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Poliziotti. Non si aspettava di essere seguito dalle forze dell’ordine. A Belgrado aveva mantenuto un basso profilo nonostante l’incidente al deposito rottami e ai tizi della tentata rapina che aveva mandato in ospedale. Era impossibile che si fosse lasciato dietro abbastanza prove di attività criminale da aver messo la polizia alle sue calcagna. Questo significava che Rados, con tutti i suoi legami, lo aveva fatto al posto suo.
Non era una sorpresa vera e propria, ma era quantomeno uno sviluppo inaspettato. Anche senza l’avvertimento della donna armena sapeva che Rados non si fidava di lui perché era un nuovo arrivato e un forestiero, ma non aveva previsto che avrebbe messo le risorse della polizia alle sue costole per scoprire di più sul suo conto.
Da quando?
Non avrebbe avuto senso farlo dopo l’affare con gli slovacchi. Rados credeva che Victor lo avesse salvato, e se non lo avesse creduto davvero non ci sarebbe stato alcun motivo per inscenare una finzione. Quindi i poliziotti dovevano aver iniziato a seguirlo da prima, prima che Victor avesse dato prova di sé.
Non aveva visto quei tre prima dell’affare con gli slovacchi, ma potevano esserci diversi poliziotti a pedinarlo. Potevano averlo visto lasciare il Paese o aver assistito al suo ritorno e alla sua conversazione con la donna inglese. Oppure le sue tecniche di contro sorveglianza potevano averli tenuti a distanza fino a quel momento. Non c’era modo di saperlo con certezza.
Victor era tornato all’appartamento dopo un lungo e tortuoso tragitto, in taxi, in autobus e a piedi. Il quartiere era quasi deserto a quell’ora della notte. Erano accese solo alcune misere luci dietro alle finestre, e le auto passavano a minuti di distanza l’una dall’altra. La mancanza di pedoni rendeva più facile prestare attenzione ai nemici, ma significava anche che lui risaltava maggiormente. Un cecchino su un tetto o dietro a una delle finestre scure avrebbe dovuto sparare un semplice colpo.
Non arrivò nessuno sparo e non rilevò alcuna traccia di poliziotti o assassini. Ovviamente era impossibile esserne sicuri, ma questo era il motivo per il quale non faceva affidamento soltanto sulla sua percezione personale come protezione. L’ubicazione, la storia, le tecniche di contro sorveglianza si combinavano per creare una difesa articolata. Poteva essere rintracciato, come dal tedesco sul treno e da Abigail nell’hotel (e come molti altri avevano dimostrato), ma entrambi avevano dovuto rivelarsi per metterlo con le spalle al muro.
Controllò l’orologio e attese nel vicolo in fondo al suo isolato fin quando giunse il momento di spostarsi. L’attesa era lunga, a causa dell’orario, ma era abituato ad aspettare e aveva fatto le sue ricerche. Non c’era bisogno di passare il tempo perché la sua mente era occupata durante ogni singolo secondo, prestando attenzione a ogni visione, suono e odore che potessero avvertirlo di un aggressore in avvicinamento.
Al momento giusto lasciò il vicolo e girò intorno all’isolato fino a quando non arrivò all’angolo della sua strada con l’entrata dell’edificio visibile sotto la luce al sodio del lampione. La porta pesante offriva molta sicurezza ma era anche un vincolo. Se uno o più nemici lo avessero rintracciato e avessero saputo dell’appartamento, potevano essersi appostati attendendo il suo ritorno.
Esponendosi il meno possibile, scansionò l’edificio di fronte (le finestre e il tetto rivolti verso l’entrata principale dell’appartamento). Non vide finestre aperte o forme fuori posto sul parapetto superiore, ma continuò comunque ad aspettare. Non faceva affidamento sulla sua percezione personale.
Non controllò nuovamente l’orologio ma aveva misurato il tempo, e fu sorpreso che l’autobus fosse in ritardo. A quell’ora della notte non c’era quasi più traffico sulle strade per farlo rallentare, quindi si immaginò che qualche altro problema lo avesse fatto tardare (un passeggero ubriaco senza biglietto che discuteva con il conducente).
Lo sentì avvicinarsi prima di voltarsi per vedere quanto fosse lontano, e calcolò la sua velocità: da cinquanta a cinquantacinque chilometri all’ora. Ma avrebbe rallentato una volta giunto a destinazione, aggiungendo altri dieci secondi. Victor doveva coprire una distanza di cinquanta metri, che avrebbe attraversato a sei chilometri all’ora (una passeggiata veloce ma che non avrebbe attirato l’attenzione). Appena il calcolo nella sua testa arrivò a venticinque, si avviò lungo il marciapiede.
Quando si trovò a cinque metri dai gradini che conducevano all’appartamento, l’autobus rallentò fino ad arrestarsi alla fermata, proteggendolo da qualsiasi tiratore scelto nascosto fuori dalla visuale sul tetto dell’edificio di fronte. Aprì la porta principale nel momento in cui le porte dell’autobus si aprirono sibilando, e un uomo scese.
Era giovane, forse sulla ventina, e forse strafatto. I suoi capelli erano dritti e opachi, i suoi vestiti logori. Indossava delle cuffie e si stava accendendo una sigaretta arrotolata prima che le porte dell’autobus si chiudessero dietro di lui. Non era una minaccia.
Victor entrò nell’edificio, passò il resto della notte sveglio e in allerta, si addormentò alle prime luci del mattino.
Il telefono lo svegliò. Guardò il messaggio.
‘Al club. Ora.’
Gli scontri erano già a buon punto quando Victor arrivò. Non rilevò alcun segnale dalla banda di Rados all’esterno o lungo la strada, che suggerisse che qualcosa non andava. Se la loro opinione nei suoi confronti fosse mutata, non credeva sarebbero stati in grado di nasconderlo.
Rados era vestito con un completo elegante, camicia e cravatta. Aveva un aspetto fresco e riposato, senza l’imbracatura per sostenere il braccio sinistro, sembrava in perfetta salute.
«Il mio eroe» disse Rados con un sorriso caloroso.
«Come va il braccio?» chiese Victor.
«Mi resterà una brutta cicatrice. Ma a parte questo, sto bene. Non fa più nemmeno tanto male. Il mio dottore, lo hai incontrato, giusto? È un uomo religioso, e ha detto che gli angeli mi hanno protetto da lassù. Divertente, vero?» Rados continuò: «Si sbaglia, ovviamente. Se sono protetto, è dal principe dell’oscurità in persona.»
«Potrei quasi crederci» ammise Victor.
Rados sorrise. «Ho sentito che stai passando un bel po’ di tempo con la donna armena.»
Victor annuì. «L’ho vista una seconda volta, sì.»
«Ti piace?»
«Si potrebbe dire di sì.»
«Davvero interessante.»
«Mi piace la familiarità» disse Victor.
Rados disse: «Lo terrò a mente. È una cosa curiosa, vero? Perché ci piace ciò che ci piace?»
«Cosa intende?»
«Ci piacciono i dolciumi. Ci piace la carne. Ci piace il grasso. Perché?»
«Semplice. I nostri corpi hanno bisogno di carboidrati, proteine e grassi. Le nostre papille gustative reagiscono ai macronutrienti per farceli mangiare, per farci rimanere in vita.»
Rados si aspettava una risposta simile. «Allora perché l’acqua non ci piace allo stesso modo? Ne abbiamo bisogno come l’aria. Possiamo sopravvivere settimane senza cibo, ma basterebbero pochi giorni senza acqua per non riprenderci più. L’acqua dovrebbe avere il sapore della gioia pura. Perché non è così?»
«Perché non ha mai dovuto competere. Non abbiamo scelta. Acqua per placare la nostra sete, o la morte.»
«Quindi non ci piace sempre ciò di cui abbiamo bisogno. Certe volte non sappiamo cosa ci fa bene. A volte, non avere scelta è stranamente la cosa migliore per noi.»
«È ciò che dice ai suoi uomini per fare in modo che non discutano?» disse Victor.
«Riesci a vedere i miei trucchi con uno sguardo unico.» Rados rise. «Che impegni hai più tardi?»
«Non ho piani.»
«Perfetto» disse Rados. «Mi piacerebbe invitarti a una riunione speciale stasera.»
«Che genere di riunione?»
«Un evento riservato ad amici facoltosi con menti affini. Tengo questo genere di eventi di tanto in tanto per i soci di prestigio.»
«Sono onorato di ricevere un invito.»
«Ti sei guadagnato il tuo posto all’interno della corte del tuo re, dove tesori di ogni sorta possono essere tuoi.»
«Mi piace come suona» disse Victor.
«Ne ero certo. Assicurati di essere vestito per l’occasione.»