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Aveva smesso di piovere. La città sembrava annegata. Belgrado significava città bianca, ma in quel momento era grigia. Gli edifici erano bagnati e scuri. Le pozzanghere costeggiavano i marciapiedi e riempivano le scanalature tra i ciottoli. Gli alberi erano appesantiti dall’acqua piovana, inzuppati e sbilenchi.

Victor sorseggiava il suo caffè in una kafana ben riscaldata, mentre conduceva la sua contro sorveglianza e considerava ciò che gli aveva comunicato la donna inglese: l’assassinio di Banik e il tradimento del suo contatto. Queste cose non erano inconsuete nel mondo di Victor, ma la familiarità gli era di poco conforto.

Si strofinò la coscia.

In un tavolo di fronte a lui una donna stava usando il suo laptop. Indossava un maglione verde con dei fiori bianchi e in testa aveva delle grosse cuffie. Aveva sorriso tutto il tempo, mentre lui beveva il suo caffè. Victor non poteva fare a meno di chiedersi perché fosse così felice. In un altro tempo, in un’altra vita, forse glielo avrebbe chiesto. Victor rivolse gli occhi altrove prima che lei potesse notare il suo sguardo.

Il fatto che Banik lo avesse venduto significava che il pericolo era vicino e reale, ma lui si comportava come al solito. Operava partendo dal presupposto che i nemici gli fossero sempre alle costole, quindi non c’era molto altro che potesse fare. Era alla ricerca dell’assassino tedesco dai capelli brizzolati, ma stava attento a non cadere in una visuale limitata. Chiunque poteva essere una minaccia, quindi valutava qualsiasi persona incontrasse, e quelle che avrebbe potuto incontrare. Notava altezza, peso e struttura corporea, nello stesso modo in cui le persone normali notavano il colore di occhi e capelli. Esaminava la densità ossea, la flessibilità dei movimenti e la robustezza della postura. Per determinare una minaccia, considerava l’intensità dello sguardo tanto quanto la mole, perché una persona doveva avere l’intenzione di utilizzare la sua forza per riuscire a essere efficace. La velocità e i riflessi erano più difficili da valutare, lo stesso valeva anche per l’abilità, ma l’aspetto fisico di una persona era solo uno dei molti segnali che indicavano una potenziale minaccia.

L’andatura di una persona gli forniva molte informazioni. La lunghezza della falcata e la velocità di movimento rivelavano flessibilità e agilità. Un uomo alto con le gambe lunghe poteva avere una falcata molto estesa e di conseguenza coprire una distanza più velocemente, ma delle falcate lente suggerivano una generale lentezza dei movimenti, dovuta a un inadeguato sistema cardiovascolare o a delle articolazioni rigide. Ognuno dei casi comportava delle conseguenze sensibilmente diverse in uno scontro, ma ugualmente utili e sfruttabili per Victor.

Si era seduto vicino alla finestra, in modo da poter vedere chiunque si avvicinava alla kafana prima che entrasse. La sua sedia era piccola e scomoda, ma si godeva la sporadica striscia di sole che riusciva a farsi strada tra le nuvole per posarsi sul suo viso. La strada fuori era stretta, una sola corsia, ed era poco trafficata, consentendogli di cercare le eventuali minacce con una certa facilità.

Un uomo girò nella via, camminando nella direzione di Victor. Era sulla quarantina, alto, vita e spalle larghe. I capelli erano corti e ordinati, si stavano diradando, ma avevano ancora molte sfumature arancioni e rosse. La sua faccia era perennemente arrossata. I suoi occhi erano blu, circondati da degli occhiali eleganti. Il completo grigio non era costoso ma gli calzava bene. Le sue scarpe Oxford nere erano vecchie ma lucide.

Victor lo riteneva prestante ma arrugginito. Aveva la forza naturale ottenuta da una gran quantità di proteine e calorie, ma il suo stile di vita era sedentario. Poteva tirare una scarica di pugni ben piazzati, ma lo sforzo lo avrebbe sfinito.

Non era una minaccia.

L’uomo, il quale non aveva notato che Victor lo guardava, e che non aveva notato la sua perizia e la sua valutazione, continuò per la sua strada.

Il successivo era molto più giovane. Proveniva dalla direzione opposta. I capelli erano biondi e mossi, pettinati all’indietro, rivelando una fronte ampia e un principio di stempiatura. La barba era corta e rada, più scura e più spessa dei capelli.

Aveva dei cerchi scuri sotto gli occhi contornati di rosso. Aveva la faccia da ragazzino ma la parte superiore del corpo, tra il petto e le spalle, era ampia come quella di un uomo. Indossava abiti casual e non restrittivi. Lo sguardo di Victor indugiò un po’ più a lungo.

Era in forma, ma il collo era sottile e la schiena stretta. Il ragazzo faceva esercizio, ma stava sviluppando i muscoli per estetica, non per potenza. Era giovane e in salute, ma stanco e debole. Sembrava affamato: di cibo, di conoscenza, di obiettivi... ma niente di più.

Non era una minaccia.

Il cameriere chiese a Victor se voleva un altro caffè, quindi pagò il conto, fece due passi e poi prese un autobus. Non controllò che numero fosse né che tragitto facesse. Non sapeva dove stesse andando, ed era proprio il suo intento. Se lui non lo sapeva, nessun altro poteva saperlo; non poteva esserci alcuna imboscata pronta ad attenderlo a destinazione. Un uomo con gli occhiali salì sull’autobus alla fermata successiva. Era senza fiato.

L’autobus era affollato, quindi Victor doveva rimanere in piedi, lo stesso valeva per l’uomo con gli occhiali. Victor si assicurò di mantenerlo costantemente all’interno della sua visione periferica, perché forse quell’uomo era senza fiato per aver seguito Victor a piedi ed essere stato costretto a compiere uno scatto per raggiungere l’autobus. L’uomo indossava una giacca di pelle e una sciarpa marrone chiaro. Era sulla trentina, basso ma robusto.

L’uomo giocherellava con il cellulare, come la maggior parte della gente. Stare in piedi aiutava Victor a valutare gli altri viaggiatori. La diffusione di cellulari o di altri dispositivi lo aiutava a identificare le potenziali minacce. Sui treni e sugli autobus le persone guardavano verso il basso. In parte lo avevano sempre fatto, con giornali e libri, ma ora era ancora più raro che i loro occhi guardassero in alto o davanti a loro. A Victor piaceva, sebbene l’assenza di un dispositivo portatile a distrarlo lo facesse distinguere. Era difficile essere guardingo senza darlo a vedere. Era ciò che tradiva la maggior parte della sorveglianza. Era facile essere anonimi (essere uno tra i tanti nella folla), ma nascondersi in piena vista non era utile se il bersaglio sfuggiva.

L’equilibrio tra l’anonimato e l’allerta era quasi impossibile da perfezionare. Era fluido. Variava con le circostanze, con le situazioni e con l’ambiente.

Era influenzato dagli avversari e dalle loro intenzioni, lo stesso valeva per i bersagli di Victor. Come qualsiasi altro aspetto della sua professione, la chiave era il compromesso. Un calo di allerta, in quel caso, poteva aiutarlo a restare nascosto e di conseguenza la necessità di quella stessa allerta diminuiva. Al contrario, se nel rendersi più visibile non avesse avuto niente da perdere (se il nemico si fosse già accorto di lui o se avesse previsto il suo arrivo), allora poteva aiutare la sua abilità di identificare e quindi di contrastare la minaccia.

Un bambino mangiò sei marshmallow da un pacchetto, quindi Victor scese dall’autobus alla sesta fermata. Attese alla fermata fino a quando l’autobus scomparve in lontananza. L’uomo con gli occhiali era rimasto sull’autobus, senza mai sollevare lo sguardo dal telefono. Sul marciapiede una donna con un passeggino sorrideva e salutava, sollevando la mano sempre più in alto per cercare di attirare l’attenzione di qualcuno che Victor non riusciva a vedere.

Continuò a muoversi. Non conosceva bene Belgrado, e questo lo aiutava a mantenere i suoi tragitti e i suoi mezzi di trasporto casuali. Il suo radar per le minacce restò in piena attività per tutto il tempo. Ogni auto che gli passava accanto sembrava rallentare mentre si avvicinava. Ogni persona sembrava avere la giacca slacciata. A ogni finestra sembrava ci fosse un’ombra dietro al vetro aperto.

Lo vide di nuovo: l’uomo con gli occhiali. Basso. Robusto. Giacca di pelle e sciarpa marrone chiaro. Fu sufficiente per far cambiare direzione a Victor. Non perché volesse seminare l’uomo, ma perché voleva vedere se l’uomo lo stesse seguendo.

Lo stava seguendo.

Era quello che gli serviva sapere. Vederlo due volte poteva essere considerata una coincidenza, ma tre volte erano troppe da ignorare. Victor si fermò davanti a un venditore ambulante, un pescivendolo che svendeva l’ultima riserva di pesce fresco della giornata a prezzi bassi e solo per denaro contante. Donne anziane lottavano per accaparrarsi il miglior pesce restante e contrattavano sul prezzo. Victor si unì alla piccola folla e si comportò come loro (scrutava il pesce ignorandone l’odore, faceva scorrere lo sguardo sulle scatole in polistirolo vecchie e macchiate, bagnate di ghiaccio sciolto e sangue), ma usò il tempo e il pretesto per sollevare gli occhi e guardare la strada dalle vetrine di un fiorista accanto. Non guardò per vedere cosa stesse facendo l’uomo con gli occhiali. Non aveva bisogno di guardare per sapere che avrebbe rallentato o si sarebbe fermato per mantenere la distanza. Guardandolo avrebbe solo fatto sapere all’inseguitore che lo aveva scoperto.

Attraversò la strada, camminando con un’andatura lenta e disinvolta. Una folla era ammassata sotto il ponteggio fuori da una banca perché qualcuno giaceva bocconi sul marciapiede, probabilmente dopo essere svenuto o a causa di un malore. Alcune persone tentavano di aiutare, gli altri volevano solo vedere cosa stava accadendo.

Victor girò in direzione della folla, e dovette infilarsi, insinuarsi e scansare la massa di corpi. In questo modo aveva una scusa per sorvegliare un’ampia prospettiva della strada. L’uomo con gli occhiali non si vedeva da nessuna parte.

Victor non aveva tentato di seminarlo, quindi l’uomo si era ritirato di proposito. Un inseguitore lo avrebbe fatto solo se avesse temuto altrimenti di essere scoperto, oppure perché stavano subentrando altri inseguitori.

Il primo era stato abbastanza semplice da identificare perché sapeva ciò che faceva. Indossava gli abiti giusti si comportava nel modo giusto e agiva come avrebbe dovuto fare qualcuno che stesse inseguendo un bersaglio.

Si trattava di un processo per eliminazione. C’erano diversi uomini in sua prossimità che potevano essere nemici di Victor, ma ignorava quelli troppo giovani o troppo fuori forma per essere dei professionisti competenti.

Un tipo robusto sulla quarantina o giù di lì fu scartato perché indossava dei guanti spessi per combattere il freddo. Quei guanti erano sicuramente efficaci per tenere al caldo le sue dita, ma gli sarebbero stati di intralcio nel far scivolare l’indice attraverso la stretta guardia di un grilletto e non sarebbe riuscito a fare abbastanza presa per tirare indietro il cane della pistola o per togliere la sicura. Alcuni uomini indossavano dei cappotti ingombranti che li avrebbero appesantiti o avrebbero rischiato di farli impigliare negli oggetti o di rimanere incastrati nelle porte. Anche loro furono scartati da Victor. Lo stesso valeva per quelli completamente abbottonati o con le cerniere chiuse, che impedivano l’accesso al vento freddo ma limitavano i movimenti del busto.

Riparato da un tendone, un uomo sorseggiava del caffè fumante da un grosso thermos. Le bevande contenenti caffeina venivano evitate per il loro effetto diuretico. Anche se il caffè o il tè fosse stato decaffeinato, nessun assassino a caccia avrebbe deciso di pregiudicare le sue mani (la sua abilità di attaccare o di difendersi) con un oggetto così voluminoso, specialmente uno sul quale avrebbe lasciato il suo DNA, e di cui non avrebbe potuto sbarazzarsi rapidamente come di un bicchiere di carta cerata.

Quindi rimanevano solo due uomini.

Il primo era alto e robusto mentre il secondo era basso e snello. L’altezza e la corporatura del primo non erano ideali per un professionista che aveva bisogno di passare inosservato tanto per gli obiettivi quanto per i nemici, ma la forza proveniente da quella stazza si sarebbe dimostrata una qualità utile per un uomo che puntava più sull’aggressività a scapito della discrezione. Il secondo uomo era meno evidente. Poteva nascondersi meglio in una folla o tra le ombre o da qualsiasi altra parte, mentre per l’uomo più alto, a causa della sua dimensione, sarebbe risultato problematico. Ma era più difficile inseguire un bersaglio da un punto di osservazione più basso. La dimensione da sola non svelava l’identità di un nemico.

Entrambi indossavano i vestiti giusti (colori spenti e sobri; comodi ma non larghi); non restrittivi ma con un’abbondanza di materiale a cui un assalitore avrebbe potuto aggrapparsi per maneggiarlo, strapparlo e afferrarlo, e che in ogni caso sarebbe stato di impiccio.

Quindi non erano killer, dedusse Victor con una certa sorpresa. Quegli uomini non erano collegati a Phoenix e non erano a caccia della taglia sulla sua testa, e non erano inviati da uno dei suoi molti nemici per vendetta, per mandare un messaggio o per autoconservazione.

Tre inseguitori.

La donna armena lo aveva avvertito che Rados lo stava facendo seguire, ma quegli uomini non erano i variaghi di Rados. Non pensava nemmeno che fossero osservatori dell’SIS che lo stessero tenendo d’occhio. Aveva creduto a quello che gli aveva detto Monique, quindi non avrebbe avuto senso farlo seguire. Ma, ricordò a sé stesso, aveva creduto anche a Banik. Anche se non fossero stati dei killer, erano troppo approssimativi per essere il tipo di professionisti che avrebbero dato la caccia a Victor.

Quindi, chi erano?