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La sua stanza era identica a quella di Victor, ma al piano superiore. Un po’ piccola, perché l’hotel era in piedi da oltre un secolo, ma decorata e arredata con un gusto superbo, e con una punta di stravaganza, che tuttavia risultava discreta.
Come la sua stanza, quella di Abigail sembrava quasi inutilizzata. Il letto era intatto, e le sue cose o erano ancora dentro al trolley che giaceva in un angolo, o erano state distribuite tra l’armadio e i cassetti a disposizione. La scia del suo profumo nell’aria e la sua valigia erano gli unici segnali di insediamento, oltre a un singolo cuscino nel letto matrimoniale, che era stato spostato.
Gli tese una mano, e lui le concesse di aggrapparsi al suo braccio mentre si reggeva prima su una gamba poi sull’altra per togliersi le scarpe. Le mise vicino alla porta.
«Vuoi qualcosa dal minibar?» chiese.
«Acqua frizzante, per favore.»
«Niente di più forte?»
Scosse la testa. «Ho già bevuto molto.»
Cercava il suo sguardo. Nella tenue luce del salotto non lo aveva notato, ma aveva degli incredibili occhi scuri, pieni di gioia ed energia. «A me non sembri ubriaco.»
«La prudenza non è mai troppa.»
Sorrise, scherzosamente. «Saggio.»
Accovacciandosi prese una bottiglia d’acqua in vetro dal minibar della stanza, e una minuscola bottiglia di vodka per sé.
«Puoi versare mentre uso i servizi?»
«Certo» disse Victor.
Portò la sua pochette dentro al bagno privato, e lasciò Victor da solo per circa cinque minuti. Quando ritornò lui aveva versato in un bicchiere la vodka con del ghiaccio, e stava sorseggiando la sua acqua direttamente dalla bottiglia.
«Niente bicchiere per te? Che rozzo.»
«Devo ancora essere civilizzato.»
«Questo sembra deliziosamente intrigante.»
Le allungò il bicchiere e lei finì la vodka in un sorso solo. Le tolse il bicchiere di mano e lo appoggiò mentre lei si sfilava il vestito. Lo guardò dritto in faccia.
«Non farmi aspettare» gli disse.
Non lo fece.
Più tardi, lui si era rivestito mentre lei faceva la doccia, e aspettava il suo ritorno. Si lavò velocemente, e uscì dal bagno indossando una delle vestaglie fornite dall’hotel. Era di un bianco brillante e spessa. Si era lavata i capelli castani e li aveva raccolti dietro la nuca in uno chignon.
«Vuoi farti una doccia anche tu?» gli chiese, quando lo vide nel suo completo.
Victor rispose: «Di norma non faccio la doccia.»
Rise sorpresa e disgustata. «No?»
«Farò un bagno più tardi nella mia stanza.»
Arricciò il naso mentre attraversava la stanza con un asciugacapelli e inserì la spina in una presa vicino al lato destro del letto. Si sedette. Spostò l’asciugacapelli nella mano sinistra e premette l’interruttore con il pollice, mentre la sua mano destra si muoveva fuori dal campo visivo di Victor.
L’asciugacapelli emise un forte rumore, lei guardò nella sua direzione. La sua mano destra apparve un istante dopo brandendo una pistola automatica. Era una SIG calibro 22 con silenziatore, piccola e compatta.
Premette il grilletto mirando al suo petto.
Victor non sentì lo scatto del caricatore perché l’asciugacapelli sovrastava ogni altro suono, come lei aveva programmato. Persino un calibro 22 a bassa potenza non era completamente attutito dal silenziatore.
Mentre lei era rimasta seduta immobile in un momento di confusione, lui aveva appoggiato sullo scrittoio della stanza una singola cartuccia calibro 22. Aveva un proiettile conico e un’anima di acciaio per perforare un giubbotto antiproiettile. La munizione a bassa potenza altrimenti non avrebbe potuto penetrare nemmeno il più sottile dei giubbotti in kevlar. La forma comportava un trauma fisico minore e come conseguenza uno shock idrostatico per il corpo, ma un colpo al cuore era pur sempre un colpo al cuore.
Spense l’asciugacapelli. «Non sono abituata al peso» disse riferendosi alla SIG. «Non pensavo fosse vuota.»
Victor rimase in silenzio.
«Mentre ero in doccia?» chiese.
Lui annuì.
«Ecco perché mi hai lasciata andare per prima. Ho pensato che ti stessi comportando da gentiluomo.»
«Io sono un gentiluomo.»
«Come lo sapevi?»
Victor non ci vide nulla di male nello spiegarlo. «Non avevi dormito nel letto ma il cuscino di destra non era immacolato. In un hotel come questo lo sono sempre.»
«Pensavo di averlo rimesso come lo avevo trovato.»
«Non sei una donna di servizio. Non avresti dovuto nascondere la pistola tra il materasso e la testiera.»
«La volevo vicina.»
Victor non rispose. Non era un insegnante che stava dando una lezione.
«Vuoi sapere chi mi ha mandata? Non dobbiamo far diventare la cosa sgradevole. Possiamo sempre negoziare, ricordalo.»
«So già chi: incarico aperto, commissionato da Phoenix.»
«Il più grande incarico per cui abbia già gareggiato. Ci saranno una dozzina di assassini indipendenti che ti stanno danno la caccia. Cos’hai fatto per far incazzare il cliente?»
«Non sono nemmeno sicuro di chi sia il cliente questa volta.»
«Questa volta?»
«Non sei il primo assassino a inseguirmi. Non sei nemmeno la prima che tenta di uccidermi questa settimana.»
«Questo spiega il brutto taglio che hai sulla coscia. Sei un ragazzo popolare, dico bene?»
«È per la mia personalità vincente.»
«Lo avevi sospettato prima? Quando stavamo chiacchierando nel salotto?» chiese.
«Non hai fatto niente di sbagliato.»
«Non stai rispondendo alla domanda.»
Victor disse: «Sospetto che qualunque persona incontro tenterà di uccidermi.»
«Troppo insensato che la bella ragazza dell’hotel ti trovi carino?»
«Chiamala paranoia professionale.»
Fece un sorrisetto. «Ma non è paranoia se qualcuno vuole davvero ucciderti, giusto?»
Annuì. «Mi ha salvato molte volte in passato.»
«Perché venire nella mia stanza se mi consideravi una minaccia allora?»
«Non lo sapevo, non per certo. Ma preferisco verificare la mia paranoia in privato.»
«Non posso che concordare.» Poi si accigliò per un istante, riflettendo. «Ma se avevi notato il cuscino, perché sei andato avanti facendo sesso con me?»
«Sono un uomo.»
«Un uomo a cui non piace rischiare, mi avevi detto.»
«La mia sopravvivenza dipende dal non correre rischi» spiegò Victor. «Ma una volta ogni tanto, tento la sorte, così posso sentirmi vivo.»
Accettò la risposta con un lieve cenno del capo. «Ora capisco perché non volevi andare nella tua stanza. Non volevi lasciarti dietro prove della mia presenza.»
«Corretto.»
La sua voce era piatta, ma tranquilla. «Non mi lascerai andare, vero?»
La sua era uguale. «No, non lo farò.»
Fece un respiro e si alzò per affrontarlo. I suoi occhi incredibili sembravano lucidi nella luce soffusa. «Non farmi aspettare.»
Di nuovo, non lo fece.
Quando ebbe finito, spostò il corpo nella vasca da bagno, e mise il cartello NON DISTURBARE sulla porta della camera. Persino per Londra era troppo tardi perché i negozi fossero aperti, quindi si sedette in una poltrona della stanza fino al mattino, prima di andarsene, alla ricerca di una valigia rigida, un seghetto, e dei sacchi per rifiuti impermeabili.