l'automobile di un poliziotto frenò. "Hai perso la strada, yOung lady?" "No, grazie." "Bisogno di aiuto?" "No, grazie." "Meglio non passeggiare da queste parti young lady." «Sì, grazie." "Vuoi salire, young lady?" "No, grazie." Il poliziotto ripartì. Lei riprese ad andare seguita dal vagabondo che le tirava la manica e reclamava il ventino. Intanto pensava che strano, ormai è tutto chiaro, tutto deciso: allora perché non sento rassegnazione o compiacimento o dolore? Perché me ne vado con questa compostezza da automa? "Un ventino, please." Bill non voleva abbracciarmi, da ultimo. Però è stato bello: più bello che abbracciare Richard o chiunque altro. Dovrò tentare di non rivederlo, in futuro. O vederlo il meno possibile. "Un ventino, please. Un ventino." Del resto, lo ha capito anche lui. "Se non fosse tanto importante per Dick, ti direi: lascia subito l'America, Giò, perché se resti..." "Un ventino, please. Un ventino." L'ossessione era dunque reciproca. "C'erano giorni in cui cercavo Dick per cercare anche te. "Un ventino, please. Un ventino." E l'attuale incertezza non era reciproca? "Non mi rendo più conto se mi è più caro lui o se mi sei più cara te." Nemmeno io; nemmeno Richard, Bill. "Un ventino, please. Un ventino. Un ventino." Ora i vagabondi che le tiravan la manica erano due. Ora tre. Ora quattro, cinque. Ora erano un grappolo, tanti grappoli: le sembrava d'essere il pifferaio del flauto magico quando suona il flauto e i sorci lo seguono. Però non la seguivano soltanto. La affiancavano, la precedevano, la pressavano: puzzolenti, più disgustosi di una melma di sorci. E gridavano reclamando il ventino. "Un ventino! Non lo sai che questa è la tariffa, ragazza?" Come no? C'era una tariffa anche per far l'elemosina, in America. Sorridendo cercò gli spiccioli, li consegnò al più petulante, e fu come dare un segnale. I vagabondi aumentarono, si raddoppiarono, la circondarono finché si trovò in un mare di mani, di braccia, di stracci, di occhi vitrei, di bocche bavose, e un solo pensiero dentro la testa: "Ecco, anche questa è l'America. Ecco, sto facendo l'elemosina agli americani". L'elemosina agli americani? Lei che apparteneva a un paese afflitto da millenarie elemosine, buon ultima l'elemosina delle sigarette americane, delle cioccolate americane, della libertà americana? L'idea le parve così comica, imprevedibile, assurda, che di colpo dimenticò Bill, la compostezza d'automa, e sguaiatamente afferrò tutti i soldi che aveva: ventini, decini, quarti di dollaro, fogli da un dollaro, due dollari, cinque dollari, dieci dollari. Sguaiatamente li buttò sulla melma dei sorci che gridavano, benedivano, maledivano, si calpestavano. Sguaiatamente rise allo svolazzare dei fogli, al tintinnar dell'argento, all'esplodere della sua triste, meschina vendetta: e solo quando il borsellino fu vuoto la smise, voltò in direzione del Village. Ormai non avrebbe potuto pagarsi nemmeno il biglietto dell'autobus: doveva percorrere a piedi tutta la strada che la separava da Richard. Ma più camminava meno aveva fretta: quasi che l'idea di arrivare le desse fastidio. Non pensava nemmeno più a Bill, ora, né a Richard. Pensava ai poveri cui aveva gettato i suoi soldi, tragici già come una nazione di topi con pallidi occhi che vedono solo nel buio perché un filo di luce li acceca, gracili membra che non possono trascinarsi via dalla tana: a guardare il desolato paesaggio di città frantumate, dissolte, grattacieli ridotti a una manciata di sassi. E i colpi di clacson le sembravan già urli delle sirene d'allarme, il lamento straziante che annuncia un aereo, due aerei, venti aerei che portano il chicco di rena: micidiale come un bruscolo nell'occhio di Dio. Quelle case dure, quei blocchi di cemento geometrico, le sembravan già shelters pronti a chiudere le porte stagne sull'estraneo che chiedeva pietà: e certo c'era già un fucile tra le scatolette di carne e la riserva di acqua, la canna puntata contro l'incauto che voleva rubare l'ossigeno. Era dunque questa, l'America? L'America sconfitta di Igor? Ecco, mancavano pochi metri alla casa di Richard. Bastava attraversare la Quinta Avenue e percorrere un pezzo di marciapiede. Ma non c'era proprio ragione di avere fretta, poteva anche fermarsi in questo negozio, sfogliare quel libro, leggere quella poesia di Langston Hughes che finiva: "Cosa succede di un sogno rimandato? Si dissecca come