56
Maggie, prima
Maggie sedeva in giardino al buio, dopo avere mandato un messaggio a Kathy chiedendole di richiamarla il prima possibile. Poteva immaginare che cosa stesse facendo la sua amica in quel momento: avrebbe detto ai ragazzi di filare a letto, portato fuori il cane un’ultima volta e avrebbe chiuso a chiave il portone di casa, credendo di avere lasciato fuori i pericoli, di aver messo in sicurezza la sua famiglia. Maggie avrebbe fatto le stesse cose, pensando che i cattivi fossero là fuori, da qualche parte, e non sotto il suo stesso tetto. Ma quella convinzione sarebbe svanita per sempre.
Maggie si distese sulla chaise longue, stringendo in mano il telefono. Gli odori del barbecue fluttuavano nell’aria, e le lanterne erano ancora accese, sospese tra un albero e l’altro lungo il recinto. Le sedie e i tavoli pieghevoli erano stati rimessi in garage e le pentole di ghisa erano appoggiate sulla griglia, dal momento che Noah insisteva sempre per essere lui a pulirle. Era quasi impossibile credere che un uomo così puntiglioso per la griglia di un barbecue potesse essere lo stesso uomo che molestava la propria figliastra.
Maggie non riusciva a credere che stesse pensando al divorzio, ma era quella la realtà. Amava Noah, o la persona che Maggie pensava che fosse, ma le fondamenta del loro matrimonio stavano vacillando sotto i suoi piedi, come un terremoto domestico in cui le placche tettoniche delle loro vite erano disgregate e spezzate.
Improvvisamente suonò il telefono e lo schermo si illuminò con la foto di Kathy che indossava una tiara nel giorno del suo ultimo compleanno. Maggie rispose. «Kath...»
«Oddio, la festa è stata bellissima! Sono felicissima per te!» Dalla voce, sembrava che Kathy si aspettasse dei pettegolezzi, un passatempo piccante per entrambe.
«Grazie, ma ti devo dire una cosa.»
«Che c’è?»
«Una cosa brutta. Molto brutta. Puoi parlare?»
«Sì.» La voce di Kathy si rattristò. «Che è successo?»
«Non so da dove cominciare» aveva esordito Maggie, ma le si riempirono gli occhi di lacrime. «Non riesco a dirlo.»
«Che vuoi dire? Di che si tratta?»
«Non ce la faccio.»
«Maggie, va tutto bene. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, sappi che ti voglio bene.»
«Non si tratta di me.» Maggie si asciugò gli occhi con la maglietta. Per la festa, aveva scelto una t-shirt nera larga e un paio di pinocchietti neri, il suo Abbigliamento da mamma super giovane. Sembrava patetico in quel momento.
«Qual è il problema, tesoro?» La voce di Kathy si addolcì.
Maggie si preparò a dire le parole che non aveva mai immaginato che sarebbero uscite dalla sua bocca: «Penso che Noah abbia molestato Anna.»
«Cosa?» trasalì Kathy, scioccata. «Stai scherzando, vero?»
«È terribile» disse Maggie in un sussurro. Non riusciva ad ammetterlo a voce alta, neanche con sé stessa.
«Molestato?»
«Ha provato a baciarla e a toccarle il seno, in bagno.»
«No!» trasalì di nuovo Kathy.
«» disse Maggie sempre sussurrando.
«Come fai a saperlo?»
«Non lo so per certo. Ma penso...» Maggie deglutì a fatica, cercando in tutti i modi di mantenere il controllo delle emozioni. «Anch’io faccio fatica a crederci. Non l’avrei mai immaginato. Ma poi ho ricevuto un messaggio, praticamente Noah si è visto con Jordan a Miami. Lui era nella stanza d’albergo di lei.»
«Noah si è visto con lei, con il Feto?» chiese Kathy, confusa.
«Sì. Lui mi aveva detto che non l’aveva vista, ma poi Jordan ha mandato un messaggio e lui ha dovuto ammettere che aveva mentito.»
«Ma questo che cosa c’entra con Anna?»
«Adesso ti spiego» disse Maggie, che cominciò a raccontare per filo e per segno cos’era successo, le parole sgorgavano come sangue da una ferita. Maggie aveva mandato sul cellulare di Kathy la foto che ritraeva Noah nella stanza d’albergo e dopo che Kathy aveva ricevuto la foto, la sua voce si era indurita, il che faceva sentire Maggie ancora peggio. «Kathy, anche tu pensi che l’abbia fatto, non è vero? La foto ti ha convinta, mi sembra di capire.»
«Non riesco a crederci, e non volevo crederci, ma questa foto...» Kathy non finì la frase.
«Ma che problemi ha?» chiese Maggie, angosciata.
«Solo dio lo sa. Come sta Anna?»
«Dorme.»
«Dov’è Noah?»
«Non lo so e non me ne importa.»
«E Caleb?»
«Dorme anche lui. Spero che non abbia sentito nulla. Dopo vado a vedere e gli dirò che Noah è dovuto andare al lavoro.» Maggie si tirò in avanti sul lettino, cercando di riordinare le idee. «Tu pensi che Noah farebbe una cosa del genere? Ad Anna?»
«Fino a ora avrei detto di no, ma non penso che sia impossibile, non dopo che ho visto quella foto. Dev’esserci qualcosa che non va in lui.»
«Ha cercato di molestare mia figlia.» Maggie si strofinò la faccia, sentendosi straziata dal dolore. «Non posso permettergli di rimettere piede in casa.»
«Certo che no.»
«Devo proteggere Anna. Glielo devo, lei è mia figlia.» Maggie sentì sé stessa dire l’impensabile. «Non so che cosa significhi questo per me e Noah. Per il nostro matrimonio. Non riesco nemmeno a credere che lui abbia fatto una cosa del genere. Anna neanche me l’ha raccontato la prima volta che è successo, alla lezione di guida. Non voleva turbarmi. Non so se me l’avrebbe raccontato se lui non ci avesse provato di nuovo.»
«Sono contenta che l’abbia fatto, anche se è terribile.»
«Sono contenta anch’io» sospirò Maggie, sul punto di piangere. Con il cuore a pezzi.
«Anche se non avesse fatto nulla del genere, devi essere prudente. Noah dovrebbe andare in albergo o affittare qualcosa, per un po’. Devi convincere Anna ad andare da una psicologa, e anche lui. Pensi che Noah sarebbe d’accordo?»
«Deve essere d’accordo per forza. La imporrò come condizione perché possa tornare a casa.» Maggie non riusciva a credere che la sua vita fosse passata dalla felicità al disastro in una sola settimana. Trattenne le lacrime.
«Forse si è sentito troppo sotto pressione?»
«Quale pressione? La pressione è la stessa che c’era prima.»
«Forse l’arrivo di Anna, oppure Mike, il paziente che ha perso? Oppure è il suo dolore, per Karen? Magari è stata quella la causa scatenante.»
«Scatenante di che cosa?» si tormentava Maggie. «E se fosse semplicemente che gli piacciono le ragazzine?»
«Tesoro, mi dispiace che sia successo tutto questo. Vuoi che venga da te?»
«No, grazie. Voglio mantenere quanto più possibile la normalità qui a casa. Mi sento terribilmente in colpa per Anna.» Maggie sentì gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime, ma riuscì a trattenerle. «Perde suo padre, mi chiama e ora guarda che succede. È orribile.»
«Lo so, ma tu non puoi farci niente. Non sei stata tu.»
«Ma sono stata io a portarla qui. Pensavo che sarebbe stato bellissimo.»
«Non è colpa tua.»
«Ricordi che ho conosciuto la sua psicologa? Le ho detto che sarebbe andato tutto alla grande. È vergognoso.»
«Ma tu non potevi saperlo. Come facevi?»
«E se invece avessi dovuto? E se Noah fosse così da tempo? E se Anna non fosse un caso isolato e neanche Jordan lo fosse? Ho paura a guardare nel suo computer, ma credimi, devo farlo.»
«Non farlo.»
«Perché no? Conosco le sue password. Le tiene in un taccuino.»
«Che cosa ti aspetti di trovare?»
«Pornografia? Foto di ragazzine? Email?»
«No, no e poi no.»
«E se andasse su internet per conoscere le ragazzine?»
«Se lo fa, avrà sicuramente cancellato la cronologia.»
«Allora tu credi ad Anna.»
«Detesto ammetterlo, ma sì.»
«Anch’io» sentì uscire dalla sua bocca Maggie, affondando il viso nella mano libera. Presa dall’angoscia, non riuscì a parlare per un po’. Lei non sapeva se Noah avesse commesso o meno un crimine. Si chiese se avrebbe avuto bisogno di un avvocato. Si chiese se avrebbe dovuto chiamare la polizia. Avrebbe gestito la situazione nel modo migliore per Anna. Era questo il suo compito in qualità di madre di Anna, specialmente perché lei aveva già deluso sua figlia in passato.
«Ci sei ancora? È meglio che venga da te.»
«No, davvero.» I pensieri si rincorrevano nella mente di Maggie. «Come posso continuare a essere sua moglie?»
«Tesoro, devi pensare una cosa alla volta. Se vuole restare con te, deve fare quello che dici tu.»
«Giusto» si disse Maggie per prendere il controllo della situazione. Non poteva permettere che fosse lei la vittima. Era Anna la vittima, dopotutto.
«Puoi farcela.»
«Ma tu ci credi che Noah sia capace di fare una cosa del genere? Ad Anna? A me? Alla sua famiglia? Sta distruggendo tutto, tutto.»
«Riuscirà a venirne fuori con l’aiuto di un professionista.»
Maggie sospirò. «Sono stanchissima.»
«Vai a letto. Chiamami se ti serve qualcosa.»
«Certo. Grazie di tutto. Ti voglio bene, Kath.»
«Anch’io ti voglio bene, tesoro, ce la faremo a uscirne. Dormi bene.»
«Anche tu.» Maggie chiuse la telefonata e lanciò uno sguardo alla casa. La luce era ancora spenta nella camera di Anna. Anche in camera di Caleb era spenta, quindi il secondo piano della casa era buio, il tetto aveva un profilo ombroso contro il cielo scuro. Le nuvole coprivano la luna, e non si vedeva neanche una stella. Le luci che provenivano dalle case dei vicini emanavano un bagliore indistinto nell’aria, e Maggie sentiva le tv accese nei soggiorni delle altre famiglie.
Si chiedeva quante di quelle famiglie vivessero lo stesso orrore sotto il proprio tetto. Aveva letto di loro sui giornali e su internet. Non aveva mai pensato che sarebbe diventata una di loro. In verità, era solita giudicare alcune di quelle madri. Come si faceva a non sapere che il proprio figlio adolescente nascondesse delle armi? Come si faceva a non sapere che la propria figlia fosse incinta? Come si faceva a non sapere? Solo le madri orribili non sapevano che cosa succedeva nelle proprie case.
Poi Maggie si rese conto che lei era già stata giudicata una madre orribile.
Inadeguata, aveva sentenziato la corte. E adesso era lì, di nuovo del tutto inadeguata. Diciassette anni dopo, inadeguata, inadeguata, inadeguata.
Maggie alzò gli occhi verso il cielo nero senza sapere perché. Un appello a Dio? Cercava la retta via? Un aiuto? Una preghiera silenziosa? Il perdono? Ma tutto quello che vedeva era l’oscurità. Si alzò sulle gambe barcollanti e andò verso casa.
Perché era una madre, e aveva un compito da assolvere.