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Non sapeva praticamente nulla di armi, ma sapeva che una pistola senza proiettili era inutile. E quello era il motivo per cui non glieli aveva dati. Aveva paura che non avrebbe aspettato fino alla festa. Aveva paura che alla prima occasione l’avrebbe rivolta contro i suoi carcerieri, che si sarebbe fatta uccidere distruggendo la sua possibilità di uccidere Rados.
Aveva ragione.
La parte più disperata di lei voleva provarci comunque, puntarla contro i vermi che la tenevano lì, divertirsi a guardarli fuggire da lei mentre se ne andava. La parte razionale di lei sapeva che non li avrebbe ingannati a lungo. La sua possibilità migliore era aspettare, fidarsi che si sarebbe attenuto alla sua parte dell’accordo tirandola fuori di lì una volta che Rados fosse morto. In ogni caso non si fidava di lui. Non si fidava di nessuno. Non più.
Non c’era alcuna ragione per cui un uomo come lui, come i suoi carcerieri, avrebbe onorato la sua parola. Una volta avuta la pistola, una volta ucciso Rados, non aveva alcun bisogno di aiutarla. Non le sarebbe più servita. Poteva fuggire e lasciarla indietro.
Aveva un’idea.
Lui aveva bisogno di una pistola. Lei aveva bisogno dei proiettili.
Alla festa lui avrebbe dovuto recuperare la pistola da lei per portare a termine il suo lavoro e uccidere Rados. Non era costretta a dargliela.
‘Dammi la pistola’ avrebbe detto.
‘No’ avrebbe risposto lei. ‘Dammi i proiettili e fammi uscire di qui, allora potrai avere entrambe le cose e uccidere Rados.’
L’uomo alla finestra le dava le spalle. Era un uomo di poche parole. Non l’aveva ancora toccata. L’aveva lasciata da sola con i suoi pensieri.
«Stai bene?» gli chiese, perché sapeva come sembrare premurosa, e aveva imparato che così facendo sarebbe stata trattata meglio.
Aveva fatto del suo meglio per sorridere ed essere cortese e attenta. ‘Non combinare guai’ le aveva detto. Doveva soltanto aspettare fino a sera, fino alla festa. Poche ore, nient’altro. Poteva farcela.
L’uomo disse: «Posso farti una domanda, per favore?»
«Certamente» rispose, era sempre lieta di parlare al posto di fare altro.
«Chi è l’uomo con i capelli bianchi?»
«Si chiama Zoca. È lui che comanda qui. Come una sorta di manager suppongo.»
«Grazie» le disse. «Era quello che immaginavo.» «Sai chi è l’uomo con il completo? Lo straniero. Ha i capelli e gli occhi scuri. È un po’ più alto di me. Un po’ più magro.»
Si irrigidì alla domanda. Lui lo percepì, oppure lo vide dal suo riflesso nel vetro della finestra. Si voltò. Aveva una faccia gentile e i capelli brizzolati. Un tedesco, dedusse dall’accento.
«Quindi lo hai incontrato» disse il tedesco.
Non era una domanda. Era un’affermazione. Lo sapeva. Non sembrava esserci motivo di mentire ma al tempo stesso sentiva che avrebbe dovuto.
«Ah» disse il tedesco, leggendo la sua espressione. «Non lo hai soltanto incontrato. Per caso conosci il suo nome?»
Scosse la testa. «So soltanto che lavora per l’uomo che possiede questo posto. Il capo di Zoca.»
Il tedesco sembrava sorpreso, ma anche colpito. «Molto interessante. Inaspettato, tuttavia riflettendoci meglio è una linea d’azione perfettamente logica. Da quanto tempo lavora per Rados?»
Come faceva a sapere di Rados? Chi era questo tedesco? Il suo disagio aumentava di secondo in secondo.
«Non molto» disse. «Una settimana, forse.»
«Ma lui e Zoca non vanno d’accordo da quello a cui ho potuto assistere.»
Lei alzò le spalle. «Non so niente al riguardo. Faccio solo il mio lavoro.»
Avevano l’ordine di chiamarlo lavoro. I clienti venivano scoraggiati dalla verità, le era stato detto.
«Lo vedo» disse il tedesco. «Ma vedo anche che sei sorprendentemente ben informata.»
Lei non disse nulla, aveva paura di confermare tanto quanto di negare.
«Non essere spaventata» disse il tedesco, calmo e rassicurante.
«Non ti causerò problemi. Sono un vecchio amico dell’uomo con il completo.»
Non gli credeva, ma tentò di nasconderlo.
Lui lo capì e si corresse. «Be’, ho detto vecchi amici, ma forse è più preciso dire che siamo conoscenti in affari. Una sorta di colleghi. Sarebbe bello incontrarsi. Dove potrebbe essere diretto con Zoca?»
«Come faccio a saperlo?»
«La domanda migliore è come fai a essere così informata?»
Non gli rispose.
«Se può interessarti, credo che Zoca abbia intenzione di far del male al tuo amico.»
I suoi occhi si spalancarono prima che riuscisse a impedirlo. Tentò di ricomporsi, ma la sua libertà, la sua vita, le stavano scivolando via. Lo sguardo del tedesco divorò la sua paura e ne sembrò soddisfatto.
«Non mi interessa che tipo di relazione tu abbia con lui. Non mi interessa cosa hai dovuto fare per sopravvivere qui, e nessuno saprà niente di quello che mi dici. Forse posso persino aiutarti, se tu aiuti me in cambio.»
«Che genere di aiuto intendi? Cosa vuoi da me?»
«Voglio informazioni. Informazioni di cui sono già in possesso, ma tu puoi aiutarmi a processarle più velocemente.» Lesse la sua confusione e aggiunse: «Puoi risparmiarmi un po’ di tempo.»
«Come? Che tipo di informazioni?»
Inclinò la testa da un lato. «Sei una donna intelligente. Penso che tu sappia esattamente cosa desidero sapere.»
Lo sapeva. «Cosa ricevo in cambio?»
«Questo dipende dal valore dell’informazione che fornisci» rispose il tedesco. «Ma se mi aiuterà a incontrare il mio conoscente, allora sarò generoso nel ricompensarti.»
«Quanto generoso?»
Il tedesco sollevò la mano, con il palmo rivolto verso l’alto. «Sai cos’ho in mano?»
Scosse la testa. «Non c’è niente.»
Anche il tedesco scosse la testa. «No, ti sbagli. Nella mia mano c’è tutto quello che desideri. Guarda come lo sorreggo senza sforzo. Guarda come è facile per te afferrarlo.»
Guardò. «Non sai quello che voglio.»
«So esattamente cosa vuoi» disse. «Vuoi vedere il cielo azzurro sopra la tua testa. Vuoi comprarti una tazza di caffè.»
Lottò, ma non riuscì a impedire ai suoi occhi di inumidirsi.
Il tedesco disse: «Penso che lo sappia anche l’uomo che sto seguendo. Penso che ti abbia offerto quello che ti sto offrendo io, ma che non te lo abbia ancora dato. Cosa sta aspettando? È davvero necessario farti aspettare così a lungo?»
Aveva un accordo con l’altro uomo, ma l’accordo dipendeva dal fatto che lui uccidesse Rados. Dipendeva dal fatto che lui sopravvivesse a Zoca. Il tedesco offriva la stessa cosa, ma solo per delle informazioni. La sua gola le faceva ancora male.
Mise il suo palmo su quello del tedesco.
«Hai fatto la scelta giusta» disse. «Una volta che avrò concluso il mio affare potremo andare a prenderci quel caffè.»
Posò l’altra mano sopra la sua, come una bizzarra stretta di mano per suggellare il suo tradimento. Il suo stomaco si contrasse, ma sostenne lo sguardo del tedesco senza esitazione.
«Ora» continuò. «Rados possiede un magazzino al porto e una sfasciacarrozze, giusto?»
«Non so niente del magazzino. Lo giuro.»
«Ti credo. Ma sai della sfasciacarrozze?»
Annuì. «Sì. Sono stata lì. È un posto orribile. All’inizio, quando sono stata portata qui, ci hanno messe dentro a dei container durante la notte.»
«Deve essere stato terribile per te» le disse. «E quando eri lì, chi era al comando?»
«Zoca.»
Il tedesco sorrise. «Era esattamente quello che speravo di sentire.»