a volte gridando per farsi coraggio, e qualcuno, accanto, diceva: "E' ubriaco". Era davvero ubriaco: di paura, di esplosioni, di disperazione. Poi, col buio, era stato assai meglio. Gli scoppi s'eran fatti più radi e lui aveva perfino dormito: mezz'ora, nascosto in un buco, gli orecchi sordi ai rumori. Ma poi era ricominciato ad albeggiare, come una maledizione, di nuovo: e lo avevano mandato in pattuglia con Joseph. Era luglio e la Sicilia era un campo di ulivi stroncati, dopo il campo di ulivi c'era un campo di arance che macchiavano il verde come monete d'oro e lui le guardava: assonnato, incantato. Camminavano accanto, lui Joseph e l'altro. Sembrava che tutti gli italiani e i tedeschi se ne fossero andati, e tra le monete d'oro c'era solo quel morto: che era un italiano morto alla mitragliatrice. Aveva un grumo di sangue in mezzo alla fronte, quasi una ciliegia, e sedeva ancora col pollice destro quasi appoggiato al bottone da sparo. E' già terribile, vedere un morto che sta li come un vivo: ma il resto! D'un tratto il morto s'era come scosso in un brivido, era caduto in avanti col pollice sopra il bottone, la mitragliatrice aveva sparato, la raffica aveva tagliato il terzo soldato a metà. Oh, Dio! Lui aveva visto tante cose durante quello sbarco d'inferno: ma non aveva visto un morto che spara ad un vivo e lo taglia a metà. Così s'era messo a gridare, a gridare, a correre, a correre, mentre Joseph lo inseguiva dicendo: "Idiota, stai zitto. Che fai? Dove vai?" E s'eran trovati davanti quei dieci tedeschi. Il resto era umiliazione, quieto spavento. Era una baracca di prigionieri, un treno che li portava in Germania, Joseph che lo convinceva a buttarsi dal treno, lui che non si voleva buttare ma poi si buttava, giù per la scarpata, rotolando, rotolando con le braccia intorno alla testa per difender la testa, l'uomo che li accompagnava in casa della bella bambina che parlava un buffo inglese: Giovanna. No, non avrebbe sopportato il lungo terrore dentro la casa, il continuo guardare tra le persiane abbassate e l'attesa che i tedeschi arrivassero: se non fosse stato per Giovanna. Joseph non aveva capito la tenerezza che egli provava verso Giovanna: una tenerezza da uomo mai provata per una donna, una gratitudine quasi amorosa. Joseph lo maltrattava, diceva: "Idiota! Non capisci che è innamorata di te?" "Ma Joseph, ha dodici anni!" "A dodici anni si incomincia a sentir quel che sente una donna. Idiota!" Che ne sapeva, lui? Aveva mai avuto una donna fuorché il mostro conosciuto al bordello? E non era una piccola donna colei che aveva abbracciato sul letto quando Joseph s'era tanto indignato? E poi era suonato l'allarme, Joseph lo aveva fatto fuggire, Joseph era morto. Chissà: forse se Joseph non fosse morto, egli sarebbe guarito. Lo insultava come un fratello, lo ascoltava come un confessore. Ma al suo posto, ora, era Bill. Ed a Bill s'era sovrapposta Giovanna. Giò! Lo aveva talmente commosso offrendogli le noccioline al cinematografo. Lo aveva talmente esaltato ballando coi negri. Poi, nemmeno lui avrebbe saputo spiegare come era successo e perché era successo. Sapeva soltanto che per alcuni minuti aveva ritrovato sul letto i gesti di un uomo: facili finché inconsapevoli. E dopo: Dio, che disastro! Disastro? Provvidenza! Uomo o no, nessuna Giovanna avrebbe mai usato la sua debolezza per mettere al mondo un altro Richard. Con dita decise egli agguantò il diciassettesimo foglio e scrisse finalmente la lettera. La finì che eran le quattro del pomeriggio. E allora la mise in una busta, prese la valigia e la borsa delle macchine fotografiche, restò incerto se telefonare a mammy e a Bill, ma non telefonò. Mammy lo avrebbe trattenuto e Bill avrebbe fatto dell'ironia: "Dick, vuoi dimostrare che riesci a cavartela senza di me?" Chiamò un taxi e cinque minuti dopo entrava nel Park Sheraton Hotel, per lasciare la lettera, ne usciva come un cane inseguito. Alle cinque si dirigeva verso l'aereo e solo quando l'aereo fu sopra le nuvole si sentì veramente al sicuro. Che sciocco a pigliarsela tanto. Sorridendo esaminò le unghie mangiucchiate e l'anello infilato al mignolo destro, dono di Florence, si accese di un vittorioso bagliore. Nello stesso momento, al trentesimo piano del Park Sheraton Hotel, Giovanna leggeva la lettera. "Giò cara, in tutta la mia vita non ho mai scritto una lettera così difficile né affrontato una situazione