"Te lo ha già ripetuto. Sei un negro moccioso." "Ah sì?" Il ragazzo la guardò. Poi guardò Bill. Poi guardò Richard. E si gettò sopra di lui. "Bill!" strillò Richard. Bill rimase un attimo fermo. Poi, veloce come uno schiaffo, si insinuò a braccia unite nel mezzo, li divise. "Tu entra in macchina," ordinò a Richard. "Tu vattene a casa," ordinò al ragazzo. Richard ubbidì: chiudendosi nell'automobile. Il ragazzo ubbidì: scivolando via lungo il muro. Giovanna non si mosse. "Nessun altro?" chiese allora Bill girandosi verso il gruppo dei negri. "Certo, uomo." Placidamente un negro si staccò dal gruppo. E poi un altro, un altro ancora: finché quattro furono in fila ad aspettare un suo cenno. Lui stava lì, con la sua camicia perfettamente stirata, la sua cravatta perfettamente annodata, la sua eleganza da Madison Avenue e i quattro negri aspettavano un suo cenno. "Avanti," disse Bill allontanando con uno spintone Giovanna. E fu un attimo. Subito i quattro lo circondarono, lo coprirono, lo sommersero in una valanga sorda di pugni. Subito Bill riemerse: imponente, diritto, infrangibile come un grattacielo di ferro, e a sua volta cominciò a menar pugni ciascuno dei quali non mancava mai l'obiettivo prescelto. Più i negri picchiavano, più lui picchiava. Più i negri si piegavano, più lui si ergeva: incapace di cedere. Aveva i capelli sugli occhi, la cravatta a sghimbescio, una manica quasi strappata. Ma non cedeva. E attaccava, anzi, come un toro fra i tori, mentre Richard rannicchiato nell'automobile gemeva "Oh, Dio! Oh, Dio! " e Giovanna guardava allibita ora l'uno e ora l'altro. Poi il primo negro colpì Bill al naso, dalla narice gli colò denso un rivoletto di sangue. E Giovanna, dimenticando Richard, si buttò nella mischia. Si attaccò prima al negro che aveva colpito Bill, poi a un altro, a un altro ancora, e tirava pedate, schiaffi, tutto ciò che poteva, decisa anche lei come un piccolo toro, svelta, cattiva: e la cosa durò fino a quando non giunsero i due poliziotti sull'automobile grigia. "Bene," disse Bill passandosi una mano sopra i capelli e toccandosi il naso come se fosse stato un oggetto prezioso che qualcuno aveva osato

sfiorare. "Abbiamo avuto fortuna. Te lo avevo detto, Dick, che non era il caso di venire quaggiù." "Me la sarei cavata benissimo anche da solo," brontolò Richard fissando il parabrezza. "Lo so, lo so," disse Bill. Poi si tolse la giacca che aveva la manica definitivamente strappata, si aggiustò la cravatta e mise in moto. "Vedi, Dick. I poveri non sono cattivi ma hanno il pessimo gusto di essere litigiosi coi ricchi." "I negri, vuoi dire," brontolò Richard. "I poveri, Dick. Bianchi e neri. Quanto a te, Giò, complimenti. Ti sei comportata proprio benino. Ti ho visto tirare una pedata che valeva un sinistro. Dove hai imparato?" "A scuola," ringhiò Giovanna. E, ancora ansimando per la fatica, si asciugò il sudore, accese una sigaretta. Era infuriata. Non riusciva a capire, davvero non riusciva a capire, perché Richard si fosse rifugiato nell'automobile e ci fosse rimasto: lo odiava. Odiava anche Bill che era stato così coraggioso e lo aveva umiliato. Ma soprattutto odiava Richard, e così ripercorsero i larghi viali a spirale, con quel vento che entrava dal finestrino, quel caldo che veniva di sotto al motore, poi il Central Park, deserto sebbene fosse domenica, poi un tratto della Quinta Avenue, deserta perché era domenica, Bill a sinistra, Giovanna nel mezzo e Richard a destra: Richard mortificato, Giovanna infuriata e Bill zitto. Ciò che era accaduto era davvero terribile: tutti e tre lo sapevano.

Significativo, avvilente come se avessero confessato i propri peccati nello stanzone detto Church of The Heir. E la colpa, concludeva ora Giovanna, era tutta di Bill che per primo aveva attaccato litigio. Quando Bill li lasciò dinanzi al Museum of Modern Art, lo salutò con raddoppiata freddezza. "Non vieni con noi?" chiese Richard a Bill, quasi implorando di non restar solo insieme a Giovanna. "Con una manica rotta e il naso che sanguina? No, grazie. Raccontale l'uragano, piuttosto. Le farà bene." E, con un rombo, partì. Il museo era una faccenda noiosa, come tutti i musei. L'unica cosa che la colpì fu un cubo compresso di ferro, detto The Yellow Buick. Aveva le dimensioni di una grossa scatola e, spiegò Richard, un tempo era stato davvero una Buick gialla, poi