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Victor viaggiava leggero. Meno oggetti portava con sé meno cose sul suo conto potevano essere percepite sulla base dei suoi averi. Una piccola valigia, una ventiquattrore o una borsa per la notte, erano i bagagli che prediligeva. Un cambio di vestiti e articoli da toeletta basilari erano tutto ciò di cui aveva bisogno, oltre al suo gel per le mani al silicone. Preferiva cambiarsi d’abito appena possibile. Le cose comprate sul posto nel quale stava operando lo aiutavano a mimetizzarsi tra la gente locale. Etichette straniere sui suoi vestiti rivelavano i suoi spostamenti. Rimuoverle avrebbe fatto sembrare che avesse qualcosa da nascondere. Quando il tempo era limitato o sapeva che si stava dirigendo verso qualche luogo in cui avrebbe avuto difficoltà a trovare l’abbigliamento adeguato, viaggiava con i vestiti di marchi globali disponibili in tutto il mondo.

Si addormentò sul volo perché nessuno lo avrebbe ucciso mentre si trovava su un aereo commerciale. Forse avrebbero potuto far cadere il velivolo per portare a termine l’incarico, ma nessun professionista abbastanza bravo da rappresentare una minaccia sarebbe stato così incosciente da tentare a bordo, e se l’aereo fosse caduto, avrebbe in ogni caso preferito dormire nel frattempo.

Si svegliò un istante prima che l’ombra gli calasse sul viso. I suoi occhi misero a fuoco una donna in tailleur, e per un istante si ritrovò a guardare l’assassina che si era fatta chiamare Abigail. Sbatté le palpebre e il viso cambiò, addolcendosi in quello di una donna più giovane.

«Ehi» disse, cauta e nervosa. «Posso utilizzare il sedile di fianco al tuo? Ho visto che è libero e lo stronzo nel sedile dietro al mio continua a darmi calci alla schiena. Mi spiace averti svegliato, comunque.»

«Non importa» rispose Victor. «Stavo solo sonnecchiando.»

Si spostò sedendosi più a destra. «Certo, accomodati.»

La giovane donna era sovrappeso e impacciata nei movimenti. Si strizzò per superare le sue ginocchia inclinate, e lui per tutto il tempo le guardò le mani. La donna aveva una bottiglietta in plastica di acqua minerale in una mano, e l’altra era chiusa in un pugno. La aprì per agevolare il suo equilibrio, e il bisogno di guardarla scomparve. Non si sedette, cadde letteralmente nel sedile.

Era inizialmente sospettoso che avesse scelto di sedersi di fianco a lui quando c’erano altri sedili disponibili. La sua solita postura ed espressione inviavano segnali sottili che scoraggiavano la maggior parte delle persone a relazionarsi con lui, ma non aveva il controllo di sé stesso mentre dormiva. Sembrava che in quel modo risultasse accessibile.

La giovane donna portò avanti la loro chiacchierata, e sebbene fosse abbastanza piacevole, l’esperienza al Covent Garden Hotel era un solido promemoria che non poteva fidarsi di nessuno, non importava quanto innocente apparisse. Anche se questa donna non era un killer professionista, poteva essere qualche altro tipo di minaccia: qualcuno della polizia, una spia o un osservatore.

«Dov’è la tua borsa?» chiese Victor, perché non aveva mai visto una donna volare senza una pochette, una borsa o altri tipi di bagaglio a mano.

«Nello scomparto sopra il mio sedile. La prenderò appena atterriamo. Se non fossi andata via dal signor Piedone là dietro, avrei fatto qualcosa di cui sicuramente avrei dovuto fingere di pentirmi.»

Victor annuì. Sembrava sincera, e dopo oltre mezz’ora di chiacchiere sul suo mastino tibetano, era contento di poterla archiviare come nient’altro che una civile loquace. Nonostante gli avesse impedito di dormire, lo aveva aiutato a passare il tempo.

Si salutarono mentre sbarcavano dall’aereo, e Victor cominciò a esaminare le facce che attendevano agli arrivi.

Nel terminal faceva caldo e l’aria era opprimente. Fuori era inverno ma il riscaldamento era impostato su un clima tropicale. Donne ricche si portavano dietro i loro cappotti di pelliccia, e i loro mariti sudavano. Victor regolò il suo orologio con il nuovo fuso orario. Aveva pianificato di scambiarlo per contanti (era un Rolex da diecimila dollari) ma non voleva dare al gioielliere o al banco dei pegni un indizio che indicasse da dove proveniva.

Victor ignorò i servizi di auto a noleggio. Belgrado era piccola e il suo sistema di trasporti pubblici era adeguato alle sue esigenze. Noleggiare un’auto avrebbe lasciato una traccia cartacea che preferiva evitare. Prese un taxi per la città e si fece lasciare dal tassista vicino alla Trg Republike, la piazza più rinomata, dove poteva sparire tra i turisti.

Belgrado era fredda e ventosa. Non essere a suo agio gli dava dell’altro vantaggio, e ne era contento, ma la temperatura permetteva alle mani di Victor di mantenere la loro sensibilità anche senza guanti. Molte altre persone indossavano guanti o manopole, il che aveva il beneficio aggiuntivo di aiutarlo a identificare le minacce. Nessun assassino competente indosserebbe guanti spessi o manopole se avesse intenzione di usare una pistola.

Senza conoscere la posizione di Rados, Victor poteva fare ben poco finché non lo avesse trovato. Questo avrebbe richiesto un arco di tempo indeterminato, giorni o persino settimane, a seconda di quanto il serbo si fosse reso irrintracciabile. Victor aveva bisogno di un posto per dormire mentre non dava la caccia al suo obiettivo.

Gli hotel erano la sua scelta di residenza primaria. Offrivano sicurezza e un ragionevole livello di privacy, insieme alla comodità. Per questo lavoro voleva un posto diverso.

I due recenti tentativi di ucciderlo dovevano essere presi in considerazione. Questa volta non poteva contare sul suo anonimato come prima linea di difesa. Ogni lavoro che accettava aumentava la sua esposizione, ma sembrava che il tradimento di Fletcher avesse causato un danno incommensurabile. Aveva numerose identità e pseudonimi, e storie da cui attingere, ma nessuna era invulnerabile, come avevano dimostrato i due assassini.

Victor non voleva lasciare alcuna testimonianza dei suoi spostamenti, e ciò era impossibile in un hotel. Trovare un proprietario privato che fosse felice di accettare contanti senza fare domande non era difficile pagando tre mesi di affitto in anticipo. Era più di quanto avrebbe voluto pagare, perché contraddistinguersi come persona benestante lo rendeva anche facile da ricordare, ma il rischio era bilanciato dal fatto di non dover fornire alcuna documentazione.

L’appartamento occupava l’ultimo piano di una casa cittadina all’interno delle mura della città vecchia. C’era più spazio di quanto avesse bisogno (abbastanza per una famiglia intera), ma gli piaceva il fatto che i suoi passi riecheggiassero distintamente sui pavimenti di legno massiccio dei corridoi e delle scale dell’edificio. L’altro vantaggio (di cui il proprietario si lamentava) era il piano interrato, che non poteva essere affittato a causa dell’umidità. Victor concordò che era un peccato appena notò che il lucchetto che lo proteggeva poteva essere forzato in meno di quindici secondi.

L’edificio era composto da dieci piani di architettura degli ultimi anni del XVIII secolo, in un quartiere costruito per ospitare ricchi mercanti e piccoli aristocratici. Duecento anni dopo era diventato un posto adatto per la residenza temporanea di un assassino. Il proprietario possedeva diversi appartamenti, e li affittava a turisti e a uomini di affari, a cui poteva far pagare un sovrapprezzo per i soggiorni brevi. Victor apprezzava questo fatto. Significava che avrebbe avuto meno vicini di quanti ne avrebbe potuti avere diversamente. Con una spolverata di neve sul terreno e la temperatura che si aggirava intorno allo zero, i residenti temporanei erano anche meno. Al proprietario l’inverno non piaceva per questo motivo, ma con una soddisfazione palese gli spiegò come compensava durante l’estate, quando alzava i prezzi in linea con l’aumento delle temperature.

Era descritto come parzialmente arredato, il che equivaleva a un divano, un tavolino e un letto. C’era una vecchia scatola di cartone che conteneva le stoviglie lasciate in cucina dagli inquilini precedenti, e poco altro a parte la polvere. Il proprietario gli assicurò che l’intero appartamento era stato pulito da personale professionista. Victor annuì.

Lo pagò con una busta piena di contanti. Vedendola l’uomo si leccò le labbra con piacere. Era troppo occupato a calcolare quanto maggior profitto avrebbe guadagnato senza informare l’esattore delle tasse, per considerare che anche il suo nuovo inquilino potesse voler evitare la documentazione cartacea. Preferiva sempre i contanti per le transazioni, ma Victor poteva viaggiare con una quantità limitata per evitare di creare problemi negli aeroporti. Li integrava con orologi costosi e pezzi di gioielleria che potevano essere indossati attraverso i confini senza destare sospetti, per poi rivenderli in cambio di contanti una volta a destinazione. Non tutte le transazioni potevano essere eseguite in contanti, quindi aveva come riserva delle carte di credito prepagate. Non utilizzava mai sul lavoro la manciata di identità affidabili che aveva usato per mantenere conti bancari e per essere registrato come direttore di società di comodo offshore. Diventavano ogni volta più difficili da istituire, e il numero di quelle che manteneva attive era diminuito negli ultimi anni.

«Cos’ha in mente di fare durante il suo soggiorno a Belgrado?» chiese il proprietario una volta che ebbero concluso il loro affare.

«Sto scrivendo un libro. Questa sarà la mia casa-ufficio. Ho bisogno di isolarmi dal mondo per finirlo.»

«Oh» disse il proprietario, sorpreso e deluso di non avere un inquilino più stimolante. «Che tipo di libro sta scrivendo?»

«È una versione romanzata della morte dell’arciduca Ferdinando.»

«Un romanzo storico quindi. Molto interessante. Ne capisce molto di omicidi?»

«Be’» disse Victor. «Dicono di scrivere di ciò che si conosce.»