in costume da bagno abbracciavano gli uomini seminudi e li baciavano sulla bocca mentre mammy diceva: "Non guardare, è schifoso". Ma in quel fazzoletto di rena tutto era pulito, casto, perfetto. Al tramonto, quando veniva l'ora di tornare a casa, egli piangeva. Al tramonto i baracconi accendevano tutte le luci, le giostre giravano, l'ottovolante sfrecciava in un fracassare di ferro, gli hot-dogs friggevano in un piacevole puzzo di grasso: gli sarebbe piaciuto talmente mescolarsi alla folla e vedere la donna sirena o l'uomo somaro invece di tornare a New York. Mammy invece rispondeva di no, di no, lo portava tutt'al più a Kiddieland dove per ogni bambino c'era un poliziotto finché un giorno lo aveva messo dinanzi alla donna sirena che era orribile, tutta nuda e con la coda al posto delle gambe. Lui era scoppiato in urli mentre Florence diceva: "Hai visto? L'ho fatto per dimostrarti che mammy ha sempre ragione". Ma sì, lo sapeva, era vero, mammy aveva sempre ragione: però questa volta non avrebbe ascoltato i suoi consigli, il suo affetto morboso. Staccò il telefono che cominciava a suonare, agguantò il sedicesimo foglio per scrivere la lettera a Giò. Buttò via anche il sedicesimo foglio. E se una volta tanto avesse rinunciato a scappare? A cosa era servito il suo scappare alla guerra? Nient'altro che a peggiorare le cose... No, non doveva scappare... no, sì... Aveva diciott'anni, a quel tempo, e papà era morto dopo un litigio con mammy: "Lo rovinerai, ti dico. Lo rovinerai come hai rovinato me: strega!" "Ah, sì? Io ho rovinato te? Io che ti proteggo, ti difendo, ti aiuto?" "Florence, sto male." "Ma sì, stai male. Tanto, cos'altro sai fare, tu, all'infuori della sporca faccenda che chiami rito, momento sacro?" "Florence, sto morendo." " E' morto, mammy!" "Ed ora che tuo padre ci ha lasciati cosa faremo, figliolo?" "Ho deciso di arruolarmi, mammy." "Ma c'è la guerra, figliolo." "Appunto, mammy." "Tu non sei fatto per la guerra, figliolo." "Devo andarci lo stesso, mammy." Sperava che la guerra lo liberasse dall'indifferenza per la morte del padre, dalle debolezze coltivate nella prigione materna: che lo uccidesse. Ma Florence aveva ragione: lui non era fatto per andare alla guerra, nessuna specie di guerra. I soldati, divertiti dalla sua timidezza, dal suo corpo gracile, si facevano beffe di lui: una sera lo avevano trascinato dentro un bordello dove... L'attesa del combattimento schiantava i suoi nervi: non aveva mai sopportato i rumori né la vista del sangue né il pericolo. Non era mai stato in battaglia prima che lo facessero sbarcare in Sicilia e non immaginava nemmeno quel che sarebbe successo quando, la sera avanti, il generale col sigaro in bocca aveva gridato alla truppa: "Nessun fottuto bastardo ha mai vinto una guerra andando a morire per il suo fottuto paese. Le guerre si son sempre vinte facendo morire altri fottuti bastardi per il loro fottuto paese". Lo aveva esaltato, il generale. Si sentiva audace e deciso mentre la nave solcava il buio: deciso a vivere, deciso ad uccidere. Poi, all'alba, che orrore! Le chiatte da sbarco correvano inesorabili verso la spiaggia di fuoco. Dalla spiaggia le bombe schizzavano in vampate di luce, poi esplodevano in ciuffi di acqua: secche come le risate di mammy. Lì però non c'erano risate di mammy. C'erano urla, e lamenti, e scoppi, e ragazzi come lui, che saltavano decisi nell'acqua e subito cadevano giù: col loro fucile ormai inutile. Un soldato piccolo e biondo gli era caduto proprio davanti, con la faccia affondata nell'acqua come dentro un guanciale, le braccia tese sull'acqua come a invocare pietà. Pietà? Non c'era scampo, o pietà; né in cielo, né in mare, né in terra. In terra i ragazzi cadevano in posizioni sempre più assurde,
ruzzolando, inciampando, piegandosi tutti in un grido "Aah!", poi in un allibito silenzio. Dal cielo i paracadutisti scendevano lenti come fogliolini di carta alle parate di Broadway, ma non erano fogliolini di carta, erano vite umane appese a un cencio. A volte scendevano che eran già morti e allora lui li vedeva afflosciarsi con un tonfo sordo. Un morto, due morti, cento morti, mille morti: e ad ogni morto lui si sentiva più vivo, più vivo, perché era toccato al morto e a lui no. Quante ore era durato l'inferno di Gela? Non lo avrebbe mai saputo. Né avrebbe mai saputo se aveva ammazzato qualcuno: sparava a occhi chiusi,