22
L’insegna all’esterno diceva che si trattava di una famosa kafana. Le sedie in plastica al suo interno dicevano il contrario. Faceva caldo ed era piena di serbi affamati e piuttosto soddisfatti delle mura sporche e dell’arredamento scadente. Il cibo però aveva un aspetto invitante, i piatti erano stracolmi ed erano serviti da una cameriera snella con un’energia smisurata. L’aria era intrisa di carni affumicate e caffè forte.
Victor aveva dormito per la maggior parte della giornata, e aveva passato il resto del tempo cercando in tutti i modi di non pensare alla ragazza dagli occhi blu morta.
Hector era seduto a un tavolo, da solo, a metà di un piatto di involtini di cavolo acido ripieni di carne macinata e riso. Non si accorse che Victor si avvicinava fino a quando non estrasse la sedia davanti a lui. Hector aveva forse quarant’anni, ma ne dimostrava almeno una decina in più.
Non c’era grasso a riempirgli la pelle, e pagava le spese di una vita di fumo e di cattiva alimentazione. Le occhiaie erano nere come le sue iridi.
I capelli erano sottili e diradati a causa della mancanza di proteine e nutrienti.
«Non mi ha portato il brandy» disse Hector rivolgendo uno sguardo alla cameriera. Victor si sistemò sulla sedia in plastica. «Fondamentale per un pasto nutriente.»
Noncurante dell’ironia nel tono di Victor, Hector prese una sigaretta elettronica dalla giacca che aveva appeso sullo schienale della sedia. Il dispositivo sembrava nuovo, ancora lucido e pulito.
«Sto provando a smettere» spiegò Hector.
Victor disse: «Ti farà sentire meglio.»
«Fumi?»
Victor scosse la testa. «Mai fumato?»
Victor scosse nuovamente la testa pensando all’ultima sigaretta che aveva fumato e a quanto magnifico e soddisfacente fosse stato.
«Allora come sai che mi sentirò meglio?»
Victor lo guardò dall’alto in basso. «Puoi sentirti peggio di così?»
Hector si accigliò. «Non ho mai preso un giorno di malattia in tutta la mia vita.»
«Hai mai lavorato un giorno in tutta la tua vita?»
Il cipiglio aumentò, per trasformarsi poi in un largo sorriso. «Trafficare non conta, giusto?»
«No» disse Victor. «Non conta.»
Hector giocherellava con la sigaretta elettronica e aspirò una profonda boccata. Espirò, deluso. «Non è lo stesso se non brucia.»
Victor resistette alla tentazione di sistemare la sua sedia. Non gli piaceva dare la schiena al resto del locale, ma non voleva mostrare che fosse consapevole di essere vulnerabile o che ne fosse preoccupato. Guardò invece Hector negli occhi, perché lui stava guardando lo spazio oltre le spalle di Victor. Il faccendiere era un uomo nervoso, debole e fragile, che aveva a che fare con persone senza scrupoli; lo tolleravano finché fosse loro utile; in un’attività come quella di Victor, che gli faceva guadagnare più nemici che amici, non esistevano veri amici. Le alleanze erano basate solo sul vantaggio reciproco. La lealtà aveva un legame diretto con l’interesse personale.
«Ovunque sia,» disse Victor «devi tirarne fuori il settantacinque percento e nasconderlo altrove.»
Gli occhi di Hector iniettati di sangue si spalancarono per l’incomprensione. «Cosa?»
Victor guardò i capelli unti e i vestiti sporchi e trasandati; l’orologio con il cinturino in plastica e le vecchie scarpe. «Ovviamente non investi molti soldi nel tuo aspetto, ma non lavori gratis. E ho sentito parlare di te, quindi devi essere bravo in quello che fai.»
«Quindi?» rispose Hector, guardingo e insicuro.
«Quindi,» ripeté Victor «hai una scorta segreta da qualche parte... i proventi del tuo trafficare. Ben nascosti e in continua crescita, in attesa che tu li prenda e fugga alle Fiji, per comprare quella casa al mare e fare la bella vita.»
Le labbra di Hector rimasero serrate.
«Se io lo so dopo averti incontrato solo due volte, allora prima o poi se ne renderà conto anche qualcun altro, e ti busseranno nel cuore della notte, e tu gli aprirai perché pensi di conoscerli. Ma non è così. Tu pensi di piacere a loro. Ma non è così. E se sei fortunato, ti punteranno una pistola in faccia, ma alla peggio ti legheranno e cercheranno di convincerti con un paio di pinzette e un taglierino, perché non rinuncerai facilmente ai tuoi risparmi di una vita quando ti chiederanno dove sono. Quindi, quello che sto cercando di dirti è: dividi in due la tua scorta, una parte piccola e una più grande. In questo modo, quando arriverà il momento in cui busseranno, non avrai bisogno di farti tagliuzzare cercando di proteggere il tuo sogno di un domani migliore. Potrai dare loro la scorta minore, e restare intero per andare a prendere la vera scorta.»
Hector non aveva battuto ciglio per tutto il tempo. «Perché mi stai dicendo queste cose?»
Victor alzò le spalle. «Non ne sono completamente sicuro. Ma tifo sempre per i perdenti.»
«Non vuoi la mia scorta?»
«No» disse Victor. «Voglio sapere se hai fatto quello che ti ho chiesto.»
Hector avrebbe dovuto nascondere meglio il suo sollievo, ma Victor non commentò. Gli aveva già dato abbastanza consigli. Hector disse: «Ho un’auto per te.»
«Eccezionale.»
Hector pescò dalla tasca un paio di chiavi e le lasciò cadere sul tavolo. Victor riconobbe dallo stemma che si trattava del portachiavi di una BMW, e che aveva almeno vent’anni.
«È parcheggiata dall’altro lato della strada. Beige.»
«Il mio colore preferito. Cosa mi dici dell’altra richiesta?»
«Ho messo in giro la voce» spiegò Hector. «Niente di troppo ovvio o troppo forzato, ma ho fatto sapere alla gente giusta che conosco un tizio che sa risolvere le situazioni. Alle imprese di questa città non piace usare dei forestieri, giusto perché tu lo sappia.»
«A ogni impresa piace usare dei forestieri per il genere di lavoro in cui sono bravo.»
«Be’, è curioso che tu l’abbia detto.» Hector si guardò intorno per essere sicuro che nessuno stesse ascoltando. Un controllo inutile considerando ciò di cui avevano discusso fino a quel momento, ma aveva da dire qualcosa di più delicato. «È curioso, perché qualcuno è tornato da me. Vogliono incontrarti.»
«Chi vuole incontrarmi?»
Hector scosse la testa. «Niente nomi. Non in questa fase. Mi hai pagato è vero, ma non è la tua città, le persone non ti conoscono come conoscono me. Devo pensare prima a questo.»
«Certo, certo, capisco da che parte stai. Ma ho bisogno di alcune informazioni su chi vuole incontrarmi. È gente che fa sul serio o sono solo dei dilettanti?»
Hector si leccò le labbra spaccate. Annuì. «Decisamente la prima. Puoi incontrarli stanotte.» Gli diede un indirizzo.
«Dove si trova?»
«Un negozio di ricambi. Vicino al porto.»
«Voglio indietro i miei soldi» disse Victor.
«Cosa? Perché dovresti?»
«Perché non mi stai dando niente.»
«Niente rimborsi» disse Hector. «Nessuna formula soddisfatti o rimborsati.»
«Allora mi prenderò la tua scorta» disse Victor. «Tutta. So dove abiti.» Non era vero. «So che la tua scorta è lì. Non potevi sopportare di averla fuori dalla tua portata, vero? Non è molto astuto. Perché non facciamo una gara e vediamo chi dei due riesce ad arrivare per primo? Ma dal tuo sguardo suppongo che tu non nutra molte speranze di seminarmi. Quindi avrai bisogno di qualche rinforzo, giusto? Pensi di riuscire a invocare abbastanza favori e a mettere insieme qualche amico per aiutarti, prima che io trovi la scorta e sparisca dalla circolazione?»
Hector rimaneva in silenzio perché non sapeva cosa dire.
«Ma non deve andare per forza in questo modo» disse Victor. «Sono una persona ragionevole. Mi aspetto che lo sia anche tu. Finora mi hai dato un indirizzo. Il che è un pezzo di niente che mi è costato molti soldi, a meno che tu riesca ad assicurarmi di esserti comportato in modo corretto e che questa persona meriti di essere incontrata. Le persone per cui lavoro non sono delinquenti da strada.»
«Fidati di me.»
«Non è il genere di parole che mi piace sentire.»
«Okay» disse Hector. «Ti dirò la verità»
Victor sospirò. «La cosa sta peggiorando anziché migliorare.»
«Cosa vuoi da me?»
«È previsto che vada da solo stanotte?»
Hector annuì. «Ovviamente.»
«Allora verrai con me.»
Hector non rispose.
«In questo modo posso fidarmi di te» disse Victor. «Se è una vera pista, non c’è niente di cui preoccuparsi.»
Hector si prese un momento per riflettere, poi annuì. «Ci vediamo lì.»
«No» disse Victor. «Ci incontreremo qui un’ora prima e andremo insieme.»
«Ci impiegheremo appena dieci minuti.»
Victor disse: «Mi piace essere in anticipo.»