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Victor guardò mentre gli uomini di Zoca blindavano le donne nei tre container statici che erano posizionati vicino alla cabina ufficio, chiudendoli con un lucchetto. Alcuni tornarono dentro alla cabina, mentre altri restarono fuori per fumare e scherzare, rievocando lo schiaffo, il pugno e lo sputo.

A quel punto Victor attese. Attese perché non poteva fare altro. Era lì per sabotare la spedizione, per attaccare l’organizzazione di Rados e, nel farlo, scoprire di più su di essa per avvicinarsi al bersaglio. L’eroina o l’hashish potevano essere distrutti, ma non sette donne. Ne aveva i mezzi ovviamente, ma uccidere civili sfortunati non faceva parte del suo manuale.

Supponendo che fosse preparato a oltrepassare quel limite, era comunque una linea d’azione impraticabile. Non poteva sperare di ucciderle tutte senza essere scoperto. Zoca e i suoi uomini sarebbero stati coinvolti. Si sarebbe arrivati a uno scontro a fuoco.

No, Victor non avrebbe distrutto la spedizione di Rados. Ma poteva ancora sabotarla.

Attese finché gli uomini rimasti fuori finissero le loro sigarette e cominciassero ad andarsene. Tre di loro salirono sulla cabina dell’autocarro, altri due si incamminarono a piedi, come confermato qualche minuto dopo dal rumore dell’avviamento del motore, avevano un’auto parcheggiata fuori dal deposito.

Zoca e gli altri rimasero all’interno dell’ufficio. Ma per quanto? Erano quasi le 4:00 del mattino. Alle 5:00 Victor fu certo che quei tizi sarebbero rimasti lì a oltranza, il che aveva senso. Non potevano lasciare le donne incustodite.

Non poteva sapere quando le donne sarebbero state portate via, ma gli erano rimaste solo un paio d’ore di oscurità.

Lasciò il suo nascondiglio e si allontanò. Girò intorno alla montagna di ferraglia e avanzò lentamente verso i confini dell’area, seguendo la recinzione di rete metallica per ruotare intorno al punto centrale, più lontano possibile da Zoca e dai suoi uomini. Voleva essere certo che non lo vedessero né sentissero. Nell’oscurità era possibile e probabile che toccasse qualche pezzo di metallo non visibile, provocando un rumore che lo avrebbe tradito, oppure spostare l’angolazione di qualche pezzo cromato o di qualche specchietto che catturasse e riflettesse la scarsa luce presente.

Una volta tornato cautamente ai container, non c’era più traccia di nessuno fuori. Victor poteva sentirli da dentro all’ufficio. Ora si stavano rilassando. Il fumo di tabacco galleggiava fuori da una finestra. Sentì il suono dei bicchieri che si toccavano per brindare. Sembrava che fossero tranquilli e compiaciuti.

Non c’era momento migliore di quello.

Si mantenne nell’oscurità, muovendosi di ombra in ombra, abbassandosi fino a strisciare quando attraversava le zone illuminate, strappando e sporcando i vestiti di fango a causa del terreno bagnato e roccioso. I tre container si differenziavano solo per il loro grado di corrosione. Scelse quello che conteneva le due ragazze più giovani perché era il più lontano dall’ufficio. Era sigillato da uno spesso lucchetto. Non era il modello migliore in commercio ma sicuramente non il peggiore. Victor prelevò il suo grimaldello e il suo tensore. Con le dita percepì che il grimaldello si era leggermente deformato all’interno della sua tasca quando aveva strisciato sul terreno, quindi impiegò qualche istante nel tentativo di raddrizzarlo. Il risultato non fu per niente soddisfacente: un grimaldello non del tutto dritto, e indebolito dopo essere stato piegato avanti e indietro.

Il lucchetto era immerso nell’oscurità, rendendo il suo compito ancora più arduo. Non poteva rischiare di usare la torcia, nemmeno schermando la luce con il suo corpo, quindi manovrò il grimaldello e il tensore nel buio pesto, cercando di non farsi sentire. Non voleva che le donne all’interno si allarmassero, perché avrebbero fatto rumore e attirato l’attenzione.

Inserì il tensore e cominciò a rastrellare i cilindri con il grimaldello, ma calcolò male la pressione necessaria.

Il grimaldello si spezzò.

Emise solo un leggero rumore, ma attese un momento per vedere se avesse causato qualche tipo di reazione dentro al container o altrove. Niente.

Utilizzando il tensore come un grimaldello, riuscì a tirar fuori il frammento di metallo che si era spezzato. Questo risolveva un problema.

Si allontanò, ma non tra le ombre. Da uno dei cumuli di ferraglia scelse una lattina di alluminio che era ammaccata ma non schiacciata. Trattenne il respiro e la sollevò dal suo sostegno. Ci fu un tintinnio metallico. Si arrestò, immobile. Nessuna reazione.

Tornò lentamente indietro verso la porta del container, accovacciato nell’ombra, e passò qualche minuto a torcere e strappare pezzi della lattina finché riuscì a modellare una striscia di metallo nella forma adatta. Avvolse la striscia di alluminio intorno al braccio della serratura e la spinse dentro, all’interno del sottile spazio tra il braccio e la serratura. La portò ancora più in profondità dentro il buco, finché avvertì una resistenza. Spinse ancora più forte e il meccanismo emise un clic. La serratura era aperta.

Dopo essersi guardato intorno per essere sicuro che nessuno lo stesse osservando, afferrò i braccetti ad anello e li liberò. Ci fu un sommesso stridere di metallo contro metallo, mentre rimuoveva il lucchetto dalla porta del container.

Dall’interno non proveniva nessun rumore. O le donne dormivano o non lo avevano sentito. Ma era impossibile che non reagissero se avesse aperto la porta. Magari avrebbero urlato per paura dei loro carcerieri, o magari lo avrebbero attaccato. Anche se non lo avessero fatto, i cardini avrebbero emesso un lamento arrugginito infernale nell’aprire la porta.

Pensò al fiume e alle chiatte che nel loro passaggio occasionale facevano risuonare la sirena. Quel suono avrebbe coperto ogni suo rumore, ma era impossibile prevedere quando sarebbero passate una nave o una chiatta, e in ogni caso non avrebbe avuto alcun avvertimento. Non era un’opzione valida.

Si fermò un momento per riflettere.

Victor picchiettò, il più delicatamente possibile, le nocche contro la porta del container. Attese.

Lo rifece di nuovo, con un po’ più di forza e un po’ più di rumore. Attese. Ancora niente.

Bussò la terza volta, ancora più forte, ottenendo solo silenzio. Si stava preparando per il quarto tentativo quando ci fu un rumore. Qualcuno aveva bussato dall’interno del container. Non udì alcuna discussione frettolosa o il mormorio di una conversazione. Solo una delle due donne aveva sentito.

«Sono qui per aiutarvi» sussurrò Victor, parlando in russo come aveva fatto Zoca. «Ma dovete restare in silenzio. Non parlate. Bussa due volte se riesci a capirmi.»

Seguirono due deboli (anche se più rumorosi di quanto avrebbe preferito) suoni metallici.

«Bene» disse. «Non dire nulla. Vi libererò. Quando aprirò la porta dovete essere pronte. Spiega all’altra donna quello che ti sto dicendo. Una volta che la porta sarà aperta, dovrete andare immediatamente a sinistra e correre il più velocemente che potete. Ci sarà un sentiero tortuoso tra i mucchi di ferraglia. Raggiungerete una recinzione. Dovrete arrampicarvi. In cima ci sarà del filo spinato. Vi taglierete. Farà male. Ma sarete libere. Bussa due volte se hai capito.»

Ci furono in risposta altri due suoni metallici, più deboli dei precedenti perché la donna all’interno del container ora sapeva cosa aspettarsi. «Okay» disse. «Una volta che sarete dall’altro lato della recinzione, continuate a correre. Se vedete un’auto fatela fermare. Se vedete un negozio, entrate di corsa. Trovate aiuto il prima possibile, ma non tornate indietro e non restate insieme. Dividetevi e non vi prenderanno. Quando aprirò il container, farà un gran chiasso, e lo sentiranno, questo è il motivo per cui dovrete correre il più velocemente possibile e arrampicarvi. Non preoccupatevi se vi taglierete superando il filo spinato. I tagli guariranno e voi sarete libere. Qualsiasi cosa facciate non guardatemi, e non guardate indietro, continuate solo a correre, qualsiasi cosa accada. Vai a dire all’altra donna quello che ti ho detto. Assicurati di dirle assolutamente tutto. Una volta fatto, torna indietro e bussa due volte per farmi capire che siete entrambe pronte.»

Attese. Dopo dieci secondi, niente. Dopo venti, ancora niente.

Qualche secondo dopo sentì i due colpi di conferma.

Prese la porta con entrambe le mani e la aprì.