58
Maggie, prima
Maggie dormì a malapena sabato notte, ma si alzò presto domenica come al solito, diede da mangiare a Ralph e preparò l’impasto dei pancake prima che Anna e Caleb si svegliassero. Non riusciva ancora a credere che Noah avesse molestato Anna. Aveva ripercorso con la mente quanto accaduto per tutta la notte. Ripensò a quello che aveva detto Noah, che lui non aveva fatto niente ad Anna e che quello che era successo con Jordan, qualsiasi cosa fosse, non era in alcun modo collegato ad Anna. Maggie pensò che in teoria fosse così, eppure c’era qualcosa che non tornava. Al tempo stesso, però, non riusciva a cancellare così velocemente quello che provava per Noah. Lei lo amava, anche se non era sicura se il loro matrimonio sarebbe sopravvissuto. Erano felici, prima.
Caleb scese al piano di sotto con un sorriso assonnato, nella sua enorme maglietta dei Philadelphia Phillies. Aveva accettato la spiegazione di Maggie, che gli aveva detto che Noah era dovuto tornare al convegno, e la loro conversazione si era incentrata su se Maggie avrebbe dovuto preparare i pancake alla banana o ai mirtilli. Anna scese più tardi con gli occhi gonfi e i capelli arruffati, indossando una maglietta e pantaloncini da ginnastica della Congreve. Non aveva detto niente su Noah davanti a Caleb e Maggie non fece altro che pensare che entrambe condividevano un terribile segreto per tutta la colazione, che trascorse fra speculazioni assurde per decidere se se SpongeBob avesse un aspetto grazioso o bizzarro.
Dopo colazione, Anna e Caleb andarono nelle rispettive stanze e Maggie andò in camera di Anna intorno all’ora di pranzo, solo per scoprire che Anna si era appisolata con il portatile aperto e i libri di testo intorno a sé. Maggie chiuse la porta e la lasciò dormire, poi andò nella stanza di Caleb, lo aiutò a fare gli esercizi sul libro Wonder e si esercitarono sulle parole ‘cerotto’, ‘incidente’ ed ‘emergenza’. Caleb era regredito, ma Maggie non ne fece un problema, e lui non chiese di Noah.
Maggie trascorse il resto della giornata come in preda al sonnambulismo, facendo qualcosa in cucina, innaffiando il giardino e guardando di tanto in tanto il portatile di Noah in soggiorno, chiedendosi se non avesse dovuto darci un’occhiata. Verso le quattro del pomeriggio si arrese e accedette al computer. Controllò la cronologia del browser, che non era stata eliminata. Passò in rassegna i siti, ma non vi era nessuna traccia di materiale pornografico, c’erano soltanto le solite ricerche che faceva Noah sui siti web di medicina, l’home banking, gli indici dei pollini e gli esercizi per gli addominali. Maggie controllò i loro conti correnti, ma non risultavano siti di escort né prelievi di contanti insoliti. Dopodiché, andò nel seminterrato e controllò il computer fisso di Noah, ma per fortuna, non era emerso niente di pornografico.
Maggie stava tornando di sopra quando sentì dei passi sulle scale, quindi si affrettò a tornare in cucina e corse verso il lavandino per fingere di star bevendo un bicchiere d’acqua.
«Mamma?» disse Anna, entrando in cucina con in mano un plico di fogli.
«Ciao, tesoro, come ti senti?» Maggie l’abbracciò forte, con una maggiore spontaneità rispetto a quando c’era Caleb.
«Adesso mi sento meglio.» Anna l’abbraccio a sua volta, poi passò alcuni fogli a Maggie, che pensò che fossero dei compiti finché non lesse il titolo: ‘Istanza per un ordine di protezione contro gli abusi’.
«Aspetta, che cos’è questo?»
«È una istanza per un ordine di protezione contro gli abusi. Ho intenzione di presentarla lunedì contro Noah, ma ho bisogno della tua firma perché io non ho ancora diciotto anni.»
«Ma che stai dicendo?» Maggie lesse le accuse sul modulo, con un senso di nausea.
«Non ce la faccio più, te l’ho detto. Non voglio vivere nella stessa casa con lui.»
«Anna, non è necessario» si affrettò a dire Maggie, angosciata e dilaniata. «Ho già deciso che cosa faremo. Non sono ancora riuscita a parlarne con Noah, ma ho intenzione di chiedergli di andare da uno psicologo. E non potrà tornare a casa finché tutti noi...»
«No, non voglio vivere mai più con lui. Ho bisogno di un ordine di protezione contro gli abusi. Ho letto come funziona su internet e ho chiamato il numero verde, quindi so qual è il passo successivo.»
«Anna, questo è quello che fanno le donne che subiscono la violenza da parte dei propri mariti.»
«O dei propri genitori. Del proprio patrigno.»
«Anna, dici sul serio?» Maggie non riusciva a pensare chiaramente. «Non hai bisogno di un avvocato?»
«No. L’operatrice al telefono ha detto che è sufficiente che io specifichi che l’istanza è urgente, subito lunedì mattina. Ho già inviato un’email e chiamato l’ufficio del giudice. Sto cercando di ottenere un’udienza. Ho intenzione di dire al giudice che Noah mi ha molestata.» Anna guardò Maggie direttamente negli occhi. «Non tollero più questa situazione, neanche per un minuto. Se volessi, potrei chiamare la polizia e invece mi limito a presentare una istanza.»
«Ma, tesoro, ci penso io a sistemare le cose.» Maggie raccolse le idee. «Noah non tornerà a casa finché non sappiamo che tu sei al sicuro. Insomma, possiamo gestirla fra di noi.»
«Non voglio. Quello che ha fatto è sbagliato.»
«Anna, ma che fretta hai?» Maggie rabbrividì al pensiero che Noah venisse arrestato. «Perché non ci dai la possibilità di risolvere la questione in famiglia?»
«Guarda, io so che tu ami Noah. È tutto lì il problema, non è vero?» Anna si lasciò cadere su uno sgabello dell’isola della cucina, mancava ancora il quarto sgabello. Maggie non aveva neanche avuto il tempo di ordinarlo.
«Vero. Sì, lo amo. È mio marito. Ovviamente, le mie emozioni sono in conflitto in questo momento.»
«Ma tu credi a me, no?» Anna sbatté le palpebre, i suoi occhi azzurri si allargarono, e a Maggie ricordavano tanto gli occhi di sua madre, nel modo sincero con cui la guardavano, nel modo in cui quegli occhi erano la finestra sull’animo di una persona, come un binocolo che consentisse di vedere il cuore umano.
«Sì, ti credo» rispose Maggie e l’espressione di Anna diventò più calda, il suo sguardo si ammorbidì e le sue labbra si curvarono in un sorriso stanco. Sollevò le braccia e le strinse intorno a Maggie.
«Grazie mille.»
«Mi dispiace tanto per tutto questo.» Maggie si sciolse dall’abbraccio di Anna.
«Anche a me dispiace. Continuo a pensare che forse ho sbagliato qualcosa o, ancora peggio, ho dato a Noah un’idea sbagliata di me.»
«Ma certo che no, tesoro. Tu sei la vittima.» Maggie si sentiva a pezzi nel pensare che Anna si stesse addossando la colpa.
«Allora perché Noah dovrebbe comportarsi così? Ha mai fatto nulla del genere prima d’ora?»
«No, non avrei mai pensato che avrebbe cercato di fare qualcosa di inopportuno con te. Altrimenti, non ti avrei portato a casa con me. Anzi, non l’avrei proprio neanche sposato.»
«È quello che ho pensato anch’io» sorrise Anna, rassicurata.
«Non so neanche perché lui l’abbia fatto. Non so darti delle risposte.»
«Allora perché non vuoi che io vada in tribunale?»
Maggie esitò. «Perché penso che possiamo gestire la situazione in famiglia, nel modo in cui ti ho detto prima.»
«No.» Anna scosse la testa, le sue labbra si irrigidirono. «La signora al telefono ha detto che questo è quello che rispondono sempre le mamme.»
«Chi è questa signora? Come si chiama?»
«Non gliel’ho chiesto. Lei ha detto che le mamme non vogliono mai andare in tribunale perché negano l’evidenza.»
«Non sto negando l’evidenza» disse Maggie, anche se, in parte, si chiedeva se in realtà non fosse così.
«E ha detto anche che i molestatori non prendono la situazione sul serio finché la vittima non presenta una istanza per un ordine di protezione, che è quello che voglio fare.»
«Anna, io penso che sia esagerato...»
«Davvero?» Anna spalancò gli occhi, addolorata. «E invece sai che cosa penso io che sia esagerato? Che il tuo patrigno ti ficchi la lingua in gola. O che ti metta le mani sotto il vestito.»
Maggie trasalì, disgustata. «Lo so, mi dispiace.»
«Io penso che sia proprio per questo che lui ha voluto portarmi a fare la lezione di guida, in modo che potessimo stare da soli, senza di te.»
«Non può essere, quella è stata una mia idea e...»
«Mamma, io non voglio farti sentire peggio» sospirò Anna, aggrottando la fronte. «Non sei obbligata a firmare quei documenti. Chiamerò James. Lui conoscerà sicuramente qualcuno che può aiutarmi.»
«Ma non è necessario...»
«Sì, invece. O se ne va Noah o me ne vado io. Se non vuoi firmare i documenti, allora mi dichiarerò emancipata e me ne vado di casa.» Anna si raddrizzò, determinata. «In ogni caso, ho intenzione di presentare l’istanza. Voglio difendermi da sola. Voglio mandare un messaggio molto chiaro a Noah per dirgli che quello che ha fatto è sbagliato.»
«Ma lui questo lo sa, Anna.»
«Mamma, il discorso è questo.» Anna toccò il braccio di Maggie. «Per tutta la mia vita, io non ho avuto nessuno. Sono sempre stata da sola e ho contato solo su me stessa. Papà se n’è andato, tu te ne sei andata. Mi sono ritrovata da sola e ho contato solo su di me. So badare a me stessa.»
«Ma ora non sei più sola. Hai me.»
«Davvero? Noah è tuo marito. Hai appena detto che lo ami.»
«Ma io posso proteggerti...»
«Finora non l’hai fatto» replicò Anna.
«Non lo sapevo, come facevo a saperlo?» Nel sentire la sua voce, a Maggie sembrò di essere una di quelle madri in tv, quelle che lei era solita giudicare. Si sentiva inadeguata, inadeguata, inadeguata.
«Se la cosa ti sta a cuore, allora vieni in tribunale con me. Sostienimi. Firma quei documenti.» Anna prese una penna dall’isola della cucina e la porse a Maggie.
«Anna...»
«Ti prego, mamma!»
Maggie osservò la penna che Anna le tendeva, provando una fitta di angoscia. Doveva scegliere tra Anna e Noah, proprio in quell’istante. Maggie era sconcertata che fosse successo tutto così velocemente. Non sapeva che cosa fare. Si sentiva lacerata nel mezzo di un braccio di ferro familiare. Se Anna avesse presentato un’istanza per la protezione contro gli abusi contro Noah, il suo matrimonio sarebbe andato oltre il punto di non ritorno.
Maggie sfilò la penna dalla mano di Anna.