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Maggie, prima
Maggie dormì a malapena
sabato notte, ma si alzò presto domenica come al solito, diede da
mangiare a Ralph e preparò l’impasto dei pancake prima che Anna e
Caleb si svegliassero. Non riusciva ancora a credere che Noah
avesse molestato Anna. Aveva ripercorso con la mente quanto
accaduto per tutta la notte. Ripensò a quello che aveva detto Noah,
che lui non aveva fatto niente ad Anna e che quello che era
successo con Jordan, qualsiasi cosa fosse, non era in alcun modo
collegato ad Anna. Maggie pensò che in teoria fosse così, eppure
c’era qualcosa che non tornava. Al tempo stesso, però, non riusciva
a cancellare così velocemente quello che provava per Noah. Lei lo
amava, anche se non era sicura se il loro matrimonio sarebbe
sopravvissuto. Erano felici, prima.
Caleb scese al piano di sotto
con un sorriso assonnato, nella sua enorme maglietta dei
Philadelphia Phillies. Aveva accettato la spiegazione di Maggie,
che gli aveva detto che Noah era dovuto tornare al convegno, e la
loro conversazione si era incentrata su se Maggie avrebbe dovuto
preparare i pancake alla banana o ai mirtilli. Anna scese più tardi
con gli occhi gonfi e i capelli arruffati, indossando una maglietta
e pantaloncini da ginnastica della Congreve. Non aveva detto niente
su Noah davanti a Caleb e Maggie non fece altro che pensare che
entrambe condividevano un terribile segreto per tutta la colazione,
che trascorse fra speculazioni assurde per decidere se se SpongeBob
avesse un aspetto grazioso o bizzarro.
Dopo colazione, Anna e Caleb
andarono nelle rispettive stanze e Maggie andò in camera di Anna
intorno all’ora di pranzo, solo per scoprire che Anna si era
appisolata con il portatile aperto e i libri di testo intorno a sé.
Maggie chiuse la porta e la lasciò dormire, poi andò nella stanza
di Caleb, lo aiutò a fare gli esercizi sul libro Wonder e si esercitarono sulle parole ‘cerotto’,
‘incidente’ ed ‘emergenza’. Caleb era regredito, ma Maggie non ne
fece un problema, e lui non chiese di Noah.
Maggie trascorse il resto
della giornata come in preda al sonnambulismo, facendo qualcosa in
cucina, innaffiando il giardino e guardando di tanto in tanto il
portatile di Noah in soggiorno, chiedendosi se non avesse dovuto
darci un’occhiata. Verso le quattro del pomeriggio si arrese e
accedette al computer. Controllò la cronologia del browser, che non
era stata eliminata. Passò in rassegna i siti, ma non vi era
nessuna traccia di materiale pornografico, c’erano soltanto le
solite ricerche che faceva Noah sui siti web di medicina, l’home
banking, gli indici dei pollini e gli esercizi per gli addominali.
Maggie controllò i loro conti correnti, ma non risultavano siti di
escort né prelievi di contanti insoliti. Dopodiché, andò nel
seminterrato e controllò il computer fisso di Noah, ma per fortuna,
non era emerso niente di pornografico.
Maggie stava tornando di
sopra quando sentì dei passi sulle scale, quindi si affrettò a
tornare in cucina e corse verso il lavandino per fingere di star
bevendo un bicchiere d’acqua.
«Mamma?» disse Anna,
entrando in cucina con in mano un plico di fogli.
«Ciao, tesoro, come ti senti?» Maggie l’abbracciò forte, con una maggiore
spontaneità rispetto a quando c’era Caleb.
«Adesso mi sento meglio.» Anna l’abbraccio a sua volta, poi passò alcuni
fogli a Maggie, che pensò che fossero dei compiti finché non lesse
il titolo: ‘Istanza per un ordine di protezione contro gli
abusi’.
«Aspetta, che cos’è questo?»
«È una
istanza per un ordine di protezione contro gli
abusi. Ho intenzione di presentarla lunedì
contro Noah, ma ho bisogno della tua firma perché io non ho ancora
diciotto anni.»
«Ma che stai dicendo?»
Maggie lesse le accuse sul modulo, con un senso di nausea.
«Non ce la faccio più, te l’ho detto. Non voglio
vivere nella stessa casa con lui.»
«Anna, non è necessario» si affrettò a dire Maggie, angosciata e dilaniata.
«Ho già deciso che cosa faremo. Non
sono ancora riuscita a parlarne con Noah, ma ho intenzione di
chiedergli di andare da uno psicologo. E non potrà tornare a casa
finché tutti noi...»
«No, non voglio vivere mai più con lui. Ho bisogno
di un ordine di protezione contro gli abusi. Ho letto come funziona
su internet e ho chiamato il numero verde, quindi so qual è il
passo successivo.»
«Anna, questo è quello che fanno le donne che
subiscono la violenza da parte dei propri mariti.»
«O dei propri genitori. Del proprio
patrigno.»
«Anna, dici sul serio?» Maggie non riusciva a pensare chiaramente.
«Non hai bisogno di un
avvocato?»
«No. L’operatrice al telefono ha detto che
è sufficiente che io specifichi che
l’istanza è urgente, subito lunedì
mattina. Ho già inviato un’email e chiamato l’ufficio del giudice.
Sto cercando di ottenere un’udienza. Ho intenzione di dire al
giudice che Noah mi ha molestata.»
Anna guardò Maggie direttamente negli occhi. «Non tollero più questa situazione, neanche per un
minuto. Se volessi, potrei chiamare la polizia e invece mi limito a
presentare una istanza.»
«Ma, tesoro, ci penso io a sistemare le
cose.» Maggie raccolse le idee.
«Noah non tornerà a casa finché non
sappiamo che tu sei al sicuro. Insomma, possiamo gestirla fra di
noi.»
«Non voglio. Quello che ha fatto è
sbagliato.»
«Anna, ma che fretta hai?» Maggie rabbrividì al pensiero che Noah venisse
arrestato. «Perché non ci dai la
possibilità di risolvere la questione in famiglia?»
«Guarda, io so che tu ami Noah. È tutto lì il
problema, non è vero?» Anna si lasciò
cadere su uno sgabello dell’isola della cucina, mancava ancora il
quarto sgabello. Maggie non aveva neanche avuto il tempo di
ordinarlo.
«Vero. Sì, lo amo. È mio marito. Ovviamente, le mie
emozioni sono in conflitto in questo momento.»
«Ma tu credi a me, no?» Anna sbatté le palpebre, i suoi occhi azzurri si
allargarono, e a Maggie ricordavano tanto gli occhi di sua madre,
nel modo sincero con cui la guardavano, nel modo in cui quegli
occhi erano la finestra sull’animo di una persona, come un binocolo
che consentisse di vedere il cuore umano.
«Sì, ti credo» rispose
Maggie e l’espressione di Anna diventò più calda, il suo sguardo si
ammorbidì e le sue labbra si curvarono in un sorriso stanco.
Sollevò le braccia e le strinse intorno a Maggie.
«Grazie mille.»
«Mi dispiace tanto per tutto questo.» Maggie si sciolse dall’abbraccio di Anna.
«Anche a me dispiace. Continuo a pensare che forse
ho sbagliato qualcosa o, ancora peggio, ho dato a Noah un’idea
sbagliata di me.»
«Ma certo che no, tesoro. Tu sei la
vittima.» Maggie si sentiva a pezzi
nel pensare che Anna si stesse addossando la colpa.
«Allora perché Noah dovrebbe comportarsi così? Ha
mai fatto nulla del genere prima d’ora?»
«No, non avrei mai pensato che avrebbe cercato di
fare qualcosa di inopportuno con te. Altrimenti, non ti avrei
portato a casa con me. Anzi, non l’avrei proprio neanche
sposato.»
«È
quello che ho pensato anch’io» sorrise Anna,
rassicurata.
«Non so neanche perché lui l’abbia fatto. Non so
darti delle risposte.»
«Allora perché non vuoi che io vada in
tribunale?»
Maggie esitò. «Perché penso che possiamo gestire la situazione in
famiglia, nel modo in cui ti ho detto prima.»
«No.» Anna scosse la
testa, le sue labbra si irrigidirono. «La signora al telefono ha detto che questo è quello
che rispondono sempre le mamme.»
«Chi è questa signora? Come si
chiama?»
«Non gliel’ho chiesto. Lei ha detto che le mamme non
vogliono mai andare in tribunale perché negano
l’evidenza.»
«Non sto negando l’evidenza» disse Maggie, anche se, in parte, si chiedeva se
in realtà non fosse così.
«E ha detto anche che i molestatori non prendono la
situazione sul serio finché la vittima non presenta una istanza per
un ordine di protezione, che è quello che voglio
fare.»
«Anna, io penso che sia esagerato...»
«Davvero?» Anna
spalancò gli occhi, addolorata. «E
invece sai che cosa penso io che sia esagerato? Che il tuo patrigno
ti ficchi la lingua in gola. O che ti metta le mani sotto il
vestito.»
Maggie trasalì, disgustata.
«Lo so, mi dispiace.»
«Io penso che sia proprio per questo che lui ha
voluto portarmi a fare la lezione di guida, in modo che potessimo
stare da soli, senza di te.»
«Non può essere, quella è stata una mia idea
e...»
«Mamma, io non voglio farti sentire
peggio» sospirò Anna, aggrottando la
fronte. «Non sei obbligata a firmare
quei documenti. Chiamerò James. Lui conoscerà sicuramente qualcuno
che può aiutarmi.»
«Ma non è necessario...»
«Sì, invece. O se ne va Noah o me ne vado io. Se non
vuoi firmare i documenti, allora mi dichiarerò emancipata e me ne
vado di casa.» Anna si raddrizzò,
determinata. «In ogni caso, ho
intenzione di presentare l’istanza. Voglio difendermi da sola.
Voglio mandare un messaggio molto chiaro a Noah per dirgli che
quello che ha fatto è sbagliato.»
«Ma lui questo lo sa, Anna.»
«Mamma, il discorso è questo.» Anna toccò il braccio di Maggie. «Per tutta la mia vita, io non ho avuto nessuno.
Sono sempre stata da sola e ho contato solo su me stessa. Papà se
n’è andato, tu te ne sei andata. Mi sono ritrovata da sola e ho
contato solo su di me. So badare a me stessa.»
«Ma ora non sei più sola. Hai me.»
«Davvero? Noah è tuo marito. Hai appena detto che lo
ami.»
«Ma io posso proteggerti...»
«Finora non l’hai fatto» replicò Anna.
«Non lo sapevo, come facevo a
saperlo?» Nel sentire la sua voce, a
Maggie sembrò di essere una di quelle madri in tv, quelle che lei
era solita giudicare. Si sentiva inadeguata,
inadeguata, inadeguata.
«Se la cosa ti sta a cuore, allora vieni in
tribunale con me. Sostienimi. Firma quei documenti.» Anna prese una penna dall’isola della cucina e la
porse a Maggie.
«Anna...»
«Ti prego, mamma!»
Maggie osservò la penna che
Anna le tendeva, provando una fitta di angoscia. Doveva scegliere
tra Anna e Noah, proprio in quell’istante. Maggie era sconcertata
che fosse successo tutto così velocemente. Non sapeva che cosa
fare. Si sentiva lacerata nel mezzo di un braccio di ferro
familiare. Se Anna avesse presentato un’istanza per la protezione
contro gli abusi contro Noah, il suo matrimonio sarebbe andato
oltre il punto di non ritorno.
Maggie sfilò la penna dalla
mano di Anna.