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La tonalità della sua pelle era troppo chiara per essere originaria dell’Africa, quindi era plausibile ipotizzare che avesse una discendenza britannica o afrocaraibica, e che fosse pertanto una delle persone di Banik. MI6. Una spia.

Anche se i file non contenevano fotografie di Victor, avrebbe potuto avere la sua descrizione fisica generale e forse avrebbe potuto avere persino visto un identikit, ma non sembrò accorgersi di lui. Era abituato a nascondersi in piena vista. Non c’era nulla nel suo abbigliamento o nei suoi movimenti che lo mettesse in risalto in quel luogo. Non rallentò e non modificò la sua traiettoria. Continuò a camminare verso l’uscita, il suo sguardo rivolto a media distanza: qualcuno che viaggiava per affari, come molti altri intorno a lui.

Il suo cappotto di lana celava la sua corporatura, ma il suo collo lungo e i polpacci robusti, indicavano che era slanciata ma in forma. Le sue gambe esposte erano coperte da spessi collant, e le scarpe erano semplici e nere. La mancanza di stivali gli suggeriva che quello era stato un incarico dell’ultimo minuto. Chiunque avesse avuto il tempo di preparare i bagagli avrebbe portato delle calzature più appropriate. Il cappotto, le scarpe e i collant erano una protezione adeguata al freddo dell’Inghilterra in quel periodo dell’anno, ma non per il gelo della Serbia.

Si trovava lì in piedi da diverso tempo. Il cartello, sebbene non potesse pesare più di duecento grammi circa, era appeso su uno dei bottoni del suo cappotto, che era ancora allacciato. Non lo aveva aspettato agli arrivi perché non sapeva da quale volo provenisse. Era già qualcosa, ma non gli piaceva il fatto che qualcuno fosse stato in grado di prevedere il giorno del suo arrivo, sebbene il viaggio per Londra fosse un indizio sufficiente.

Perché si trovava lì? Il modo più facile per scoprirlo sarebbe stato quello di avvicinarsi e chiederlo, ma dall’opzione più semplice non emergeva mai niente di utile. Victor continuò a camminare e uscì attraverso le porte automatiche. Attraversò il getto d’aria calda che soffiava verso il basso dai condotti di riscaldamento sopraelevati, e si ritrovò nell’aria gelida che gli punse il viso e gli fece lacrimare gli occhi.

Presumibilmente Banik aveva un messaggio urgente per lui, o una spiegazione per non essersi presentato al loro incontro a Londra. Dopo la richiesta iniziale di un faccia a faccia non aveva ricevuto altre comunicazioni dal suo contatto MI6. D’altro canto, aveva viaggiato durante le ultime ventiquattro ore e non aveva avuto modo di controllare i suoi messaggi, quindi era plausibile che Banik avesse tentato di contattarlo e fosse andato nel panico non ricevendo riscontro da Victor.

La donna poteva essere stata inviata nella speranza di intercettarlo, oppure il messaggio doveva essere consegnato di persona, e la donna era l’unica persona abbastanza competente o fidata per consegnarlo. Era possibile che fosse stanca non per la lunga attesa ma perché stava lavorando con un deficit di sonno alle spalle. In qualunque caso la sua presenza era significativa, e lasciava presagire cattive notizie.

Attese nella luce fredda e debole del pomeriggio. Supponeva di dover aspettare meno di un’ora in totale. I voli sarebbero arrivati per le prossime sette o otto ore, ma la donna non sarebbe rimasta lì per tutto quel tempo. Non perché la stanchezza l’avrebbe costretta a rinunciare (poteva riposare negli intervalli tra un arrivo e l’altro), ma perché non sarebbe stata da sola. Ci sarebbe sicuramente stato qualcuno a farle da spalla. Se Banik riteneva l’informazione talmente critica da dover essere comunicata di persona, era troppo preziosa per rischiare di inviare un corriere solo. Lo stesso principio era valido nel caso in cui ci fosse sotto qualcos’altro (una trappola in preparazione); era impossibile che fosse da sola.

Victor non aveva notato nessun altro all’interno dell’aeroporto, quindi dovevano essere fuori, in attesa all’interno di un veicolo nelle vicinanze, pronti a portare via la donna o a precipitarsi in suo aiuto. Non sapeva se questa seconda persona desse il cambio alla donna all’interno, o se si fossero già scambiati, e non sapeva quale dei due avesse il messaggio nel caso in cui cambiassero ruolo a rotazione. Non ne sarebbero stati a conoscenza entrambi. Il messaggero sarebbe stato quello con il grado più elevato.

Victor aveva ipotizzato un’attesa inferiore all’ora, perché la spalla avrebbe avuto il tempo sufficiente per notarlo. Era probabile che tenessero d’occhio l’entrata principale e la coda per i taxi dal loro veicolo, oppure sarebbero passati a piedi con regolarità. Con tutta la gente che andava e veniva celando la sua presenza, e senza una fotografia su cui basarsi, la seconda persona avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo per identificarlo.

Alla fine, impiegò soltanto mezz’ora. C’era un periodo di calma tra i voli, e la coda per i taxi si era accorciata. Fu la donna dentro all’aeroporto ad avvicinarsi a lui. Il secondo osservatore doveva averla chiamata. Victor non lo aveva visto, il che significava che doveva essere un operativo qualificato oppure qualcuno che faceva sorveglianza con un binocolo, e in tal caso avvistarlo sarebbe stato impossibile.

Camminò verso di lui con passo lento così da dargli tutto il tempo per vederla arrivare, come se altrimenti avesse potuto coglierlo alla sprovvista. Victor finse di averla notata molto dopo.

Le permise di avvicinarsi e si voltò per guardarla dritto in faccia.

Poteva avere circa trentacinque anni, ma era difficile dirlo con certezza. Aveva un’energica fluidità tipica della giovinezza, ma i suoi occhi sembravano avere la saggezza e l’esperienza dell’età. Il trucco era minimo, a parte sulle labbra, rese brillanti dal lucidalabbra. I capelli erano corti e resi lisci da una stiratura chimica. Non portava orecchini ma vide i segni sui lobi.

«Vuoi vedere il mio documento di identificazione?» disse.

La voce era pacata. Sembrava disidratata.

«Non mi serve, giusto? Ho visto il cartello» disse Victor.

«Ma io ho bisogno di sapere che sei proprio tu.»

Non poteva esserci un codice prestabilito, perché non c’era nulla di prestabilito, quindi le disse: «Sei stata inviata da un fan del West Ham.»

Lei si rese conto di stare per dire qualcosa che non voleva e si trattenne. Preferì comporre prima le parole nella sua mente, poi gli chiese: «Quanti fratelli e sorelle ci sono?»

«Lui è il maggiore di sette.»

«Okay, è sufficiente. Devi venire con me.»

Cominciò a camminare prima che lui potesse dire: «Non credo.»

Rallentò ma non si fermò. Il fatto che potesse rifiutare sembrava andare oltre la sua comprensione. «Ti darò un passaggio in città.»

«Non mi serve un passaggio. E sicuramente non salgo in macchina con gli sconosciuti.» Fece una pausa. «Nemmeno se sono attraenti come te.»

Era attraente, nonostante fosse stanca e sotto stress, ma lo aveva detto solo per farle abbassare la guardia. Voleva metterla alla prova. Poteva anche non aver visto la sua fotografia, ma sapeva di lui più di quanto lui sapesse di lei. Voleva ristabilire l’equilibrio.

Lei assorbì il complimento ma non gli diede una risposta, a parte l’assenza di una reazione, che non era la stessa cosa.

«Ho bisogno che ascolti quello che ho da dire.»

«Puoi dirmelo ora. Non dobbiamo salire su un’auto per parlare.»

«Si congela qui fuori. Andiamo in un posto caldo e sediamoci. Hai fame? Io sicuramente sì. Potrei mangiare un cavallo, ti avverto. Se tu non hai fame ti offro un caffè. O una birra.»

«Mi piace il modo in cui cerchi di essere amichevole con me dopo averti detto che sei attraente. Cercando di persuadermi facendo appello alla mia virilità. Ma non ce n’è davvero bisogno. In realtà non ti trovo attraente.»

«Okay.»

«Ti sei precipitata a Belgrado per darmi un messaggio di persona, quindi non possono essere nuovi fascicoli; non hai avuto tempo di memorizzare niente di rilevante. Quindi non ci vorrà così tanto tempo da congelarti.»

«Ti sbagli. È rilevante.»

«Non mi importa. Non vado da nessuna parte fino a quando non mi dirai di cosa si tratta.»

Le sue labbra lucide si incresparono anziché continuare a discutere. Aveva capito che era irremovibile.

«Okay» disse. «Te lo concedo. Non abbiamo tempo di discutere, quindi te lo dirò ora. Penso proprio che tu debba sentirlo.»

«Va’ avanti.»

«Banik è morto. È stato assassinato.»