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Meggie, dopo
Maggie, Kathy e Caleb entrarono da Eddie’s Diner, e si guardavano intorno. La sala era un quadrato vuoto, con un controsoffitto e luci al neon troppo forti e la parte davanti era occupata da un negozio pieno di ricambi per camion, luci e lenti, riflettori, cuffie, deodoranti per ambiente, utensili e attrezzi accanto a un registratore di cassa circondato da sigarette, tabacco da masticare, gomme americane, caramelle, e biglietti della lotteria del Maine. L’aria odorava di caldo secco e sigarette vecchie, e le pareti erano rivestite di foto in bianco e nero di trattori a rimorchio, alternate a cartelli scritti a mano: whoopie pie la nostra specialità e attraversamento alci: rallentate, potrebbe salvarvi la vita.
Kathy guardò di sbieco il cartello degli alci. «Ma è proprio necessario specificarlo? Qual è l’alternativa? Accelerare se vedi un alce?»
Caleb rise e Maggie lo strinse al suo fianco. «Hai fame, tesoro?»
«Sì.»
«Bene, il ristorante è sul retro.» Maggie li guidò, superando il banco del carburante, verso una sala, dove c’erano lunghi tavoli con sedie e panche tutti di legno.
Alle pareti erano appesi ingrandimenti a colori di una costa rocciosa, un faro e un grande fiume, e c’erano alcune panche lungo la parete in fondo accanto alla cucina. Il ristorante era vuoto fatta eccezione per una famiglia con tre bambini piccoli, che stavano divorando pancake e uova.
«Mi piace la colazione per cena» disse Kathy. «E a te, Caleb?»
«Anche a me. Adoro i pancake.»
«Non vedo una cameriera.» Maggie si guardò intorno speranzosa. Sapeva che era improbabile che pg fosse al lavoro quella sera, ma la fortuna poteva essere dalla loro parte.
Kathy indicò la sala. «Ragazzi, dove volete sedervi? Preferite la vista sulla neve o sul tabacco da masticare?»
Caleb tirò una sedia. «Qui.»
«Perfetto.» Maggie tirò fuori una sedia da sotto il tavolo per sé e Caleb, e Kathy si sedette di fronte a loro, aprendosi la cerniera della giacca a vento.
«Non è stato male il viaggio. Peccato solo che non abbiamo investito neanche un alce.» Kathy prese i menu plastificati dal contenitore dei condimenti sul tavolo e li passò a Maggie e Caleb. «Ecco i vostri menu. Io direi che possiamo prendere uno chateaubriand con patate alla dauphinoise e un tortino al cioccolato con cuore morbido per dolce. Poi, ovviamente, facciamo una doccia.»
Caleb ridacchiò. «Io voglio i pancake.»
«Uno si aspetterebbe di vedere una cameriera.» Maggie si girò verso l’ingresso della cucina e Kathy le sventolò la mano.
«Yu-hu, ma mi senti? Stavo dando il meglio di me. Sei stata nel tuo mondo per tutto il tempo che hai guidato.»
«Scusa.» Maggie si strofinò la faccia, cercando di non farsi sopraffare dall’emozione. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era se Anna fosse viva o morta, la sua vera figlia. Era come se stesse avendo una seconda possibilità, di nuovo. Dalla cucina uscì un cameriere, che andò verso di loro con il sorriso stanco, spegnendo le speranze di Maggie. Dubitava che ci fosse un’altra persona a servire ai tavoli quella sera, dato il maltempo.
«Buonasera, signore» disse il cameriere, arrivando al loro tavolo con un sorriso. Aveva circa diciotto anni, occhi azzurro chiaro e capelli corti. Indossava una polo bianca sopra a un paio di jeans, e sulla targhetta si leggeva bob. «Posso portarvi dell’acqua? Oppure un bel caffè caldo?»
«Il caffè per me va benissimo» rispose Maggie, mettendo a posto il menu. «Io prendo dei pancake, e mio figlio anche.»
Anche Kathy rimise a posto il menu. «Lo stesso per me, grazie.»
Bob annuì. «Usiamo lo sciroppo d’acero di Hurricane, nel Maine. Vicino al confine con il Québec. È il migliore. Voi venite da New York?»
«Pennsylvania» rispose Maggie. «Bob, sono qui perché mia figlia era l’amica di una cameriera che lavora qui si chiama pg. La conosci?»
«No.» Bob aggrottò la fronte. «Ma lavoro qui solo da tre giorni. Può darsi che abbia fatto il turno di giorno.»
«Pensi che ci sia qualcun altro che possa conoscerla? Ci sono altri camerieri stasera?»
«No, solo io.»
«Il cuoco, per esempio, o qualcun altro? Forse loro la conoscono»
Maggie indicò l’emporio. «O forse qualcuno del negozio?»
«Chiederò al cuoco.»
«Benissimo, grazie. Mi faresti sapere che cosa dice prima di portare il cibo?»
«Nessun problema. Torno subito.» Bob tornò lentamente verso la cucina, ma Maggie non resistette. Si alzò in piedi, accarezzando Caleb sulla testa.
«Torno subito, tesoro.»
«Lo immaginavo.» Kathy sorrise mentre Maggie si alzava in piedi, affrettandosi a tornare verso il registratore di cassa, e aspettò che l’impiegato, un uomo anziano, finisse di parlare al telefono. Aveva le palpebre pesanti e il suo naso, piuttosto lungo, era ricoperto di capillari rossi. Era calvo con delle ciocche di capelli grigi e le guance scavate erano solcate da rughe profonde. Era snello ma muscoloso e indossava una vecchia maglietta nera e un paio di jeans.
«Signora, ha bisogno di qualcosa?» chiese, senza chiudere il telefono e limitandosi ad appoggiare la cornetta contro il petto.
«Sì, sto cercando una cameriera di nome pg, la conosce?»
«pg? Certo.»
«Ottimo!» disse Maggie, entusiasta. «È un’amica di mia figlia, la stavo cercando. Non so neanche come faccia di cognome.»
«Tenderly.»
«pg è un soprannome, vero?»
«Sì, il suo vero nome è Patti.»
«Ho saputo che pg sta per ‘Ponygirl’.»
«Ah!» L’uomo fece una risatina, che si trasformò in una tosse da fumatore. «Lei mi sta dicendo una cosa nuova adesso. Non lo sapevo. Non sapevo neanche che le piacessero i cavalli.»
Maggie non perse tempo in spiegazioni. «Mi hanno già detto che stasera non c’è, ma lei sa dove abita?»
«Certo, proprio in fondo alla strada. Il nome della via è Broom Lane. Sempre dritta, prenda la seconda a sinistra. Come mai vuole vederla?»
«Mia figlia era una sua amica e non riusciamo a trovarla. Spero che pg sappia dov’è.»
«Mi dispiace per sua figlia» disse l’uomo con disapprovazione. «Si ricordi le mie parole. Le dico che tornerà.»
«Lo spero.»
«pg potrebbe aiutarla. È una ragazza molto sveglia. Si fa nuovi amici ovunque vada.»
«Che bello.» Maggie pensò che quello aumentava la probabilità che pg avesse informazioni su Anna.
«Vive con sua nonna, Elma.»
«Dove sono i suoi genitori?»
«Sua madre è sempre stata una buona nulla e non ha nemmeno mai conosciuto suo padre. Lei sa come funziona, con le pasticche.»
«Erano tossicodipendenti?»
«E alcolizzati. Per quel che ne so, le due cose vanno a braccetto.» L’uomo scosse la testa. «pg, invece, è una brava ragazza. Le mance che prendeva qui le dava a Elma. È sempre stata carina con me, con i clienti, con i turisti. Chiedeva sempre di mia moglie e comprava un biglietto della lotteria, tutti i giorni. Ha anche fatto una torta al cioccolato per il mio compleanno.»
«Adesso non lavora più qui?» Maggie si sentiva confusa, notando che l’uomo aveva cominciato a parlare al passato.
«No. Aspetti un attimo. Le faccio vedere la torta che mi ha fatto. Ci ha scritto anche il nome sopra e tutto quanto.» L’uomo si girò sullo sgabello, scartabellando una pila di fogli, poi si girò di nuovo verso Maggie con una foto in mano e gliela mostrò. «Eccola.»
Maggie guardò la foto e raggelò all’istante.
«Vede, ci sono io, questa è pg, e la torta, e ci ha scritto sopra ‘Buon compleanno, Sammy’ in rosso, così si vedeva bene sul cioccolato.»
Maggie non riusciva a parlare. Il cuore le batteva all’impazzata. Aveva riconosciuto la ragazza nella foto. pg aveva i capelli corti, grandi occhi azzurri e un bel sorriso che metteva in evidenza le fossette, somigliava molto ad Anna, fatta eccezione per i capelli. La verità la stava guardando in faccia. Era pg la ragazza che lei aveva portato a casa con sé e che si era fatta passare per Anna. «Non è una bella torta?»