innervosiva. Passò in camera da letto; il letto era in ordine ma sul grammofono restava il disco della Fitzgerald e il vederlo lo punse. Passò in cucina e i bicchieri stavano in fila, puliti, ma il vederli lo sconcertò. Passò nella stanza da bagno, si fece la barba, ma sulla pelle fiorì una goccia di sangue e di colpo arrossì: coprendosi gli occhi. Povera Giò. Era tremendo far quella cosa: come tirare una pugnalata a un bambino. Quale imbecille può sostenere che è un rito, un momento sacro? E' una sporca, dolorosa faccenda: mammy aveva ragione. Finì in fretta la barba, gettò con stizza l'asciugamano, tornò nel soggiorno, cadde a sedere sulla poltrona: gli occhi volti al soffitto. E dal soffitto piovve, come da un rubinetto che perde, il rumore dei passi. Andavano da una parete all'altra, poi da questa a quella di prima: ritmici, calmi, spietati, quasi che chi camminava aspettasse qualcuno che tarda ma deve venire. Uno, due. Uno, due. Uno, due. Ecco, ora si fermavano ma presto sarebbero ricominciati, e in quell'intervallo gli sembrava di udire un respiro affannoso, il respiro di mammy che attende rigida l'invocazione: "Hallo, mammy!" Succedeva sempre così quando lui era in casa. Per chiamarlo Florence si metteva a camminare su e giù e non smetteva finché lui non aveva risposto. Uno, due. Uno, due. Uno, due. "Hallo, mammy!" "Ah, ci sei figliolo!" Proprio come un guardiano che tiene a bada il suo prigioniero. Richard serrò le mascelle, rabbiosamente. Di solito, quando questo accadeva, lui restava sulla poltrona: le gambe divaricate, i gomiti sopra i braccioli, le mani sopra lo stomaco, a pensare che l'avrebbe fatta aspettare un pochino, ancora un pochino, venti minuti, trenta, quaranta, onde capisse che egli era cresciuto e voleva starsene solo; oppure correva al grammofono e metteva il disco più rumoroso che avesse, alzava il volume finché i passi non si udivano più. Ma poi suonava il telefono e tutto finiva. Gli riusciva difficile non rispondere al telefono. Lo squillo lo esasperava e la voce di lei, così vellutata, gli dava conforto: quanto il fatto che Florence non scendesse mai a guardare ciò che lui faceva, e rispettasse l'accordo. L'accordo era che nessuno dei due invadesse il terreno dell'altro e Florence lo rispettava perfino quando bruciava dalla voglia di scendere e le nocche, strette nella morsa delle sue dita, facevano crac. Ma ciò rendeva ancor più drammatica quella schermaglia amorosa che li lasciava sfiniti come dopo un orribile abbraccio, una rinnovata certezza di non poter fare a meno l'uno dell'altra. Come avrebbero potuto, del resto, fare a meno l'uno dell'altra? Per Florence, Richard era una ricchezza da difendere a costo di qualsiasi indegnità. Per Richard, Florence era il simbolo più cupo di ciò che temeva, le donne: ma una donna di cui si poteva fidare, una donna forte, una donna che sapeva difenderlo. Non si perdeva in debolezze come lui e suo padre: quell'uomo triste, umiliato, incapace di comprarsi una cravatta da sé, ignaro di qualsiasi aggressione. Il giorno in cui i ragazzi del Village lo avevano deriso perché parlava coi fiori, suo padre non aveva alzato un dito a difenderlo: ma Florence! Il giorno in cui la maestra gli aveva spiegato che i bambini nascono dalla pancia, suo padre non aveva fatto nulla per consolarlo: ma Florence! Florence diceva sempre che i bambini li porta il vento: si posano come le foglie sulla finestra, cento per volta, e la mamma sceglie il bambino che le piace di più. La rivelazione della maestra, perciò, lo aveva sconvolto ed era tornato a casa piangendo: ma Florence aveva risposto che la maestra era bugiarda. Che lo urlasse ben forte dinanzi agli altri scolari: "La maestra è bugiarda!" Non lo aveva urlato, s'intende: ma lo aveva confidato a tutti, come un segreto, finché la maestra aveva preteso di parlare con mammy. "Suo figlio manca di qualsiasi realismo. Suo figlio ama gli angeli, signora!" "E lei manca di qualsiasi grazia: faccia la dieta." La maestra era scoppiata a piangere. Quante rivincite, avvertimenti, giornate felici doveva a mammy? D'estate lui e mammy andavano a Coney Island. Partivano con le provviste e mammy guidava l'automobile. Percorrevano il lungo viale bordato di palme, poi scendevano sulla loro spiaggetta privata, e restavano fino al tramonto: ad adorarsi. Il resto della spiaggia scoppiava di gente, bottiglie vuote, panini. Le ragazze