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Maggie, prima
«Anna, ma sei proprio tu?» Maggie avrebbe voluto urlare di gioia. Non
riusciva a credere che stesse succedendo davvero. Aveva pregato che
arrivasse il giorno in cui Anna si facesse viva con lei. Quello era
il suo ultimo pensiero ogni sera, sebbene lo tenesse per sé, un
dolore segreto.
«Sì, sono io. Ehm, ciao...»
«Oh mio dio, sono davvero felice che tu abbia
chiamato!» Maggie sentì gli occhi
riempirsi di lacrime. Prese un fazzoletto dal cassetto e li
asciugò, ma l’emozione era ormai incontenibile. Era un sogno che
diventava realtà. Non vedeva l’ora di dirlo a Noah, che era in
giardino con Caleb, a piantare le rose.
«Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere
sentirmi.»
«Ma certo, certo che mi fa piacere! Wow, è
meraviglioso!» Maggie sentì una
stretta in gola e il suo naso cominciò a gorgogliare, una cosa che
lei odiava. La chiamavano la ‘Regina del pianto moccioso’, ancora
peggio che essere la ‘Regina del pianto disperato’.
«So che magari è inopportuno, chiamare così
all’improvviso.»
«Ma no, è meraviglioso, è fantastico! Tu sei mia
figlia! Puoi chiamarmi quando
vuoi!» Maggie si tenne il fazzoletto
premuto sugli occhi. L’ultima volta che l’aveva vista, Anna era
molto piccola, aveva solo sei mesi. Era stato diciassette anni
prima, il periodo più buio nella vita di Maggie, quando era stata
ricoverata. Cominciò a tornarle tutto alla mente, una nota stonata
nella sua euforia.
Sono esausta eppure non
riesco a dormire.
«Ehm, mamma, non sapevo nemmeno come chiamarti. Va
bene se ti chiamo mamma?»
«Sì, mamma va bene! Mamma va
benissimo.» Maggie avrebbe voluto
mettersi a saltare, ma non si scompose. Era appena stata chiamata
mamma. Non aveva mai osato immaginare che si sarebbe sentita
chiamare mamma da Anna. Non era mai stata chiamata in quel modo, da
nessuno. Caleb la chiamava Mag.
«Bene, perfetto. Spero che non ti dispiaccia se ho
chiamato in un giorno di festa.»
«Va benissimo!» Maggie
si tamponò il naso cercando di non fare rumori strani al telefono.
«Allora, auguri di Buona
Pasqua!»
«Grazie, anche a te.»
«Che cosa stai facendo durante le vacanze? Sei da
tuo padre?» Maggie continuò a parlare
in tono allegro, anche se odiava il suo ex marito, Florian. Sapeva
che c’era lui dietro la decisione di Anna di non vedere più Maggie,
separando così per sempre madre e figlia.
«No, sono a scuola.»
«Oh.» Maggie provò una
fitta di dolore per Anna, che stava trascorrendo le vacanze senza
la famiglia. «Hanno organizzato
qualcosa di speciale?»
«No, sono ancora quasi tutti via per le vacanze di
primavera.»
«Capito.» Maggie cercò
di raccogliere le idee, sedendosi sull’isola della cucina. La luce
del sole brillava sul ripiano di granito, che era di colore bianco
punteggiato di nero e grigio. Il cestino con le uova di Pasqua di
Cadbury e le caramelle di gelatina per Caleb erano accanto al
giornale della domenica e nell’aria c’era ancora il profumo dei
pancake alla banana della colazione.
Perdo peso ma non sono a
dieta.
«Allora, Anna, dimmi, come stai? Che cos’hai fatto
in tutto questo tempo? Ti va di raccontarmi tutta la tua
vita?»
«Non lo so» ridacchiò
Anna. «Se proprio
insisti.»
«Certo, mi piacerebbe tanto!» Maggie si sentì sollevata. «Possiamo provarci, non ti pare?»
«Penso di sì.»
«Ma certo che possiamo! Dài, dimmi come
stai!» Maggie avrebbe fatto qualsiasi
cosa per ritrovare Anna. Si era battuta per la custodia congiunta,
ma Florian aveva iscritto Anna a un prestigioso collegio in Francia
e i tribunali francesi si erano pronunciati a sfavore di
Maggie.
Aveva provato a ottenere il
diritto di visita, ma a quel punto era stata la stessa Anna a
scrivere a Maggie, dicendole che non voleva vederla. Maggie aveva
rispettato la richiesta, nonostante l’indicibile sofferenza che
questo le provocava.
«Sto bene. La mia vita... va bene.» Anna fece una risatina.
«Anche la mia! Che coincidenza!» Maggie si unì a lei, in una risata.
«Com’è la nuova
scuola?»
«Nulla di eccezionale. E non è nuova.»
«Hai iniziato il liceo lì,
giusto?» Maggie aveva ricevuto una notifica da Florian due
anni prima, per ordine del tribunale, in cui le diceva che Anna era
tornata negli Stati Uniti per frequentare la Congreve, un esclusivo
collegio nel Maine. La faceva impazzire l’idea che Florian avesse
ottenuto la custodia di Anna solo per mandarla a vivere in una
scuola. Maggie aveva la sensazione che il suo ex marito non andasse
molto spesso a trovare Anna, perché da quel poco che riusciva a
vedere nei suoi profili social, la figlia non parlava mai di
Florian, neanche per la Festa del papà. Maggie gli dava sempre
un’occhiata, anche nel giorno della Festa della mamma,
torturandosi.
«Sì, ma ormai sono passati circa tre anni. Volevo
tornare negli Stati Uniti per il liceo.»
«Allora, com’è la Congreve? L’ho vista su internet,
è molto bella!»
«Non è che ci sia molto da dire. È una
scuola.» Anna tacque per un istante e
Maggie si affrettò a tenere viva la conversazione.
«Quindi ti manca solo un anno per il diploma! E
dimmi, che progetti hai? L’università?»
«Sicuramente sì, qui sono fissati. La Congreve
sforna in continuazione studenti per la Ivy League. I miei voti
sono piuttosto buoni. Ho una media del 3,7.»
«Bravissima, sono molto felice per
te!» Maggie sentì di nuovo gli occhi
riempirsi di lacrime, un misto di gioia e senso di colpa. Anna
meritava il futuro più luminoso possibile.
Sento suoni e voci.
«È una buona media ma non
proprio da prima della classe.»
«Non importa! Sono fiera di te!»
Mi sento in colpa e mi
vergogno di me stessa.
«Grazie» si rincuorò
Anna. «Mi piacciono le tue lettere.
Sembra una cosa d’altri tempi ricevere una lettera vera, invece di
un’email.»
«Sono felice che tu le legga!» Maggie scriveva ad Anna una volta al mese,
pensando che quella comunicazione unilaterale fosse comunque meglio
di niente.
Poteva scriverle solo per
posta, dal momento che non aveva l’indirizzo email né il numero di
cellulare di Anna.
«Scusa se non ho risposto. Avrei dovuto
scriverti.»
Maggie si sentì commossa.
«Non c’è problema, non eri obbligata
a farlo.»
«No, davvero. È da maleducati.»
«Non è da maleducati, tesoro!» Maggie sentì la parola ‘tesoro’ uscirle dalle
labbra, con naturalezza. «Non ti
preoccupare!»
«E grazie anche per i biglietti di
compleanno.»
«Mi fa piacere mandarteli. Io festeggio il tuo
compleanno, nella mia testa. È una cosa da pazzi!» Maggie rabbrividì, sentendo la sua voce. ‘Da
pazzi.’
Non posso dire a mio marito
come mi sento.
«Li conservo tutti.»
«Oh, che bello. È una cosa molto
carina.» Maggie deglutì a fatica,
pensando al compleanno di Anna, il 6 marzo. Il travaglio e il parto
erano stati difficili, un cesareo d’emergenza, ma Maggie non si era
soffermata su quel momento né su quello che era successo dopo. Per
tutta la vita, la cosa che più aveva desiderato al mondo era avere
una figlia.
«E sai quel pile blu che mi hai mandato lo scorso
Natale?»
«Sì, certo! Ti è piaciuto? Ti sta
bene?» Maggie mandava sempre ad Anna
dei regali per Natale e per il compleanno. Aveva dovuto indovinare
quale fosse la taglia giusta, quindi aveva comprato una media. Dai
profili social di Anna aveva visto foto malinconiche di Congreve,
ma le impostazioni della privacy erano alte e il sito web della
scuola specificava la sua disapprovazione per selfie e foto
simili.
«Sì, lo porto sempre. Il direttore del convitto
pensa che cammini da solo.»
«Sapendo che nel Maine fa freddo ho pensato di
regalartelo.» Maggie si chiese chi
fosse il direttore del convitto di Anna, come fossero il
dormitorio, le lezioni, gli amici. Era davvero orribile sentirsi
tagliati fuori dalla vita di sua figlia. Era come non avere un
braccio o una gamba, ma nessuno lo sapeva. Vista da fuori, Maggie
sembrava completa, ma dentro di lei sapeva che non era così.
Non avrei mai immaginato di
sentirmi così.
«A proposito, congratulazioni per il tuo secondo
matrimonio.»
«Grazie.» Maggie pensò
che Anna lo sapesse dalle lettere. Non sapeva se Anna si sentisse a
proprio agio all’idea che lei si fosse risposata, ma non sembrava
contrariata. «Noah è una persona
molto in gamba, è un allergologo pediatrico. Io lavoro part time
nel suo studio, faccio le fatture, e ho un figliastro, Caleb, che
ha dieci anni.»
«Mi sembra bellissimo.»
«E lo è» disse Maggie,
pensandolo davvero. Era molto felice con Noah, una persona
affettuosa, brillante e affidabile. Era diventato un padre single
dopo la morte della prima moglie quattro anni prima per un tumore
alle ovaie. Maggie l’aveva conosciuto in palestra, si erano
innamorati e si erano sposati due anni dopo essersi conosciuti. E
Maggie adorava Caleb, un bambino di dieci anni intelligente anche
se un po’ timido, per via della sua disprassia, un disturbo del
linguaggio.
«Caleb è troppo carino e... Oh-oh. Mi sono fatta
sgamare» mormorò Anna.
«Ti tengo d’occhio su
facebook.»
«Ah! Faccio la stessa cosa anch’io!» Maggie scoppiò a ridere, felice. Aveva pensato
spesso di inviare una richiesta di amicizia ad Anna, ma non sapeva
che cosa avesse detto Anna di sua madre agli amici.
La mia piccolina starebbe
meglio senza di me.
Anna si schiarì la voce.
«Comunque, è meglio se arrivo al
punto. Mi chiedevo se ti andrebbe, tipo, di vederci, magari. Voglio
dire, a cena o qualcosa di simile. Qui o in
Pennsylvania.»
«Mi piacerebbe tantissimo!» Maggie
si mise una mano sugli occhi. Era più di quanto avesse sperato.
«Vengo io da te così è più facile!
Quando vuoi, dove vuoi, scegli tu!»
«Ehm, va bene, che ne dici di venerdì sera a
cena?»
«Questa settimana?»
Maggie balzò in piedi, entusiasta. «Certo, nessun problema! Sono
contentissima!»
«Fico!» Anna sembrava
contenta. «Non sapevo se ti avrebbe
fatto piacere. Papà ha detto che non avresti voluto.»
«Ma certo che voglio!»
Maggie aveva resistito all’impulso di stroncare Florian. Stava
cercando di essere una persona migliore, come le aveva detto il suo
vecchio psicoterapeuta. Quell’atteggiamento non l’avrebbe portata
da nessuna parte in ogni caso, a quel punto. Florian le aveva
portato via sua figlia, sfruttando la malattia di lei a proprio
vantaggio.
A volte desidero farmi del
male.
«Sono contenta di avertelo chiesto, sai? E mi
piacerebbe sapere che cos’è successo. A te, voglio
dire.»
«Certamente.» Maggie
avvampò. Il suo senso di vergogna era sempre lì, sotto la
superficie della pelle, come uno strato di carne viva.
«Anna, ti dirò tutto quello che vuoi
sapere. Avrai sicuramente molte domande e meriti delle risposte da
me.»
«Okay. C’è un posto in città che fa piatti
vegetariani, va bene per te?»
«La cucina vegetariana è perfetta!» A Maggie sembrava di toccare il cielo con un dito.
«Anna, sei stata bravissima a fare
questa telefonata. Non dev’essere stato facile. Sei molto
coraggiosa.»
«Oh, grazie. Ti mando un messaggio con l’indirizzo
del ristorante. Okay, ciao, mamma.»
‘Mamma.’ Maggie si commosse
di nuovo. «Ciao,
tesoro.»
A volte penso di fare del
male alla mia bambina.
Maggie chiuse la chiamata, si
alzò in piedi di scatto e batté le mani. «Noah!» gridò,
correndo verso la porta sul retro.