10
Maggie, prima
«Anna, raccontami com’è la Congreve» chiese Maggie, cercando di riprendersi dalla
rivelazione della menzogna dei suoi abusi nei confronti di Anna.
Maggie si era sentita destabilizzata, ma non poteva permettere che
quella notizia le rovinasse la cena con sua figlia. Avrebbe fatto
tutto il possibile per porvi rimedio, ma era difficile dimostrare
il contrario. Temeva che Anna non avrebbe mai creduto fino in fondo
che lei le stesse dicendo la verità.
«Prima di risponderti, ho cattive
notizie.» Anna arricciò le labbra,
abbassò lo sguardo e spinse via la sua insalata. «Non volevo dirtelo al telefono. Papà è morto, in un
incidente aereo.»
«Mi dispiace tanto, l’ho saputo
anch’io.» Maggie provò una fitta nel
vedere Anna cambiare espressione e il suo bel viso trasformarsi in
una smorfia di dolore.
«È
terribile.» I grandi occhi di Anna luccicarono.
«Non so come sia potuto succedere.
Era un bravo pilota. Amava volare, ma penso che abbia avuto una
specie di attacco cardiaco. Non era neanche tanto
vecchio.»
«Mi dispiace tanto, dico davvero.» Maggie le accarezzò la mano. «Ho letto la notizia online, dopo che hai
chiamato.»
«Così adesso lo sai. Sono morti tutti, la mia
matrigna, i miei fratellastri.»
«Lo so, è orribile.»
Maggie vedeva il dolore di Anna per la perdita dell’intera
famiglia.
«E i miei fratellastri erano così piccoli.» Anna fece
una smorfia. «Non li conoscevo bene,
però erano tanto carini. Erano dei bravi bambini. È orribile.
Michel e Paul. E la mia matrigna, Nathalie, anche lei era una brava
persona.»
«Ne sono convinta.»
Maggie aveva sentito Anna pronunciare i nomi con un vero accento
francese, sebbene il suo inglese fosse impeccabile. «È proprio così ed è dura per te averli persi, lo
so.»
«Ma non dovrebbe essere così. Cioè, non voglio darti
l’impressione sbagliata, non è che abbia visto molto né papà né
loro.» Anna aggrottò la fronte,
strizzando gli occhi per scacciare le lacrime. «Nathalie la conoscevo appena. L’ho vista la prima
volta quando è nato Michel. Mi hanno pagato il volo per tornare a
casa per il battesimo. È stata una grande festa.»
«Ah.» Maggie non
lasciò trasparire la sua sorpresa dalla voce. «E il matrimonio invece? Probabilmente sarà lì che
l’hai conosciuta.»
«No, papà non mi ha invitata. Si sono sposati in
Marocco. Lui mi ha detto che avevano deciso d’impulso, come una
fuga romantica. Ma dopo ho visto le foto, c’erano trecento
invitati.»
«Nonostante tutto, è difficile per te affrontare la
sua perdita.» Maggie fremeva, ma
cercava di non darlo a vedere. La cosa più importante era Anna, non
Florian.
«Sì, è così, è difficile. È successo un mese fa,
eppure, non so, sono turbata. Ellen, la mia psicologa, dice che le
emozioni in conflitto sono più difficili da elaborare. Lei dice che
è normale essere depressi e fragili.»
«Certo, normalissimo, tesoro.» Maggie le accarezzò di nuovo la mano.
«Io credo che non si riesca mai a
superare davvero la morte di un genitore. I miei genitori se ne
sono andati prima che nascessi tu e ancora mi mancano. Quanto
vorrei che ti avessero conosciuta.»
«Tu mi hai conosciuta solo oggi, dal
vero.»
«Eh sì.» Maggie lasciò
passare quel momento di imbarazzo, ma era orgogliosa di Anna per la
sua sincerità. «Be’, è molto positivo
che tu abbia una psicologa che ti aiuti a superare le difficoltà. E
i tuoi amici.»
«Sinceramente, non ho così tanti
amici.» Anna scosse le spalle.
«Congreve non è un gran posto se vivi
in un collegio. Quasi tutte le ragazze del dormitorio vengono
dall’estero quindi non sono molto socievoli.»
«Ci sarà pure qualche americana in
convitto.»
«Non molte. La Congreve è rinomata fra le famiglie
europee. I figli degli americani vanno alla Andover o alla Moses
Brown perché sono scuole miste.» Anna
scosse la testa. «Io volevo venire
negli Stati Uniti, ma papà mi ha detto che mi avrebbe permesso di
andare solo alla Congreve.»
Maggie si chiese se Florian
avesse scelto la Congreve perché era lontana dalla Pennsylvania, ma
ormai non importava più. «Hai fatto
amicizia con qualche compagna di scuola, giusto?»
«Non molto. E poi loro non stanno con le
Parker.»
«Le Parker?»
«È
così che ci chiamano.» Anna assunse un’espressione infelice.
«Noi ragazze del convitto viviamo a
Parker Hall, come se fossimo parcheggiate.»
«Che cattiveria.»
«Ma è vero. In realtà io sono
parcheggiata.»
«No che non lo sei.»
Maggie sentì gli occhi riempirsi di lacrime, nel vedere quanto
doveva sentirsi sola Anna. Il senso di colpa la faceva sentire
triste e ferita.
«Invece sì» ribatté
Anna, senza autocommiserazione. «Papà
mi ha proprio parcheggiata. In terapia parlo anche di questo. Non è
stato in grado di fare altro. Così anche i miei nonni. Vorrei
lasciare questo posto, ma non so dove andare.»
«Intendi, lasciare la Congreve?» Maggie sbatté le palpebre, sorpresa.
«Hai diciassette anni, hai quasi
finito. Ti manca solo un anno prima dell’università.»
«Lo so, ma non ce la faccio qui un altro
anno.» Anna spostò una ciocca di
capelli dalla sua fronte corrugata.
«Che vuol dire ‘non ce la faccio’?» Maggie temeva che Anna fosse depressa. Anche lei
aveva quella tendenza e si chiedeva se Anna l’avesse ereditata da
lei, come le fossette.
«Papà era quello che voleva che restassi qui, ma
adesso che, ehm, non c’è più, vorrei tanto andarmene. Se potessi
andarmene da qui oggi stesso, lo farei.» Anna sorseggiò la sua acqua. «Ne ho già parlato con James. È il nostro avvocato.
Lui gestisce il fondo fiduciario che paga le mie spese. Ha detto
che posso andare nella scuola che preferisco e che può usare il
fondo per pagare. Ma non penso che le cose andrebbero meglio di
qui. Ovunque vada, sarò sempre parcheggiata.»
«Anna, ascolta.»
Maggie stava formulando un’idea. «Se
vuoi, potresti venire a vivere con me. Ti piacerebbe l’idea? Perché
io ci metterei un attimo.»
«Sinceramente mi stavo chiedendo proprio questo.» Anna sorrise, guardinga. «Cioè, se venire a vivere con te e la tua famiglia
fosse una possibilità per me.»
«Ma certo che è una possibilità! Sono tua
madre!»
I pensieri si rincorrevano nella testa di Maggie. «Potrei sentire il mio avvocato e potrei dover
andare in tribunale, ma non ho mai perso la custodia legale per te,
solo quella fisica, e da allora è passato parecchio
tempo.»
«Ne ho parlato con James e lui ha detto che sarebbe
una formalità, niente di più.» Anna
si sporse in avanti con una nuova espressione corrucciata.
«Ma prima devi parlare con lui. Il
suo studio è proprio qui in centro. Ho già parlato di te con James,
e anche con Ellen. Loro pensano che tu abbia abusato di me quando
ero piccola. Devi dire loro che cos’è successo realmente, proprio
come hai fatto con me.»
«Volentieri. Posso spedire loro i documenti del caso
per la custodia. Chiamo mio marito e gli chiedo di scannerizzarli e
inviarli per email, subito. Ma se possiamo chiarire con loro
direttamente, sarei felice che tu venissi a vivere con noi!
Pensaci, io ne sarei felicissima e Noah lo sarebbe
altrettanto.» Maggie si sentì al
settimo cielo all’idea di avere Anna a casa con lei, una parte
della famiglia sua e di Noah, con Caleb e Ralph Spaccatutto.
«Davvero?» Il sorriso
di Anna si allargò. «Credo che mi
piacerebbe, a giudicare dalle lettere e da facebook.»
«Sarebbe bellissimo!»
balbettò Maggie sopraffatta dall’entusiasmo. «Abbiamo una bella casa, e la scuola dista solo
venti minuti, è meraviglioso!»
«Lo so, la Lower Merion. Ho fatto una ricerca
online.»
«Dài, vieni a vivere con noi!» Maggie sorrise, fuori di sé dalla gioia.
«Sono sicura che sarai felice. Sei
giovane e questo dovrebbe essere il periodo più felice della tua
vita.»
«E tuo marito? Lui sarebbe contento?»
«Sicuramente! Senza ombra di dubbio! Sarebbe
felicissimo di averti a casa con noi!
Ha sempre sperato che io e te ci ritrovassimo un
giorno!»
«Okay, benissimo!»
Anna era raggiante, i suoi occhi azzurri scintillavano.
«Grazie davvero!»
«Ma scherzi? Sono io che devo ringraziare
te!»
Maggie sentì che gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime.
Stava avendo quella seconda possibilità che aveva sperato da
sempre, nelle sue preghiere, nei suoi sogni.
«Potremmo partire domani, se James ed Ellen sono
d’accordo?»
«Ma certo che possiamo!» Maggie balzò in piedi, con il cuore colmo di
gioia. Spalancò le braccia. «E ora
possiamo darci un grande abbraccio all’italiana!»