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Victor lasciò la carrozza e passò attraverso la stretta passerella che colmava il vuoto verso la carrozza successiva. La porta si aprì con un sibilo e sentì il cambio di pressione dell’aria sul suo viso.

Rilevò un tenue profumo di deodorante, che l’assassino aveva lasciato dietro di sé. La nuova carrozza era identica a quella in cui aveva conversato con Fletcher. Era occupata da viaggiatori sparpagliati (con una rapida occhiata, Victor aveva contato nove individui). Altri animali notturni, come lui e Fletcher.

All’altro capo della carrozza l’uomo brizzolato stava attraversando il passaggio.

Victor lo seguì, figurandosi la struttura del treno mentre si muoveva lungo il corridoio: sette carrozze, tre delle quali avevano posti a sedere, una carrozza ristorante, con i tre compartimenti letto posteriori. L’assassino era entrato nella prima delle tre cuccette. La cabina di Victor era nella carrozza di prima classe in fondo al convoglio.

Quale fosse la cabina specifica sarebbe stata un’informazione difficile da scoprire per un nemico, ma probabilmente non così difficile, essendo riuscito in primo luogo a determinare i suoi spostamenti. Doveva presumere che un assassino che lo aveva rintracciato su quel particolare treno lo sapesse.

La ricognizione non era servita soltanto per localizzare Victor, ma per assicurarsi che non si trovasse nella sua cabina in quel momento. L’assassino a quel punto sarebbe potuto entrare e aspettare che Victor tornasse, con il duplice intento dell’effetto sorpresa e dell’isolamento.

Un’imboscata pura e semplice, ma efficace se ben eseguita. Se Victor non avesse identificato la minaccia, e se ne fosse accorto solo una volta tornato alla cabina, le possibilità di affrontarla sarebbero diminuite in modo esponenziale.

Rallentò il passo quando raggiunse lo stretto corridoio alla destra della fila di compartimenti letto. Voleva dare all’assassino più tempo per preparare la sua imboscata. Un falso senso di prontezza avrebbe giocato a favore di Victor.

L’eccesso di sicurezza era mortale.

La cabina di Victor era la terza delle quattro che occupavano la carrozza della prima classe. Non gradiva avere delle cabine su entrambi i lati della sua, ma le sue opzioni erano state limitate al momento della prenotazione.

Si immaginò l’interno della cabina: uno spazio confortevole in cui viaggiare ma un luogo angusto in cui sorprendere qualcuno con un’imboscata. Una panca imbottita occupava il muro sulla destra, perpendicolare all’ingresso, che si trasformava in una brandina per dormire. C’era dello spazio al di sotto per i bagagli. Un bagno separato si trovava di fronte alla panca, con una porta che si apriva verso l’interno.

La porta della cabina si apriva verso l’esterno sulla destra.

Il vano per i bagagli sotto alla panca poteva ospitare una persona sdraiata, ed era abbastanza basso perché rimanesse nascosta alla vista. Quello sarebbe stato il punto d’attacco prescelto da Victor, ma solo se si fosse trovato lì per uccidere un civile. Un collega professionista avrebbe controllato uno spazio simile prima di prepararsi per dormire.

Il successivo punto logico sarebbe stato il bagno. Data l’apertura verso l’interno non c’era spazio sufficiente per un attacco, ma quelle cabine di lusso avevano i propri box doccia. Erano piccoli, anche per un uomo magro come Victor, ma l’assassino avrebbe avuto il vantaggio di stare in piedi ed essere preavvertito della presenza del bersaglio, prima dall’apertura della porta della cabina, e poi l’imminente apparizione una volta aperta la porta del bagno.

Sarebbe stato quasi impossibile difendersi da un attacco con un coltello, se sferrato in quei confini con il beneficio della sorpresa, mentre una pistola poteva essere puntata in anticipo, e nessuno sparo può andare a vuoto da una distanza simile.

Anche togliendo il vantaggio dell’effetto sorpresa dell’assassino, non eliminava il pericolo. Con una sua pistola Victor avrebbe potuto aprire la porta del bagno esponendo solo la mano e parte del braccio. Non ci sarebbe stato in ogni caso alcun modo di ripulire un simile disastro o di rimuovere il corpo, e un sicario ucciso con un colpo di arma da fuoco avrebbe perturbato il racconto della successiva morte accidentale di Fletcher. I servizi segreti cinesi non avrebbero mai creduto che le due cose fossero scollegate.

Victor aprì la porta della sua cabina ed entrò. Alla sua sinistra, a pochi passi di distanza e separato da solo due centimetri di alluminio e cartongesso, c’era un uomo che voleva ucciderlo.

Richiuse la porta alle sue spalle, attenuando lo sferragliare del treno che era amplificato nello stretto corridoio al di fuori. Sapeva che l’assassino nascosto nel box doccia aveva sentito la porta aprirsi e chiudersi, e forse aveva anche intercettato il rumore dei passi di Victor sul pavimento della cabina. Faceva un po’ più caldo lì dentro e l’aria era immobile.

Controllò sotto la panca perché era meticoloso, non fu sorpreso di trovare lo spazio vuoto. Sotto il finestrino della cabina, sul muro di fronte, c’era un piccolo tavolino sul quale erano poggiati snack in omaggio, bustine per bevande calde e posate. Victor rimosse il coltello e la forchetta dal loro tovagliolo e ne prese uno in ogni mano, impugnandoli verso il basso come fossero dei rompighiaccio: la forchetta a destra, il coltello a sinistra.

Stava in piedi davanti alla porta del bagno.

L’assassino dai capelli brizzolati era alto circa un metro e ottanta. In posizione eretta dentro al box doccia, si trovava circa a un metro dalla porta, quindi se avesse avuto una pistola non avrebbe teso le braccia, poiché in quel modo la pistola sarebbe stata troppo vicina al bersaglio, e sarebbe stato più difficile sparare e più facile essere disarmato. La pistola sarebbe stata vicina all’assassino, l’altra mano a sostenere la prima da sotto l’impugnatura. Con una distanza a bruciapelo non sarebbe stato necessario prendere la mira, quindi la bocca della pistola poteva essere all’altezza del petto. Victor era l’uomo più alto, quindi la bocca della pistola sarebbe stata in un’angolazione tale da sparargli al cuore o alla testa. Victor si aspettava che l’assassino mirasse al cuore. Meno possibilità che il proiettile penetrasse troppo. Persino una pistola a bassa potenza con caricatore poteva far saltare la parte posteriore del cranio. Il proiettile a quel punto poteva proseguire rompendo il finestrino o infilandosi nel muro, lasciandosi indietro più prove, insieme a sangue, ossa e materia cerebrale.

Puntare al cuore significava avere una porzione di spazio sicura fino a un metro e venti dal pavimento.

Victor piegò le ginocchia e usò la forchetta per ruotare il chiavistello della porta.

Si abbassò ulteriormente, fece un respiro, rilasciò l’aria, e andò all’attacco, aprendo la porta con un colpo della spalla sinistra e torcendosi dentro al bagno mentre si abbassava sempre di più, sotto il metro e venti, tirando fuori la mano destra per lanciare la forchetta come distrazione, e avere un’ulteriore frazione di secondo per coprire la distanza e conficcare il coltello nel collo dell’assassino.

La forchetta colpì il muro impermeabile e ricadde con clangore sul piatto della doccia, andando a sbattere sulla protezione del buco di scarico.

Non c’era nessun assassino brizzolato.

Victor si alzò e si voltò, rendendosi conto del suo errore.

La ricognizione non era stata per niente una ricognizione. L’uomo dai capelli brizzolati voleva essere avvistato e seguito.

Victor aveva fatto per lui il lavoro difficile. Si era messo in trappola da solo.

Si lanciò fuori dal bagno in tempo per vedere l’assassino entrare nella cabina e chiudere la porta alle sue spalle mentre sfoderava una pistola pronta a far fuoco.