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Partirono all’alba in un corteo di tre veicoli: due Range Rover e un minivan. Victor si trovava sulla Range Rover in testa, di nuovo sul sedile del passeggero, con Rados e due dei suoi uomini seduti sui sedili posteriori e un altro uomo alla guida. Non sapeva se si trattasse di una questione di fiducia o se fosse perché era nuovo, forse per Rados e la sua banda sedersi sul davanti non era un onore, non era ambìto. La partita di donne si trovava nel minivan, guidato da Zoca, declassato e ignorato da Rados. Secondo l’opinione di Victor era un pericoloso errore di valutazione. Aveva conosciuto uomini come Zoca in passato, uomini il cui orgoglio rimaneva segnato a lungo, anche quando le ferite fisiche erano guarite da un pezzo. Uomini che avrebbero atteso e pianificato, mantenendo per molto tempo la loro rabbia calda e pronta a eruttare, anche quando i loro persecutori li credevano ormai inattivi. Rados stava dando una dimostrazione di forza. Nella seconda Range Rover c’erano altri quattro dei suoi uomini più esperti: le sue guardie variaghe. Erano concentrati, come dovrebbero essere dei bravi soldati durante una missione, ma erano anche tutti gasati ed eccitati. Questo era un lavoro vero, con una dose di pericolo, un brivido difficile da riprodurre, puro e intenso.
Si diressero fuori dalla città, nel fitto delle foreste della Serbia settentrionale. Nessuno parlava. La radio rimase spenta. Il sole era alto nel cielo quando il corteo si accostò su una strada sterrata circondata da un’infinità di alberi.
Le Range Rover si arrestarono e i variaghi saltarono giù, sullo sterrato. Victor fece lo stesso, mentre Rados rimase seduto da solo sul sedile posteriore.
I sette variaghi si assemblarono dietro al veicolo in testa, dove l’autista (che chiaramente ricopriva il ruolo di quartiermastro di Rados) consegnava armi, tenute in grandi borse di tela: AK e pistole mitragliatrici Skorpion. Nessuno chiedeva una pistola specifica né si lamentava o scambiava quella che gli era stata data. Subito dopo furono fornite le munizioni, e tutti si infilarono i caricatori dentro le tasche e nelle cinture.
Il quartiermastro si girò verso Victor e gli diede una pistola Colt calibro 45 e un caricatore di riserva.
«Mi sento tagliato fuori» disse.
Il quartiermastro non reagì.
Victor controllò la sua arma. Era segnata e graffiata dall’uso prolungato, ma l’azione era buona e solida. Scaricò l’arma e osservò dentro la camera di scoppio e lungo la canna. Non veniva pulita da tempo ma non credeva che l’arma avesse qualche problema. Le Colt erano semplici ed efficaci. Precisione, raggio effettivo, rinculo, cadenza di fuoco e potere d’arresto erano tutte caratteristiche importanti, ovviamente, ma l’affidabilità era il tratto distintivo a cui Victor dava maggior valore. Sul campo non era sempre possibile pulire un’arma con regolarità.
Entrambi i caricatori erano precaricati. Victor preferiva sempre fare da solo quel genere di cose. C’era qualcosa di calmante nel riempire i caricatori. La natura ripetitiva del posizionare le munizioni, una pallottola alla volta, era un promemoria di causa ed effetto e del valore di una preparazione adeguata. Una pistola poteva non funzionare, o il colpo poteva mancare il bersaglio, ma senza proiettili nel caricatore l’arma era inutile.
Tuttavia, era più di un’azione rilassante, perché qualsiasi problema sarebbe probabilmente derivato dal caricatore. Il primo era un po’ impolverato, sia l’esterno del caricatore, sia la parte superiore dei proiettili erano ricoperti da una linea sottile di polvere, il che suggeriva che fosse stata conservata carica. Quello poteva rappresentare un problema. La pressione costante sulla molla la indeboliva, e poteva causare un malfunzionamento nel momento in cui non fosse riuscita a spingere nuovi colpi abbastanza in alto da raggiungere la canna.
Il caricatore di riserva era uguale. Il quartiermastro vide che lo esaminava, e si accigliò.
«Che c’è?» chiese.
«Niente.»
I variaghi non avevano esaminato le loro armi e i caricatori come aveva fatto Victor. Al massimo avevano fatto una rapida verifica. In parte era pigrizia, in parte mancanza di addestramento, ma principalmente era perché i Kalashnikov erano tra le armi automatiche più affidabili mai prodotte. Erano un prodigio di ingegneria meccanica, anche se involontario. Erano stati messi insieme secondo alcuni standard. Costruiti in modo non accurato, la loro precisione, il loro raggio effettivo erano scarsi per gli standard delle armi contemporanee, ma quella stessa mancanza di accuratezza significava che le loro parti funzionavano anche ricoperte di grasso, fango, sabbia o neve, e persino sott’acqua. Alcune armi avevano affrontato un’intera guerra senza essere mai pulite, e continuavano a funzionare correttamente anche una volta che la guerra era finita.
Guardò Zoca avvicinarsi per ritirare un’arma dal quartiermastro. Il gonfiore era diminuito, ma gli occhi, nascosti dagli occhiali da sole, erano ancora neri per i lividi, i quali sarebbero sfuggiti a uno sguardo superficiale; ma lo sguardo indagatore di Victor, anche se fugace, non era superficiale.
Da dietro quegli occhiali da sole Zoca lo fissò, esaminandolo. «Sembri nervoso.»
«Pensiamo di essere bravi nell’interpretarci l’un l’altro» rispose Victor. «Ma molto spesso, in realtà, stiamo proiettando i nostri sentimenti e confondiamo la nostra autoconsapevolezza con l’intuizione.»
Zoca si accigliò. «Cosa?»
«Appunto» disse Victor.
Guardò Rados scendere dalla Range Rover in testa e fargli cenno di avvicinarsi. Victor, pistola alla mano, si avvicinò al suo bersaglio, ripetendosi per tutto il tempo che dietro di lui c’erano degli ex paramilitari con armi automatiche.
«Le foreste qui sono verdi e rigogliose. Gli alberi sono alti e robusti. Le loro foglie sono brillanti. Sai perché?»
Victor scosse la testa.
«È la terra» spiegò Rados. «È estremamente ricca e nutritiva. Nutre la foresta, consentendole di diventare forte. Perché pensi che la terra sia così ricca di nutrienti? Da dove provengono?»
Recitare il ruolo dell’ignorante a quel punto equivaleva a fingere di essere stupido. O Rados ci avrebbe creduto, il che era improbabile, oppure si sarebbe accorto dell’inganno. Dato che nessuno dei due risultati avrebbe aiutato Victor nel raggiungere il suo obiettivo, disse: «I corpi seppelliti nella terra. Questo è il motivo per cui gli alberi sono diventati così robusti. Si sono nutriti di cadaveri decomposti.»
Rados sorrise. «Esattamente, come un fertilizzante. Gli alberi si sono rafforzati grazie alla guerra. La morte è utile alla vita. È così da sempre.»
Victor rimase in silenzio. Rados non era soltanto psicopatico. Era maniacale. E questo faceva crescere in modo esponenziale la difficoltà del lavoro. Victor era esperto nel prevedere le azioni dei soggetti intelligenti e sani di mente. Se l’individuo non pensava come una persona normale, era tutta un’altra storia. Prevedere le azioni di Rados avrebbe implicato una componente significativa di ipotesi. Il serbo era intelligente e umano, quindi in una certa misura doveva essere prevedibile. Ma la sua psicosi era un problema non quantificabile. Victor non poteva pensare come lui, quindi non era in grado di immaginare come si sarebbe comportato Rados in una determinata circostanza. Attirarlo in una trappola pianificata avrebbe potuto funzionare come fallire per qualche ragione inspiegabile. Victor avrebbe dovuto aggiornare la sua strategia di conseguenza. Doveva essere preparato a improvvisare, e magari ad agire a seconda delle opportunità in modo non pianificato. Non gli era mai piaciuto agire così, anche quando non aveva altra scelta. Contro un bersaglio ben difeso come Rados, la prospettiva non era per niente rassicurante.
Ricordò a sé stesso che il comportamento imprevedibile di Rados poteva creare una situazione che non si era figurato, e che poteva essere un vantaggio come un ostacolo. Per il momento aveva tempo a sufficienza. Aveva calcolato che sarebbe stato necessario dedicare almeno una settimana o due alla costruzione di una relazione da poter sfruttare. Ci stava ancora lavorando.
«Porta le donne» urlò Rados a Zoca.
Un minuto dopo Zoca aveva eseguito l’ordine. Victor riconobbe tre delle donne che aveva visto prendere dal furgone e rinchiudere nei container al deposito rottami.
«Venite» disse Rados, Zoca e le donne lo seguirono, insieme a Victor e a uno dei variaghi. Gli altri rimasero vicino ai veicoli.
Mentre si spostavano, Victor aveva una chiara visuale del suo bersaglio. Era una tentazione, ma la sua mano rimase sospesa per il fatto che lui era armato con una pistola che aveva un massimo di quattordici munizioni (supponendo che entrambi i caricatori funzionassero senza incepparsi).
«Sembri pensieroso» notò Rados, dimostrando ancora una volta la sua prodigiosa abilità di leggere Victor.
Annuì (non voleva rischiare di restare intrappolato in una bugia, quando l’unico motivo per cui si trovava lì era di per sé una bugia), sollevò la Colt. «Mi sento come se stessi andando a una sparatoria con un coltello.»
Rados sorrise. «Allora trasformalo in un accoltellamento.»
Continuarono a addentrarsi nella foresta, seguendo un altro sentiero che si allontanava da quello principale. In pochi minuti furono fuori dalla visuale dei veicoli, il che migliorava le opportunità, ma Victor aveva sempre due uomini alle sue spalle armati di fucili da assalto. Poteva prenderli di sorpresa, probabilmente, e poi uccidere Rados, ma rimanevano i variaghi armati fino ai denti, che sarebbero arrivati di corsa al suono dei colpi d’arma da fuoco.
Non ancora, si disse Victor.
Vide che Rados lo guardava, di nuovo come se potesse leggergli nella mente, quindi Victor disse: «Mi aveva detto che se qualcuno fosse stato intenzionato a imbrogliare avrebbe aspettato fino al terzo accordo.»
«È ciò che ho detto.»
«Dispone di una grossa banda al suo comando.»
«Grossa sarebbe un termine relativo in questo caso, ma in linea teorica dirò di sì.»
«Allora perché siamo solo noi quattro?»
«È così che facciamo affari. Gli slovacchi portano tre uomini. Io porto tre uomini. Lo abbiamo concordato alla prima operazione commerciale. E lo abbiamo onorato anche al secondo accordo.»
«Ma questo è il terzo.»
Rados annuì. «Se si presentano più di tre uomini, ci giriamo e ce ne torniamo a casa. Lo stesso vale se infrango io l’accordo. Loro non sono stupidi e non lo sono nemmeno io. Ah, parli del diavolo ed eccolo apparire...»
Davanti a loro, delle sagome emergevano dalla foschia.