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Krieger guardò il suo bersaglio scomparire attraverso la porta, fuori dalla sua visuale. Non lo inseguì. C’erano telecamere e testimoni insieme a un mucchio di altri problemi non favorevoli a una conclusione positiva del suo incarico. La missione era stata infruttuosa. Dare la caccia a una causa persa non era nell’indole del tedesco. Non esisteva un modo dignitoso di correre dietro a un autobus in partenza. Ma soprattutto, avevano un accordo. Krieger era un uomo di parola. Un’insignificante parvenza di onore considerando la natura della sua professione, lo sapeva, ma il genere umano non era un’equazione binaria.
Attese nella cabina del bersaglio fin quando il treno si fermò in una piccola stazione rurale, per consentire l’accesso ai paramedici. A quel punto se ne andò.
Krieger si disfece della Glock e rimase a fissare la luna, chiara e luminosa nel cielo notturno, cercando risposte. Una scelta saggia, persino per un corpo celeste.
Non gli dispiaceva essersi liberato della pistola. Una discreta pistola completa, ma lo aveva oltraggiato per la sua stessa natura. La Russia non era il suo principale campo operativo. Aveva acquistato la Glock all’interno del Paese, da un faccendiere nei sobborghi di Mosca. Krieger aveva richiesto una pistola compatta dato che sarebbe dovuto entrare in azione su di un treno. Avrebbe sparato a bruciapelo. Il faccendiere gli aveva assicurato che avrebbe potuto soddisfare le sue esigenze. Il faccendiere aveva mentito o era stato incompetente. Krieger non sapeva quale fosse delle due, poiché lo aveva strangolato per aver fallito. Da uomo di parola quale era, l’assassino si aspettava (pretendeva) lo stesso dagli altri.
Quel fallimento aveva avuto un costo per Krieger. Diversamente l’incarico sarebbe stato portato a termine. Avrebbe sparato al bersaglio nell’orchestrata occasione dell’effetto a sorpresa, semplice e lineare. Invece quella frazione di secondo di ritardo era stata sufficiente per salvare la vita dell’uomo.
Krieger credeva nella mano del destino e trovò difficile razionalizzare una simile interferenza, ma al tempo stesso trovò conforto al posto della rabbia. Se questo era ciò che era stato scritto per lui, c’era poco che potesse fare per cambiarlo.
Ci sarebbero state altre occasioni da sfruttare, lo sapeva.
Assaporò qualcosa di dolce e amaro allo stesso tempo. Sale. Glucosio. Ferro. Toccò con la punta della lingua il dorso della sua mano, lasciando una striscia di saliva arancione. Sangue.
Aveva un taglio all’interno della bocca.
Krieger era sbalordito.
Conosceva bene il sapore del sangue, ma solo quello delle sue vittime o dei suoi nemici. Non aveva mai assaggiato il suo. Forse una volta quando era piccolo poteva essere caduto ed essersi tagliato, ma ogni incidente di quel tipo era così indietro nella vorticosa nebbia del tempo, che non possedeva alcuna memoria da cui attingere per ricordare il sapore.
Scoprì che gli piaceva il sapore del suo sangue. Era ricco di piastrine e con un alto contenuto di minerali.
Krieger si vantava di non essere presuntuoso. Il fatto che nessuno lo avesse mai ferito in quel modo era un dato oggettivo. Ogni scontro violento era sempre avvenuto alle sue condizioni. Le persone non lo ferivano. Lui feriva loro. Era così che andava il mondo. Era una legge immutabile dell’universo. Quella legge era stata infranta. Non era felice che la sua realtà si fosse modificata.
Ma da appassionato di mitologia, ricordò a sé stesso che Odino, re degli dèi norreni, padre di tutti, aveva scelto di rinunciare al suo occhio per acquisire il più prezioso dei tesori: la saggezza.
Un po’ di sangue era il piccolo prezzo che Krieger doveva pagare per la sua.