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Durante la prima notte nell’appartamento Victor non dormì.

Restò sveglio fino all’alba, passando il tempo a leggere la traduzione in serbo di un romanzo che aveva già letto. Era un aiuto per le sue abilità linguistiche. Passò la notte seduto sul divano, interrompendo la lettura a ogni suono che riecheggiava e si diffondeva attraverso il vecchio edificio. Il fatto che l’appartamento vicino fosse vuoto amplificava il ticchettare delle tubature e il rumore delle scarpe. Lasciò tutte le porte completamente aperte, facendole aderire ai muri, per aumentare la sua percezione dei suoni e per fare in modo che nessun nemico potesse nascondersi dietro di esse.

Da molti anni Victor non dormiva come una persona normale. La notte era il momento più pericoloso. Gli assassini la prediligevano per operare, sia per potersi nascondere, sia per cogliere di sorpresa i loro bersagli. Essendo in egual misura assassino e bersaglio, Victor riposava al mattino se poteva scegliere, o nel pomeriggio se quella scelta veniva compromessa, e di sera come ultima possibilità. Il lasso di tempo tra la mezzanotte e l’alba era il momento migliore per cacciare ed essere cacciato.

Quando dentro l’appartamento era filtrata abbastanza luce da riuscire a vedere la peluria bionda sul dorso delle sue mani, appoggiò il romanzo sul pavimento vicino al divano, si mise comodo e dormì.

Quando si svegliò pochi minuti dopo mezzogiorno, non ricordava se avesse sognato o meno. Rimase sdraiato per qualche minuto, in ascolto. Non identificò alcun suono che suggerisse la presenza di un nemico, e non registrò nessuna reazione fisiologica che lo avvertisse che il suo subconscio aveva preso coscienza di un pericolo mentre i suoi sensi erano compromessi.

Soddisfatto si mise seduto sul divano e respirò l’aria fredda. Rabbrividendo si strofinò le braccia per far penetrare un po’ di calore. Aveva dormito senza la comodità e la costrizione delle lenzuola, e il suo completo non costituiva una protezione contro l’ambiente gelido.

Si svegliò vigile e ristorato perché conosceva il suo corpo e il riposo di cui aveva bisogno, così come il suo corpo si era abituato ai suoi ritmi sonno e veglia. In ogni caso si preparò un caffè, perché molto tempo prima era diventata un’abitudine che, necessaria o no, gli piaceva, e i piccoli vizi rendevano la vita degna di essere vissuta. Una volta, durante la convalescenza per lacerazioni multiple, causate da un coltello da combattimento affinato artigianalmente, aveva letto che i bevitori di caffè vivevano più a lungo.

Scostò una tendina quanto bastava per sbirciare fuori. Guardando a nord poteva vedere il Danubio e la sponda opposta. Da qualche parte nella grigia foschia delle nuvole invernali, un aereo attraversava il cielo. Container di merci, sbiaditi dal sole e arrugginiti, erano impilati su una chiatta che scorreva lentamente lungo il fiume in direzione del porto. I gabbiani riposavano in cima ai container pulendosi le ali. Facendo affidamento solo sulla sua vista non poteva esserne certo, ma sembrava che la più vicina postazione per un cecchino fosse a settecento metri di distanza. Se fosse stato abbastanza fortunato, e fosse riuscito ad avvistare il lampo, avrebbe avuto due terzi di secondo per spostarsi, prima che il colpo ad alta velocità infrangesse il vetro e lo uccidesse. Se non avesse visto il lampo sarebbe morto prima che i pezzi di vetro toccassero le assi del pavimento.

Victor si sfregò le mani ed espirò, guardando il vapore condensarsi sul vetro freddo della finestra. Non aprì la finestra. Le precauzioni, per quanto fossero piccole e insignificanti se prese da sole, lavoravano in congiunzione le une con le altre, sviluppandosi e combinandosi per formare uno schema di comportamento che gli aveva salvato la vita in precedenza e che poteva funzionare ancora.

Si allontanò dalla finestra poco dopo, nel caso ci fosse stato un tiratore scelto pronto a sparare dall’altro lato del fiume.

Si lavò e applicò un nuovo bendaggio alla coscia, bruciando quello vecchio nel lavandino della cucina. La ferita stava guarendo bene. Faceva ancora male ma non era debilitante.

La porta d’ingresso aveva due serrature di qualità, ma il proprietario sicuramente aveva il suo set personale di chiavi, nonostante avesse rassicurato Victor del contrario. Aveva dormito usando il divano per sbarrare la porta, e una volta vestito trovò un fabbro e cambiò le serrature con il modello più sicuro disponibile. Il proprietario non sarebbe stato contento quando fosse andato a ispezionare la proprietà un mese dopo, ma Victor per allora se ne sarebbe già andato senza lasciare traccia, oppure avrebbe reinstallato le serrature originali la mattina dell’ispezione.

Una volta che la nuova serratura fu installata, cominciò a mettere in sicurezza il resto dell’appartamento. Rimpiazzare le finestre con dei vetri antisfondamento non era un’opzione pratica, ma l’altezza dal suolo avrebbe reso impraticabile entrare attraverso le finestre. Non impossibile, perché Victor sapeva che avrebbe potuto scalare la facciata esterna, e anche se la sua forza e le sue abilità di arrampicatore erano eccezionali, ce n’erano altri come lui là fuori. La moltitudine di cicatrici nascosta sotto ai suoi vestiti ne era la prova.

L’appartamento si trovava sul lato nord dell’edificio. Non era l’ideale, avrebbe preferito che la luce diretta del sole brillasse sulle finestre per la maggior parte del giorno, creando un riflesso, così da rendere più difficile il lavoro di osservatori o cecchini. Lo aveva preso comunque perché bisognava sempre fare dei compromessi, e gli altri vantaggi dell’appartamento controbilanciavano questa imperfezione.

Il proprietario aveva suggerito a Victor di comprare qualche tappeto spesso perché le nude assi del pavimento sarebbero state fredde sotto i piedi, e sebbene avesse concordato che era una buona idea, non aveva alcuna intenzione di aggiungere degli elementi ovattanti alla sua ottima linea di difesa. Alcuni anni prima, quando alloggiava in un’unica sistemazione, aveva emulato i signori giapponesi del Medioevo utilizzando delle assi del pavimento ‘usignolo’ che cantavano quando qualcuno ci camminava sopra, per proteggersi dagli assassini come i daimyo si erano protetti dai ninja. Una pavimentazione rigida e levigata era una via di mezzo accettabile. Il rumore dei passi si sarebbe sentito indistintamente, a meno che l’intruso si fosse tolto le scarpe o gli stivali, ma in quel caso, con le sole calze o a piedi nudi, avrebbe perso l’aderenza al pavimento.

Con i suoi nuovi strumenti Victor si mise sul pavimento e cominciò a sollevare le assi in punti strategici: davanti alla porta d’ingresso, sotto le finestre e sulla soglia di ogni entrata. Anche senza la libertà di sostituire la pavimentazione, poteva creare una gamma di suoni che gli avrebbe consentito di identificare la precisa posizione di un nemico dal tipo di suono che raggiungeva le sue orecchie; qualsiasi sistema di allarme era meglio di nessuno.

Le videocamere di qualità erano abbastanza facili da reperire attraverso canali legali, e ne installò una per ogni finestra e ogni porta dell’appartamento. Come le serrature sostitutive, anch’esse potevano essere rimosse prima del ritorno del proprietario. Non poteva nasconderle senza un considerevole lavoro, che avrebbe procurato buchi nei muri o nel soffitto, ma nessuno avrebbe scoperto le telecamere a meno che avesse fatto irruzione. In tal caso non avrebbe avuto importanza, perché o sarebbero riusciti a ucciderlo o sarebbero morti.

Le telecamere, commercializzate per controlli a distanza, avevano un sistema wireless a lungo raggio. Anche con le ostruzioni della spessa edilizia serba, inviavano delle chiare immagini a venticinque fotogrammi al secondo al portatile che Victor aveva acquistato per ricevere i segnali, fungendo da centro di sicurezza. Lo teneva sempre sul divano. Aveva scelto il modello con la batteria di maggiore durata in caso di blackout. Le stesse telecamere avevano dei sensori che si attivavano con il movimento, quindi consumavano una quantità di energia insignificante. Sarebbero durate molto più del necessario.

Il piano interrato dell’edificio era umido e ammuffito come aveva detto il proprietario, ma disponeva di un considerevole spazio, e il proprietario lo stava utilizzando per immagazzinare una moltitudine di oggetti che non erano suscettibili al danneggiamento dell’acqua: latte di vernice, pennelli sintetici, rulli, sacchi di cemento e altro materiale edile. C’erano anche ammassi di scatole di cartone marcite, legname e mobili in legno.

Usò una torcia per farsi strada attraverso il piano interrato, cercando un posto in cui nascondere il suo zaino impermeabile che portava in spalla. Sentì il sommesso sgocciolio di un tubo rotto, a un ritmo costante di tre secondi. Goccia. Uno. Due. Tre. Goccia.

La catasta di latte di vernice avrebbe fornito la copertura perfetta, ma non conosceva lo stato degli altri appartamenti. Gli imbianchini sarebbero potuti arrivare il giorno dopo per iniziare a lavorare in un appartamento liberato di recente.

Optò quindi per nascondere lo zaino in uno spazio stretto tra alcune scatole marcite e un vecchio tavolo da pranzo con sedie. Un osservatore scrupoloso avrebbe potuto notare il nascondiglio se lo avesse cercato, ma chiunque scendesse per accedere alla vernice e ai pennelli (ovvero il rischio maggiore), sarebbe rimasto all’oscuro della sua presenza.

Lo zaino e il suo contenuto costituivano una borsa da viaggio a cui Victor poteva accedere senza ritornare all’appartamento, nell’eventualità che si rendesse necessario partire in fretta da Belgrado. In tale evenienza, la borsa da viaggio conteneva un passaporto e documenti accompagnatori per permettergli di attraversare i confini, cinquemila dollari in un pacchetto avvolto nel cellophane, e un Tag Heuer in titanio da scambiare per denaro contante, oltre a un kit da barba, un deodorante e salviette per il viso. Le ultime non sarebbero state utili se fosse stato ricoperto di sangue, ma non avrebbe tentato di passare attraverso la sicurezza aeroportuale in uno stato simile. Il kit da toeletta sarebbe comunque servito a prevenire l’odore corporeo e un viso madido di sudore, i quali avrebbero sicuramente attirato l’attenzione. Si faceva crescere la barba tra un lavoro e l’altro, così poteva radersi se aveva bisogno di cambiare aspetto. La barba cambiava l’intera forma del viso, e la sua presenza o assenza faceva una notevole differenza nella possibilità di essere avvistato dai nemici o dalle autorità. Stiamo cercando un uomo: alto, capelli scuri, barba.

Non c’erano armi perché non ne aveva ancora nessuna a disposizione e una borsa da viaggio serviva per fuggire, non per lottare. Se l’avesse afferrata e fosse finito direttamente nelle mani della polizia sarebbe stato pulito. Avrebbero potuto insospettirsi per il contenuto se lo avessero perquisito, ma sarebbe stato in guai molto più grossi se gli avessero trovato addosso un’arma da fuoco.

Con il suo rifugio sicuro, e la sua borsa da viaggio nascosta, poteva rivolgere la sua attenzione alla parte successiva della preparazione.

Era il momento di raccogliere informazioni.