse Anna in tono sommesso.
«Fa niente, càpita.» Maggie le lanciò un’occhiata, ma non riusciva a vedere l’espressione di Anna al buio. L’unica luce era l’illuminazione in controluce che proveniva dal susseguirsi delle villette a schiera.
«Te ne sei pentita?»
«Non proprio. Ho imparato la lezione e non è stata la fine del mondo. Mi sono innamorata parecchie volte di uomini meravigliosi finché non ho trovato quello giusto.»
«Come mio padre?»
«» rispose Maggie, anche se in realtà stava pensando a Noah. «Ma non è quello che vorrei per te. Quindi, ora sai com’è andata a me. E a te invece?»
Anna fece una pausa. «Non ho avuto un rapporto vero e proprio ancora.»
Maggie tenne le mani sul volante, continuando a superare le case. Era sicura di avere ragione. Non vedeva l’ora di raccontarlo a Noah. Amava avere ragione.
«C’era questo ragazzo, della scuola maschile, ma non abbiamo fatto sesso. Anche lui scriveva poesie. Gli ho fatto leggere le mie e ha detto che erano banali.»
«Ma dài. Che stupido.»
«Comunque, non è mai successo niente. Non sono mai neanche uscita con lui.»
«Peggio per lui.»
«Grazie.» Anna ridacchiò di nuovo. «È divertente uscire con la mia mamma.»
«Oh, anch’io mi diverto a uscire con mia figlia.» Maggie vide le luci del King of Prussia e si diresse verso la rampa di uscita. «Penso che mi piacerà vivere qui.»
«Lo credo anch’io» disse Maggie, speranzosa.