intollerabile." "Non lo conosco abbastanza." "Io lo conobbi dopo la guerra: a guardarlo si sarebbe detto che l'avevamo perduta. Che mi abbia interessato per questo? Solleticava, come dire?, i miei peggiori istinti paterni. Ad esempio, il suo piangere. Tu piangi, Giò? No, non direi. I tuoi occhi sono intatti. Intatti e bellissimi. Dick ti ha detto che hai bellissimi occhi? Ci si può innamorare di questi occhi, davvero." Aveva allungato una mano e le sfiorava le palpebre. Giovanna si stupì di non provare fastidio ma un indefinito piacere: eh, sì, Martine aveva ragione. L'uomo aveva del fascino. Contemporaneamente, però, sentì tornare l'antipatia e allora si chiese come faceva Martine a sostenere che erano fatti per andare d'accordo. "Martine sostiene che siamo fatti per andare d'accordo," continuò Bill. "Dice che tutti e due siamo forti ma non sappiamo resistere alla dolcezza, soprattutto alla dolcezza per chi ha bisogno di noi. Chissà che Martine non abbia ragione. Uno splendido accordo oppure..." i baffetti vibrarono, "...un atroce conflitto." Giovanna buttò giù quasi tutto il whisky e non rispose. "A proposito, Giò. Sai dov'è Dick? Lo cerco da quattro giorni. Sparito. Complimenti, sai bere." Giovanna tirò giù un altro sorso, per prendere tempo. Poi scosse le spalle. "Non lo so." "Avrei giurato che tu lo sapessi. Ti disse che doveva partire?" "No." "Sono preoccupato per lui. Dick è così strano: non bisognerebbe mai lasciarlo solo. Sai, il tipico rappresentante di una generazione priva di dèi. Non è cattolico, non è ebreo, non è marxista. Non crede neppure nel denaro e nel successo. Vive in totale anarchia ma l'anarchia richiede autosufficienza: ciò che Dick non ha. Ne convieni?" "Forse." "Non si può dire che tu sia una donna ciarliera. D'altra parte, odio le donne che esasperano coi loro discorsi, come Martine. Figurati che una sera mi ha illustrato per due ore l'esercizio della tua virtù. A ciò aggiungi che Martine, quando è sbronza, balbetta. Un incubo: vi-virtù. Vi-vi. Vi-vi. Infine esclamai: sì, Martine, vivo. Ma se continui, mi fai morire. Sorry: non ti faccio ridere, vero?" "Al contrario. Era molto divertente." "Bugiarda. Non ci trovi nulla di divertente. Non puoi divertirti. Sei troppo nervosa." Lo era. Alle cinque del pomeriggio la cameriera scendeva al drugstore: il telefono sarebbe rimasto incustodito. Scese di colpo dallo sgabello. "Scusami, Bill. Ora devo rientrare." "Capisco, finiamo il whisky. Dopo, posso salire con te? Oggi non ho voglia di scrivere e soffro di solitudine: perciò ti ho chiamato. Sai, gli americani temono soprattutto due cose: la solitudine e il silenzio. Quando odono il silenzio si mettono un dito dentro gli orecchi per controllare di non essere sordi, oppure accendono la radio. La radio è il loro ossigeno. Hai visto? Anche quando escono di casa si portano dietro la radio: transistor. Ieri m'è capitata una scena che andrebbe bene per il tuo film: marito e moglie che camminavano a braccetto nel parco, ciascuno dei due tenendo la propria transistor agli orecchi." "Parli come se tu odiassi l'America," disse Giovanna. E si affrettò verso la porta. "Oh, no. La amo invece. Come amo la gente infelice." "Martine ti sembra infelice?" "Non ho detto che amo Martine." Attraversarono la strada: due ragazze coi libri sottobraccio si girarono a guardar Bill ed emisero un fischio di ammirazione che lui non raccolse. Lui camminava piano e lei in fretta. Allo spalancare della porta il dispositivo di allarme suonò senza che la cameriera avvertisse la polizia di non scomodarsi. La cameriera era uscita. "Cretina!" sibilò, inferocita, Giovanna. Poi, ancora più inferocita, sollevò il microfono: Tutto bene, grazie". Infine salì nel soggiorno e sedette vicino al telefono. Anche Bill sedette vicino al telefono. "Perché non ti accomodi su quella poltrona, Bill? E' più comoda." "Qui va benissimo, grazie." "Ma no! Stai più comodo sulla poltrona." "Sto bene qui, ti dico." Si fissarono in silenzio: lei seria, lui ridente. Poi Bill cominciò a giocare con il telefono. Alzava il ricevitore e lo abbassava. Quando lo alzava lo teneva all'orecchio qualche secondo, quasi si divertisse ad ascoltarne il rumore, e fintanto questo durava Giovanna sentiva come uno strappo. Lentamente, inesorabilmente, l'antipatia si centuplicava insieme a qualcosa che non avrebbe saputo definire. Una voglia di litigare, certo: ma allo stesso