Giovanna sentì una ventata di tenerezza chiuderle il ventre. Bevvero il whisky: lei piano piano, come se non ne avesse bisogno, lui in un sorso solo, come se volesse farsi coraggio. Entrambi in silenzio. Il silenzio era interrotto soltanto da un rumore di passi che pioveva giù dal soffitto: ritmici, calmi, spietati, quasi che chi camminava aspettasse uno che tarda ma deve venire. Uno, due. Uno, due. Uno, due... Richard alzò gli occhi al soffitto, corse a mettere tre o quattro dischi sopra il grammofono. Poi si tolse le scarpe, si buttò sopra il letto. Dalla finestra con le tende scostate entrava, accendendosi e spegnendosi a intervalli precisi, la reclame azzurra di una insegna del Gordon's Gin. Giovanna pensò che con quella luce azzurra sul volto egli sembrava un arcangelo. Degli arcangeli aveva anche la dolcezza femminea e i capelli un po' lunghi che si arricciavano sulle orecchie e la fronte. "Ah, che passaggio! Che voce! Ti piace, Giò?" "Chi è?" "La Fitzgerald. A me buca il cuore. Ho logorato sei dischi in un anno. Ah! Questa è Love for Sale. Poi viene Night and Day. E poi Ace in the Hole. Ah, divina! Sei triste, Giò?" "Np. Perché?" "Parli così poco, tu. A monosillabi, a volte. Io invece parlo troppo. Non riesco a star zitto. Mai. Soprattutto quando sono felice. Sei felice, Giò?" "Sì." "Io sono tanto felice, in questo momento, da avere paura. Paura di che?, mi dirai. Mah! Non lo so. Di tutto, di nulla. Forse perché mi sembra di avere vent'anni. Cristo! Non suonerà mica l'allarme? Non verranno mica i tedeschi?" Buttò giù un altro whisky, giulivo. Poi incrociò le mani sotto la testa e guardava il soffitto: come il giorno in cui lei gli era andata accanto, sul letto, e Joseph era chiuso nel bagno. "Vent'anni, davvero. Quando penso che l'altra sera ero al cocktail e guardavo distratto una ragazza con l'abito d'oro! Chi andava a pensare che quella ragazza era la stessa bambina che mi aveva ceduto il suo letto? Il mondo è ben piccolo! E tu, come sei bella! Dovresti posare per me. Davvero. Avresti dovuto vederti mentre ballavi. Quei negri ti mangiavan con gli occhi. Sai, ho avuto paura quando lo scimmione è venuto a invitarti, ma dopo! Dopo ho avuto addirittura terrore. Pensavo: ora la mangiano. Dio! Ora la mangiano." Giovanna posò il bicchiere quasi intatto di whisky, sedette cauta sul letto. Lui parlava, parlava, le mani incrociate sotto la testa, come quel giorno: e a lei saliva un tremito su per le gambe, come quel giorno, sulla tempia sinistra le pulsava forte una vena, come quel giorno, e tutto ricominciava dal momento preciso in cui s'era interrotto quel giorno. Gli si accostò ancora un poco, sul letto. Lo guardò dritto negli occhi. "Richard." "Oh, ti annoio! Perdonami. Sì, capisco, è un po' tardi. Ora ti riaccompagno in albergo. Ma perché non aspetti ancora un pochino? Un pochino. Vuoi vedere la televisione, magari? L'accendo." Buttò giù un altro whisky: nervosamente, stavolta. Accese lo schermo dove una ragazza in camicia saltava su un materasso: la reclame della
notte. "Strano, dovrebbe esserci un buon programma a quest'ora. Ma sì, forse hai ragione: sono le due e mezzo, ormai. Vuoi tornare in albergo. Ma no: aspetta, ti prego." "Richard," disse Giovanna, decisa. "Non voglio vedere la televisione. Non voglio andare in albergo." Poi gli andò ancor più vicino e tutto accadde come doveva accadere: mentre una ragazza, in camicia reclamizzava un materasso, mentre la Fitzgerald cantava Ace in the Hole, mentre i bagliori del Gordon's Gin si accendevano e si spegnevano sopra di loro: in una scena da film di terz'ordine. Ora Richard aveva spento la luce e respirava forte come uno che ha fatto una corsa. Lei invece tratteneva il respiro come quando cadevano le bombe dagli aeroplani. Non sentiva piacere, né contentezza, né orrore: sentiva solo un gran sonno, poi una gran noia, poi un gran sonno, e infine sentì un gran male come il giorno in cui il medico l'aveva operata d'otite, con un ferro caldo dentro l'orecchio. E allora aprì gli occhi e sopra i suoi occhi c'erano quelli di Richard: spalancati, disperati, sorpresi. E Richard che si lamentava. "Oh! I am sorry, sorry, sorry!" "Ma no, Richard. Perché?" "Oh, I am sorry, sorry, sorry!" ripetè Richard. Poi si staccò rannicchiandosi dall'altra parte del letto, si coprì con le mani la faccia, si scosse in un gemito. Un