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Le ragioni erano due, ognuna importante quanto l’altra. La prima era una considerazione pratica. Victor aveva fatto un accordo con la donna armena e lo avrebbe rispettato. Non sapeva ancora in che parte dell’edificio si trovasse (e non aveva neanche la certezza che si trovasse al suo interno), trovarla e improvvisare una fuga mentre il cadavere di Rados giaceva in attesa di essere scoperto non era un piano accettabile.

La seconda ragione era che se anche Victor avesse saputo dove trovarla, Londra aveva annullato l’incarico. Rados non era più un bersaglio. Era solo un uomo, sebbene Victor non avesse mai incontrato un individuo più ripugnante, ma Victor era ben consapevole di non avere l’autorità morale per giudicare nessuno.

Uccideva solo chi era pagato per uccidere e chi era necessario uccidere, e siccome Rados non era nessuno dei due, sarebbe sopravvissuto alla conversazione.

«Mi guardi in modo diverso» disse Rados.

«Anche lei mi guarda in modo diverso.»

«Qualcosa è cambiato tra noi, e mi piacerebbe sapere di cosa si tratta.»

«Forse prima non ci conoscevamo veramente, mentre ora sì.»

Rados ci pensò su. «Può darsi.»

«O magari,» disse Victor «è perché abbiamo cambiato idea sul fatto di uccidere l’altro.»

Rados ridacchiò. «Questo sembra molto più probabile. E visto che finalmente abbiamo superato questo importantissimo ostacolo, possiamo essere veri amici e non semplicemente amichevoli.»

«Non ho mai avuto un vero amico» disse Victor.

«Mai?»

«Forse uno o due pensavo lo fossero, ma possiamo essere veramente amici di qualcuno che non ci conosce davvero?»

Rados scosse la testa. «Questo è esattamente il motivo per cui noi possiamo essere amici. E come simbolo della mia amicizia, puoi scegliere per primo una qualsiasi delle donne. Da tenere, se vuoi.»

«Da tenere?»

Rados sorrise. «Sì, da tenere, perché non solo sei mio amico, ma mi hai anche salvato la vita in quei boschi. Pensi che io non lo apprezzi? Pensi che io non ricompensi un servizio del genere?»

«Non è quello che volevo dire. Cosa intende dicendo che posso tenere una delle donne?»

Rados disse: «Intendo che se c’è una ragazza che ti piace, puoi averla tutta per te. Puoi averla a tuo uso esclusivo. Potresti venderla. Puoi portarla via per farla vivere con te. O puoi persino farla conoscere a tua madre, se vuoi.» Sorrise.

Anche Victor sorrise, pensando che non avrebbe nemmeno avuto bisogno della sua pistola nascosta; non avrebbe nemmeno dovuto evitare le guardie di sicurezza. Non era necessaria alcuna violenza. Poteva uscire dalla porta d’ingresso con lei, non solo senza ostacoli, ma persino incoraggiato a farlo.

«Non so cosa dire» fu tutto quello che riuscì a rispondere.

«Le parole sono prive di significato» disse Rados. «Lo sappiamo entrambi. Ricorda, è ciò che facciamo, non ciò che diciamo, che ci definisce. Scegli una qualsiasi delle ragazze che si trovano qui. È tua.»

«È incredibilmente gentile» disse Victor. «Grazie.»

Rados scosse la testa. «Non voglio che mi ringrazi. Questo è il mio regalo per te. Questo è il mio ringraziamento personale. Questo è ciò che sono.»

Victor annuì in segno di comprensione. Disse: «Le donne che si trovano qui sono tutte bellissime, ma forse non sono stato chiaro in precedenza. Sono il tipo d’uomo a cui piace la familiarità. Spero che questo non la offenda.»

Rados prese una mela dalla fruttiera e aprì il suo coltellino per pelarla. Riusciva a tenere la mela nella mano sinistra, ma con dolore. C’era qualcosa nella sua espressione che Victor non riusciva a decifrare.

Rados disse: «Immagino che tu stia parlando della donna armena, Eva.»

Eva.

«Sì...» disse Victor. «Intendo proprio lei.»

Rados continuò a pelare la mela con piccoli movimenti impacciati. «Sfortunatamente, non le è stato possibile unirsi a noi stasera. Ma, familiarità o no, sono sicuro che una di quelle creature celestiali potrà fare al caso tuo.»

«Cosa intende che lei, Eva, non può unirsi a noi stasera?»

«So che avevi richiesto lei, ma temo di doverti deludere. Ho tentato di farla venire, ovviamente, come da tuo desiderio, e ho fatto del mio meglio.» Si fermò, sospirando. «Senti, avremmo dovuto sapere che non potevamo fidarci di lei dopo essersene andata la prima volta. Ma non mi ero reso conto di quanto potesse essere imprevedibile.»

«Cosa sta tentando di dirmi?»

Rados disse: «Il mio amico, il signor Dilas, ha la mano pesante con le donne, anche se non sembra il tipo, e lei ha reagito male. C’è stata una lite.»

«Dove si trova lei adesso?»

Rados sospirò. Appoggiò il coltellino e la mela vicino al decanter. «Che importa? Non sarebbe stata adatta a te nemmeno se si fosse comportata in modo impeccabile. Il suo fiore era appassito. Un peccato, ma succede alla fine. Puoi trovare familiarità con un’altra.»

«Dove si trova?» chiese Victor di nuovo, incapace di controllare il tono della sua voce.

Rados fece un movimento fluttuante con la mano. «Ci ha lasciati per dedicarsi alle politiche ambientali.»

«Dove

«Sta aiutando la foresta a rimanere di un verde intenso.»

Victor era immobile, come non lo era mai stato prima.

«Un cattivo comportamento si può tollerare solo fino a un certo punto,» spiegò Rados «prima che quel cattivo comportamento si rifletta su di te, e la tua tolleranza diventi debolezza. La quale di per sé è intollerabile. Non sono Marco Aurelio, dopotutto.»

Rados si alzò e aprì il cassetto di un armadietto che si trovava vicino al camino. «È strano. Aveva addosso una pistola.» Estrasse la Five-seveN di Victor dal cassetto. «Una bella arma, vero? Vuota, fortunatamente. L’ha agitata davanti a sé prima di essere sopraffatta. Ha anche tentato di inventarsi che gliel’avessi data tu. Se non avessi rischiato la tua vita per proteggere la mia nella foresta, avrei potuto crederle, ma le persone direbbero qualsiasi cosa pur di salvarsi, non è vero? Sono certo che tu lo sappia meglio di chiunque altro. Posso solo supporre che l’abbia rubata a uno dei clienti. Ho provato a pensare a chi potesse essere così ben armato. È un fatto curioso, no?»

Posò la pistola vicino alla caraffa di brandy.

Lo sguardo di Victor rimase fisso sull’arma. Un’immagine gli passò per la testa: Eva che puntava la pistola in un atto disperato, sapendo che era vuota, sperando che la minaccia fosse sufficiente, ma sapendo che non l’avrebbe salvata.

Rados lo osservò. «Mi dispiace che tu l’abbia presa male. Non mi ero reso conto che fossi così affezionato a lei. La dimenticherai presto. Ammettiamolo, per te non era altro che qualcuno da usare.»

Farò in modo che nessuno ti faccia più del male.

Rados disse: «Hai l’aria di uno a cui farebbe bene un altro drink.»

Prese il bicchiere di Victor per versare altro brandy, faticando come poco prima.

Victor lo raggiunse al decanter. «Noi siamo uguali, giusto?»

Rados non era sicuro del suo tono, ma annuì comunque.

Mise la mano sana sulla spalla di Victor. «È per questo che andiamo così d’accordo.»

Anche Victor annuì, poi afferrò il coltellino di Rados dal vassoio d’argento e lo pugnalò all’addome, spingendo la lama in profondità, fino a quando la sua stessa mano gli impedì di affondare ulteriormente.

La lama era corta ma affilata. Aveva perforato l’intestino tenue e reciso l’aorta addominale al di là di esso. Victor ruotò l’arma mentre la estraeva.

Rados cadde in ginocchio, rantolando; lo shock lo paralizzava quanto il dolore; afferrò la giacca di Victor con l’unica mano che poteva usare nel vano tentativo di restare in piedi. Victor si abbassò a sua volta, fino a quando la stretta di Rados cedette e lui crollò a terra sulla schiena. In pochi secondi la sua camicia e la sua cravatta bianca furono intrise di sangue. Un’esalazione profonda gli sfuggì dalle labbra.

Victor si inginocchiò al suo fianco. «Non ti ho pugnalato al cuore, perché voglio che tu sappia che stai per morire. Voglio che tu provi la sensazione di morire.»

La testa di Rados si rovesciò all’indietro. La sua pelle era diventata bianca come lo erano state la camicia e la cravatta. I suoi occhi si chiusero.

«No» disse Victor. «Non morire ancora. Apri gli occhi. Guardami. Guardami.»

Rados lo fece, le palpebre fremevano mentre la morte si avvicinava, ma era ancora cosciente, ancora vigile.

«Bene» disse Victor. «Ora la mia faccia sarà l’ultima cosa al mondo che vedrai.»

Gli occhi di Rados si chiusero per l’ultima volta e Victor si alzò e si allontanò dalla pozza di sangue in espansione. Prese la Five-seveN dal punto in cui Rados l’aveva lasciata, infilò il caricatore strappandolo da uno dei polsi, e montò il silenziatore prendendolo dall’altro polso.

Trovò Dilas fuori, da solo, mentre si godeva una sigaretta sulla terrazza, mentre osservava le montagne illuminate dalla luna in lontananza. Dilas sentì i passi sul pavimento in pietra, sorridendo inizialmente perché si stava godendo la festa e gradiva avere compagnia, ma poi si accigliò perché vide l’espressione di Victor mentre affiorava dalle ombre.

Dilas disse: «Perché hai l’aria così seria?»

Victor gli sparò cinque volte al petto.