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Victor trovò Rados nel salotto. Come il resto della casa, era uno spazio elegante e di buon gusto, sfarzoso ma allo stesso tempo discreto, con pavimenti in legno massiccio e una fine carta da parati. Le lampade in ottone erano direzionate in modo da produrre una luce soffusa. Rados era seduto su una poltrona davanti a un camino acceso. Aveva in mano un bicchiere di brandy, lo faceva roteare per poi avvicinare il naso al bicchiere. Un decanter di cristallo era posato su un vassoio d’argento sopra a un tavolino nelle vicinanze. Vicino al vassoio era poggiata una fruttiera piena di mele lucide e un libro dalla copertina rigida ancora aperto.
«L’eroe ritorna» disse Rados con un sorriso.
Si alzò per salutare Victor. Come i suoi invitati, Rados era in abito da sera. Indossava un completo nero, con camicia bianca e cravatta bianca. Il braccio sinistro era ancora fasciato, ma la tracolla era di seta nera.
«È un peccato che tu non ti sia impegnato un po’ di più» gli disse.
«Le mie scuse» disse Victor. «Ho rischiato di non riuscire a venire.»
«Sembrerebbe esserci una storia dietro a quell’affermazione, ma restiamo sul piano della leggerezza. È meglio riservare i racconti di sfortuna per quando le braci saranno morenti. In ogni caso, sono contento che tu sia venuto. Non l’avrei presa bene se fossi stato assente, ma più di tutto sarebbe stato un enorme peccato perdersi tutto questo, ora che ti sei guadagnato il tuo posto nella mia cerchia ristretta. È qui che verrai per capire perché è così bello essere vivi.»
Victor pensò alle donne che aveva visto e agli ospiti di Rados, ognuno dei quali era sicuramente potente o influente, quello facoltoso o quello dalle conoscenze importanti. Rados lo aveva invitato per far parte della sua riunione, e Victor doveva continuare a recitare la parte dell’uomo che Rados aveva invitato. Non sapeva ancora dove trovare la donna armena o il modo migliore per scappare con lei. Doveva essere paziente. Doveva attenersi al personaggio.
«Come va la spalla?» chiese Victor.
Rados indicò il brandy. «Sto prendendo le giuste medicine.»
«Cosa sta leggendo?» chiese Victor.
Rados posò il suo brandy per sollevare il libro. «Marco Aurelio.»
«Non aveva detto che non desiderava affatto dominare il mondo?»
«Se non apprendiamo i rischi della debolezza da un imperatore di Roma, da chi dovremmo imparare?»
«Debolezza?»
«Roma non è caduta a causa dei barbari alle sue porte, ma a causa della debolezza al suo interno. Hanno conquistato e hanno schiavizzato, e come risultato hanno dominato. Avrebbero dovuto continuare a dominare, invece di cominciare a governare, e così facendo hanno gettato i semi del loro stesso annientamento. Il mondo intero ha sofferto di conseguenza, e il progresso umano non è rimasto immobile... molto peggio: è regredito. L’Europa ha impiegato mille anni per recuperare ciò che era stato dimenticato. Un intero millennio perso perché Roma è diventata... gentile. Dove saremmo adesso se i romani avessero costruito sopra le mura dei propri padri anziché distruggerle? È una lezione per tutti noi.»
«Nessun impero avrebbe mai resistito» disse Victor. «Le persone non si sottomettono ai dominatori stranieri. Dopo qualche tempo, reagiscono. Con la guerra o con la diplomazia, resistono. Non si arrendono. La storia ce lo ha insegnato, innumerevoli volte. Roma sarebbe caduta, a prescindere dalla debolezza.»
«Ma non in quel momento» insistette Rados. «La civilizzazione l’avrebbe sorretta.»
«Magari un po’ più a lungo.»
«Civilizzazione» disse ancora Rados, ma questa volta come se stesse assaporando la parola per vedere che gusto avesse. Dopo averla fatta rotolare in bocca, fece una smorfia, trovandola sgradevole. «C’è mai stata una cosa simile? Ci sarà mai una cosa simile?»
«Sembra una domanda retorica.»
Scosse la testa. «No, è una domanda vera, perché realmente non conosco la risposta, e vorrei conoscerla.»
«Non sono qualificato per rispondere.»
«Certo che non lo sei» concordò Rados. «Nessuno lo è. Ma la domanda è forse più importante della risposta stessa. Il perseguimento della conoscenza può essere intrapreso solo se prima si comprende che l’obiettivo è in realtà irraggiungibile.»
«Continuiamo a costruire i castelli di sabbia che i nostri antenati hanno iniziato, un granello alla volta.»
Rados sorrise, ma allo stesso tempo si accigliò. «Mi piace. Davvero. L’accettazione che non possiamo veramente comprendere ciò che stiamo compiendo, ma nel contempo possiamo trovare conforto nel fatto di saperlo, anche se i mattoni vanno oltre la nostra comprensione, possiamo cominciare a stendere la malta.»
Victor scrollò le spalle. «Preferisco il modo in cui l’ho detto io.»
Rados sorrise. «Non mi capita spesso di trovare dell’umorismo, ma è molto divertente assistere al tuo continuo camminare in equilibrio sulla fune dell’arroganza.»
«Non ho nemmeno la rete.»
Rados ridacchiò e tornò a sedersi. Fece cenno a Victor di prendere una sedia vicino al camino.
Lo fece, mantenendo la facciata di cordialità mentre ripeteva mentalmente quello che avrebbe fatto se le due guardie di sicurezza fossero entrate di corsa. Avvertì lo sguardo attento di Rados, quindi disse come diversivo: «Ho una domanda da porle, se posso.»
«Certo.»
«Perché mi ha assunto? Il motivo reale, intendo. Non era perché aveva bisogno di altro personale per via della, come l’aveva chiamata? Ristrutturazione aziendale. Aveva uomini a sufficienza per quell’accordo con gli slovacchi.»
«Non ti sfugge niente, vero? E hai ragione, naturalmente. Non avevo bisogno di una nuova recluta per quell’accordo. Ma ci è servita come buon pretesto per introdurre uno straniero. Non volevo che i miei uomini mettessero in discussione la decisione, perché ciò che volevo davvero era uno straniero per fare il tipo di lavoro che non potevo chiedere a nessuno dei miei uomini di fare.»
«Che sarebbe?»
«Uccidere Zoca. È sempre stato un peso, ed era finalmente riuscito a impiccarsi da solo con la fune della mia pazienza, ancora prima di tradirmi con quegli slovacchi.» Fece una pausa. «Ma credo che lo avessi già capito da solo.»
«Non avevo nessuna prova.»
«Non importa» disse Rados. «Non è compito tuo tenere sotto controllo i miei uomini. Zoca è una reliquia del passato. Questa attività, come qualsiasi altra, deve cambiare con i tempi, e Zoca non cambierà mai. L’abilità di adattarsi è probabilmente la qualità più importante che si possa possedere. Tu, signor Camaleonte, lo sai meglio di qualsiasi altro.»
«Ha detto: all’inizio.»
Annuì. «Sì, all’inizio. All’inizio perché ti avrei fatto uccidere subito dopo. Ma questo era prima. Questo era prima che mi dimostrassi che mi stavo sbagliando. Non mi sbagliavo la prima volta che ci siamo incontrati e ho visto in te qualcosa che non avevo mai visto in nessun altro.»
«Sarebbe a dire?»
«Me stesso.»
«Lo prendo come un complimento» disse Victor.
«È il miglior complimento che io possa fare.»
«Cosa aveva detto a proposito dell’arroganza?
Rados annuì e disse: «Touché» prima di aggiungere «quindi sarebbe magnifico se potessi liberarti di Zoca il prima possibile.»
«L’ho ucciso prima» ammise Victor. «Al deposito rottami, insieme a qualcuno dei suoi uomini. Potrei dire che è stata legittima difesa, ma in ogni caso non mi piaceva.»
Gli occhi di Rados si spalancarono, inizialmente non credendo a Victor, ma poi quando capì che non era uno scherzo, rise. «Questo è davvero esilarante. E dimostra quanto avessi ragione nell’assumerti. Ti sei guadagnato il tuo posto qui dieci volte. Perdonami, non ti ho offerto da bere. Ti unisci a me?»
«Certo.»
Rados si alzò per versare un paio di brandy. Gli ci volle un po’, potendo usare una mano sola, ma Victor non gli offrì il suo aiuto... Rados non lo voleva. Allungò a Victor un bicchiere.
«A che cosa beviamo?»
«Alle ombre» disse Rados.
«Non capisco.»
Rados annusò il brandy. «Uno scrittore una volta disse: ‘Rivolgi il viso al sole e le ombre cadranno alle tue spalle.’ Io non sono d’accordo. Dai le spalle al sole. Affronta le ombre a testa alta, così che possano vederti arrivare. Da’ loro un chiaro avvertimento: non hai paura, tu sei l’oscurità che copre la luce. Poi guardale scappare via da te.»
Brindarono. «Alle ombre» disse Victor. Bevvero un sorso all’unisono.
Rados era a distanza ravvicinata, inoltre gli onnipresenti variaghi erano assenti, e le uniche guardie di sicurezza erano lontane, perché ora Rados si fidava di lui. Finalmente era da solo con lui. Poteva uccidere l’uomo a suo piacimento (soffocandolo o rompendogli il collo) e uscire dall’edificio passeggiando, senza ostacoli. Rados poteva usare solo un braccio. Sarebbe stato semplice. Persino facile.
Ma Victor non aveva intenzione di ucciderlo.