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Maggie, prima
«Ci divertiremo!»
Maggie guidò lungo la strada con Anna, vedendo i vicini dentro le
loro case, i bambini ricurvi sui compiti in soggiorno e i genitori
che si preparavano per la settimana di lavoro, cercando di non
pensare alla malinconia della domenica sera. Maggie conosceva
quella sensazione, ma in quel momento non la provava. Era tutta
un’esperienza nuova, con Anna.
«Sicuro!» sorrise
Anna.
«E King of Prussia è un centro commerciale enorme.
Ci sono tutti i negozi possibili immaginabili. J. Crew,
Abercrombie, Free People, Nordstrom.»
Maggie tralasciò Neiman Marcus, dal momento che era su una fascia
di prezzo più vicina ad Anna, che non alla sua e a quella di
Noah.
«C’è anche un negozio temporaneo. L’ho visto su
internet. Si chiama Circa. Vende della roba veramente figa, stile
vintage. Boho-chic.»
«Okay, va benissimo.»
Maggie si sentì improvvisamente disinvolta e alla moda. Negozi
temporanei. Centri commerciali. Uscita fra donne. Non era più il
pesce fuor d’acqua, con una figlia segreta. Era una mamma a pieno
titolo.
«E voglio pagare io, okay?» Anna la guardò, la coda di cavallo che oscillava.
«Queste sono le mie spese. James le
approva. Non spendo mai tanto.»
«Lo so, ma voglio farti un regalo.» Maggie svoltò su Montgomery Avenue, prendendo le
strade secondarie.
«Allora dividiamo, okay?»
«Okay.» Maggie si
chiese se Noah sarebbe stato d’accordo. «Sai, stavo parlando con Noah delle regole della
casa e come impostare le regole per te.»
«Regole?» Anna la
guardò, sbattendo gli occhi.
«Niente di troppo impegnativo. Non siamo molto
severi con Caleb. Ma probabilmente dovremmo stabilire delle regole
per entrambi.»
«Okay» disse Anna, che
rispose così lentamente che Maggie si chiese se non stesse
insistendo troppo.
«Non voglio dare troppa importanza a questo aspetto,
solo che sto pensando che per quanto riguarda gli acquisti, sia che
si tratti di vestiti o di macchine, dovremmo parlarne prima in
famiglia.»
«Se vuoi, va bene.»
Anna si strinse nelle spalle. «Hai
ragione, voi definite le regole e io le rispetto. Seguivo le regole
anche alla Congreve.»
«Che regole avevano? Di orari?»
«Sì, ma tanto non uscivo mai. Penso che neanche qui
sarà un problema rispettare gli orari.» Anna le lanciò un’occhiata di sbieco.
«Non è che la mia agenda di
appuntamenti sia così piena.»
«Sono sicura che ti farai degli amici, e come diceva
mia madre, ‘ne basta uno’.» A Maggie
tornò alla mente quell’espressione solo in quel momento.
«Tu avevi tanti amici da piccola?»
«Sì, ma non era facile. Ero insicura.» Maggie si rese conto di avere fatto una scoperta.
Forse per fare in modo che Anna parlasse di sé doveva aprirsi sul
suo passato. «Un tempo ero grassa.
Mio padre diceva sempre ‘bella paffutella’ e in una famiglia
italiana essere paffutelli è sempre positivo. Non ho mai pensato
che fosse una cosa brutta finché non sono andata a scuola. Mi
prendevano in giro, mi davano dei soprannomi.»
«Umiliazioni sul peso.»
«Esatto.» Maggie si
fermò a un semaforo, il rosso era bruciante nell’oscurità che stava
calando. «All’epoca ero timida, ma
c’era una ragazza nella classe di Latino con cui ho fatto
amicizia.»
«Allora ne basta una.»
«Sì, ma non è che uscissi molto.» Maggie provò una fitta, era sorpresa
nell’accorgersi che si portava ancora dietro le stupide offese del
liceo. Da allora, era dimagrita di oltre venti chili, ma dentro era
una bambina grassa. «Sono stata
invitata al ballo dell’ultimo anno da un ragazzo che mi piaceva e i
suoi amici lo chiamavano ‘cacciatore di ciccione’.»
«Che cattiveria!»
«Lo so, e lui era un bravo ragazzo.»
«Sarà strano ritrovarsi in classe anche con i
ragazzi» disse Anna, dopo un
istante.
«Non avevi un fidanzato alla Congreve,
vero?» chiese Maggie, cercando di
rimanere disinvolta. Lo stava chiedendo per Noah.
«No.»
«Magari questa settimana conosci qualche ragazzo che
ti chiede di uscire. Oppure potresti essere tu a chiedergli di
uscire.»
Anna sventolò la mano.
«Nessuno mi chiederà di
uscire.»
«Non si sa mai. Sei una ragazza bella e intelligente
e qualunque ragazzo sarebbe fortunato a uscire con
te.» Maggie svoltò nella luce della
sera, diretta verso la Route 202. «E
se per caso un ragazzo ti chiedesse di uscire, e lui ti piace,
dovresti accettare. Potresti avere un appuntamento già questo fine
settimana.»
«Ma che dici?» disse Anna
con una voce stridula, che fece ridere Maggie.
«Ma certo! Tu parti dal presupposto che le cose
andranno male. Perché non pensare invece che andranno
bene?»
«Forse perché non sono mai andate
bene?»
«Le cose stanno cambiando.» Maggie si fermò a pensare un attimo.
«E, ascolta, devo tirare fuori
l’argomento perché sono tua mamma. Sai che possiamo parlare di
sesso, vero?»
«Oddio, ti prego!»
Anna scoppiò a ridere. «Stai dicendo
sul serio?»
«Sì. Su questo non voglio fare come mia
madre.» Maggie sentì il suo sorriso
svanire. «Mi ci sono voluti tanto
tempo e tanta terapia per sentirmi a mio agio nel parlare di sesso,
molto meno a farlo.»
«Ma dài.» La voce di
Anna era sorpresa ora.
«Sì.» Maggie esitò.
«Posso chiederti se hai avuto
rapporti con qualcuno?» Anna si coprì
la faccia ridacchiando. «Non ci
credo!»
«Non c’è problema, puoi dirmelo. Nessun
giudizio.»
Anna si tolse le mani dalla
faccia. «Mi sento a disagio a
parlarne.»
«Va bene, allora parlerò io per prima. Ho fatto
sesso la prima volta a diciassette anni, proprio alla tua
età.»
«Cavoli! Okay. Andiamo subito al
punto.» Anna rise di nuovo.
«C’era un tizio per il quale avevo preso una cotta.
Era nella mia classe di Latino, era nel club di nuoto. Non lo sa
nessuno, ma i nuotatori hanno i corpi più belli.
Credimi.»
«Ah!» ridacchiò
Anna.
«Siamo andati a una festa dove bevevano tutti. Lui
mi aveva detto che voleva che mi mettessi con lui, ma non era vero,
e abbiamo fatto sesso nel seminterrato. Poi mi ha scaricata e ha
cominciato a chiamarmi ‘Salsiccia’.»
«Oh no!»
«Ti posso assicurare che essere Salsiccia Ippoliti
non è affatto divertente. Il rapporto era durato cinque minuti, ma
il soprannome mi è rimasto fino al diploma.»
«Mi dispiace» disse
Anna in tono sommesso.
«Fa niente, càpita.»
Maggie le lanciò un’occhiata, ma non riusciva a vedere
l’espressione di Anna al buio. L’unica luce era l’illuminazione in
controluce che proveniva dal susseguirsi delle villette a
schiera.
«Te ne sei pentita?»
«Non proprio. Ho imparato la lezione e non è stata
la fine del mondo. Mi sono innamorata parecchie volte di uomini
meravigliosi finché non ho trovato quello giusto.»
«Come mio padre?»
«Sì» rispose Maggie,
anche se in realtà stava pensando a Noah. «Ma non è quello che vorrei per te. Quindi, ora sai
com’è andata a me. E a te invece?»
Anna fece una pausa.
«Non ho avuto un rapporto vero e
proprio ancora.»
Maggie tenne le mani sul
volante, continuando a superare le case. Era sicura di avere
ragione. Non vedeva l’ora di raccontarlo a Noah. Amava avere
ragione.
«C’era questo ragazzo, della scuola maschile, ma non
abbiamo fatto sesso. Anche lui scriveva poesie. Gli ho fatto
leggere le mie e ha detto che erano banali.»
«Ma dài. Che stupido.»
«Comunque, non è mai successo niente. Non sono mai
neanche uscita con lui.»
«Peggio per lui.»
«Grazie.» Anna
ridacchiò di nuovo. «È divertente uscire con
la mia mamma.»
«Oh, anch’io mi diverto a uscire con mia
figlia.» Maggie vide le luci del King
of Prussia e si diresse verso la rampa di uscita. «Penso che mi piacerà vivere qui.»
«Lo credo anch’io»
disse Maggie, speranzosa.