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L’assassino dai capelli brizzolati era stato astuto nell’ingannare Victor, ma aveva commesso un errore nella scelta dell’arma. Era una Glock automatica a canna lunga, resa ancora più lunga dal silenziatore. All’interno di un’area con confini così ravvicinati, tutta quella lunghezza rallentava l’acquisizione del bersaglio. Più corta è la pistola, più veloce è la mira.

Nel momento in cui la canna della pistola oscillò nella sua direzione, Victor era abbastanza vicino da disarmare l’assassino, colpì la parte interna del suo polso, per produrre una scossa e indebolire la presa della mano, prima di liberare l’arma con una botta. La pistola rimbalzò sulla panca imbottita e scivolò sotto al tavolino della cabina.

Victor tentò nuovamente un affondo con il coltello, ma l’assassino riuscì a schivarlo con uno slancio, e finì per scontrarsi contro la porta chiusa. Il movimento oscillatorio del treno fece barcollare Victor, che dovette lasciar cadere il coltello per usare il palmo della mano come freno e perno per ruotare su sé stesso, in tempo per allontanare una gomitata indirizzata alla sua nuca.

Sebbene fosse di statura più bassa e avesse qualche anno in più, l’assassino era il più forte tra i due. Piantò la sua mano sinistra libera nel fianco di Victor, comprimendogli le costole e facendo uscire tutta l’aria dai polmoni per interrompere qualsiasi tentativo di un corpo a corpo, il che lo costrinse ad allontanarsi per la potenza del colpo inferto e per il dolore lancinante.

Anche senza il pavimento instabile, che minacciava il suo equilibrio precario, lo spazio non era sufficiente per creare una distanza di sicurezza e concedersi un istante per riprendersi. L’assassino ne approfittò scagliando una raffica di colpi.

Victor si accucciò, con la mano sinistra faceva presa sulla sua nuca cosicché il braccio ripiegato proteggeva il lato della faccia e della testa, mentre la sua mano destra era aggrappata al polso sinistro, in modo che l’avambraccio facesse da scudo alla parte bassa del viso. L’assassino tentò di sferrare pugni e gomitate attraverso quelle difese, ma colpì soltanto la parte solida del cranio, arrecando più danni alle sue nocche che alla testa di Victor.

L’assassino tentò un montante (l’unico modo per oltrepassare la sua difesa), ma era un colpo inevitabile e Victor sapeva che sarebbe arrivato. Lo bloccò chiudendo insieme i gomiti con uno scatto e afferrando il pugno al loro interno, ma lo rilasciò dopo una frazione di secondo perché la mossa lo lasciava scoperto alla mano libera dell’assassino.

In ogni caso non la usò per attaccarlo, raccolse invece il coltello da burro che Victor aveva gettato e che era atterrato alla sua portata sulla panca imbottita.

Un coltello da combattimento con la punta affilata avrebbe costretto Victor a schivarlo, ma un fendente al polso interno o al collo con una lama dalla punta smussata non sarebbe penetrato abbastanza per recidere nemmeno le arterie più delicate. Solo un affondo diretto eseguito con un’enorme forza avrebbe rappresentato un rischio reale, e l’assassino scelse questa opzione, mirando all’inguine di Victor.

La lama scintillò inarcandosi velocemente verso l’alto. Noncurante della punta del coltello, Victor intercettò l’attacco con l’avambraccio, ma si rese conto che si trattava di una finta per aprire la sua difesa solo nel momento in cui l’assassino lo spinse all’indietro con forza.

Victor colpì il tavolino con la parte bassa della schiena, mentre il resto del corpo continuava a ricadere all’indietro, finché la sua testa non andò a sbattere contro il finestrino della cabina. Vide le stelle e i suoi sensi vacillarono. Ma aveva ancora l’istinto di disfarsi del suo aggressore, afferrò la parte interna della sua coscia con il tallone prima che potesse approfittarsi della sua vulnerabilità.

Dalle labbra dell’assassino sfuggì un grugnito (il primo rumore che avesse emesso) e nel sentirlo Victor trovò la carica per spingersi in avanti e far atterrare una gomitata.

Aveva colpito la mandibola e la testa dell’assassino che si girò dalla parte opposta con un altro grugnito.

Con la visuale sfocata, ma sapendo che era in vantaggio, Victor scagliò una serie di colpi veloci per impedire all’assassino di riprendersi.

La raffica funzionò, costringendo l’assassino a restare sulla difensiva, consentendo a Victor di posizionarsi e condurre il nemico nello stato in cui lo voleva: sopraffatto e concentrato nel bloccaggio, così da non aspettarsi la presa al collo finché non fosse stato troppo tardi.

Quattro carrozze più in là, Leonard Fletcher aveva ingoiato un pezzo di bistecca ben cotta decisamente troppo grande per avere una ragionevole possibilità di deglutirlo. In venti secondi un commensale preoccupato, avendo sentito Fletcher soffocare, premette l’allarme di emergenza.

In risposta il macchinista disattivò l’acceleratore e mise in funzione i freni. Il treno era vecchio e parte della sua meccanica obsoleta, ma il livello di manutenzione era impeccabile. Il metallo stridette e le scintille illuminarono la notte, mentre le diverse centinaia di tonnellate del treno in movimento deceleravano rapidamente.

L’improvviso cambiamento durante lo slancio fece perdere a Victor l’adesione al pavimento e cadde attraverso l’ingresso aperto del bagno, urtando il lavandino prima di crollare a terra.

L’assassino urtò contro la porta e si inginocchiò. Ignorò Victor bocconi sul pavimento del bagno e cercò di prendere la pistola caduta, che ora si trovava vicino e ben in vista, dopo essere scivolata da sotto il tavolino.

Per raggiungerla, voltò le spalle a Victor, che si lanciò attraverso la porta contro la schiena dell’assassino, il quale riuscì a girarsi mentre entrambi si inclinavano in avanti e impugnò la pistola pronta a far fuoco.

Victor agguantò il silenziatore prima che lo potesse puntare alla sua faccia, e per un momento rimasero come congelati in quel groviglio sul pavimento della cabina, mentre lottavano per il controllo dell’arma. L’assassino poteva essere più forte, ma Victor era sopra di lui e la gravità giocava a suo favore.

Nessuna situazione di stallo poteva durare per sempre, e Victor sentiva che l’assassino cominciava a indebolirsi sotto di lui. Mentre lui respirava duramente per lo sforzo, l’assassino rantolava.

Il braccio dell’assassino cominciò a tremare. La sua faccia divenne rossa. Presto, pensò Victor.

Anche il suo nemico lo sapeva, e i suoi occhi, che fino a quel momento erano fissi su quelli di Victor, guizzarono prima a sinistra e poi a destra, osservando, cercando.

Si spalancarono. L’assassino lasciò la presa della pistola e divincolò il braccio, mentre Victor liberava l’arma dalla mano. Girò la pistola, afferrandola con il palmo, fece scivolare l’indice sul grilletto, direzionando la canna in basso verso la faccia dell’assassino, e...

Lo attraversò una terribile ondata di agonia, mentre l’assassino conficcava il coltello da burro dentro la sua coscia. La punta arrotondata non penetrò fino in fondo alla carne, ma il colpo era stato inferto con dovizia per raggiungere il nervo femorale.

Lo stupore e il dolore incredibile costrinsero Victor a balzare indietro e allontanarsi dal nemico, il suo sistema nervoso centrale era sovraccaricato in un vortice di segnali elettrici, e tutti i pensieri relativi alla pistola e all’uccisione della minaccia erano superati dall’istinto primordiale di fuggire.

Si rese conto che la pistola gli era sfuggita di mano mentre si rimetteva in piedi confusamente, l’esplosione del dolore fu di breve durata e si dissolse.

L’assassino, affaticato, non si era rimesso in piedi molto più velocemente di Victor, e i due si stavano guardando reciprocamente attraverso la piccola cabina, mentre un annuncio risuonò attraverso il sistema di avviso passeggeri.

I due uomini erano separati da meno di due metri. L’assassino teneva ancora in mano il coltello, un centimetro della lama era ora macchiato con il sangue di Victor. La pistola era tra di loro, ma più vicina a Victor. Se avesse tentato di prenderla, l’avrebbe impugnata prima dell’assassino, ma Victor sarebbe stato veloce abbastanza per puntarla e sparare prima di essere pugnalato nuovamente?

Capì che l’assassino si stava ponendo la stessa domanda.

Il treno rallentò fino a fermarsi.

«Parli il russo?» chiese Victor.

L’assassino non rispose, ma i suoi occhi dicevano che lo parlava.

«Quindi hai compreso l’annuncio. Stanno cercando qualcuno con conoscenze mediche che vada nella carrozza ristorante. Qualcuno è nei guai. Hanno bisogno di aiuto.»

L’assassino non rispose. Spostava lo sguardo dalla pistola agli occhi di Victor.

«Questo è il motivo per cui il treno si sta fermando» continuò Victor. «Le autorità arriveranno, la polizia. Vuoi finire in una prigione russa? Io no.»

«Cosa stai dicendo?»

Il russo dell’assassino era eccellente, ma Victor riconobbe l’accento tedesco dietro di esso.

«Qualunque fosse la tua scappatoia, non avevi preso in considerazione la polizia sul treno mentre tentavi di svignartela. Se tenti di scendere prima che arrivino, troverai un deserto ricoperto di neve in ogni direzione. È sottozero lì fuori. Morirai prima di metterti in salvo.»

«Cosa te ne importa se muoio congelato o finisco in prigione?» chiese il tedesco.

«Sei un professionista» disse Victor. «Non mi odi. Sei stato ingaggiato per uccidermi. Sono un lavoro. Niente di più.»

«Quindi?»

«Quindi il lavoro è finito. Perché anche se fossi tu quello a uscire da questa cabina al mio posto, non andresti da nessuna parte. Non valgo una vita in prigione, e non vale la pena morire congelato per me. Hai fallito, quindi lascia perdere e possiamo andarcene entrambi.»

Non fu necessaria una pausa per riflettere, perché Victor aveva ragione e lo sapevano entrambi.

«Come proponi di fare?» chiese il tedesco, in modo civile e educato, due colleghi che discutono di un problema di lavoro.

«Allungo la mano dietro di me e apro la porta» spiegò Victor. «Nessuno dei due entrerà in azione a quel punto. Non vogliamo testimoni.»

«Corretto» concordò il tedesco annuendo.

«A quel punto darò un calcio alla pistola per farla finire sotto la panca e me ne andrò. Questo ti darà la possibilità di riprendere la tua arma e seguirmi, ovviamente. Ma per allora sarò fuori nel corridoio, sorvegliato dalle telecamere a circuito chiuso.»

Vide il tedesco rifletterci per un momento, prima di scrollare le spalle, accettando il fatto che avrebbe potuto inseguire Victor e portare a termine il suo compito, ma senza speranza di farla franca.

«Quindi, siamo d’accordo?» chiese Victor.

«Okay, accetto la tua proposta» rispose il tedesco. «Non c’è ragione per cui non possiamo comportarci da gentiluomini, da professionisti.»

«Condivido.»

Senza distogliere lo sguardo dal tedesco, Victor allungò la mano sinistra dietro la schiena per aprire la porta. Affluirono immediatamente all’interno aria fresca e rumore.

Victor attese, perché qualsiasi cosa avesse dichiarato l’assassino, non aveva intenzione di fidarsi delle sue parole.

Quando Victor sentì un vociare nella carrozza, mentre altri passeggeri rispondevano all’annuncio uscendo dalle loro cabine per avere maggiori informazioni, diede un calcio alla pistola, che finì sotto la panca.

Un sorriso aleggiava sulle labbra del tedesco, forse perché aveva considerato l’opzione di sparare a Victor comunque e di correre il rischio con le telecamere, ma non era disposto a rischiare di avere anche testimoni oculari.

Il tedesco disse: «Ci rivedremo presto.»

Victor disse: «Non ne dubito» e uscì di schiena dalla cabina.