tailleur verde perché il tailleur era il vestito in cui si sentiva maggiormente a suo agio e il verde era il colore che impreziosiva di più i suoi capelli, imbucò la busta nel canale pneumatico, scese nella Sesta Avenue col naso ritto di un Napoleone che si accinga a percorrere in trionfo gli Champs Elysées. Sardi era affollato, tuttavia Martine si sarebbe fatta notare anche tra la folla di piazza San Pietro durante l'elezione di un papa. Assisa sul divano di velluto rosso, incoronata da un lampadario, alzava il volto irregolare come se fosse un trofeo e accanto ad esso i ritratti dei divi, sulle pareti, scolorivano ogni interesse. Vedendola, Giovanna provò una punta di gelosia: non doveva esser stato spiacevole per Francesco portarsela a letto. Del resto, chiunque provava qualcosa di fronte a Martine; simpatia o antipatia, invidia o amicizia, mai indifferenza. Al contrario di Giovanna che poteva passare assai spesso inosservata, Martine sollecitava sempre interesse; e solo un superficiale si sarebbe permesso di relegarla al ruolo di una sofisticata macchietta che quel giorno aveva i capelli castani raccolti in una piramide, gli occhi più cerchiati del solito e l'anulare sinistro seminascosto da un brillante grosso come una caramella di menta. "Mon petit chou! I am so happy! Perché non mi hai chiamato prima, carogna?" "Sono appena arrivata, Martine." "Bugiarda. Ed io che non sapevo dove trovarti dopo aver letto la colonna del Knicker. Lo sai, no?, che Knickerbocker ha annunciato il tuo arrivo sulla sua catena di duecento giornali?" "No, non lo sapevo. Delizioso paese dove ti citano su duecento giornali per volta senza che tu abbia fatto nulla per meritarlo! Sono contenta di vederti, Martine. Francesco ti manda molti saluti." "Caro, carissimo! Frequentabile anche, se non fosse tanto noioso. Ma forse tu non lo trovi noioso. A proposito, che piacere quando ho saputo che s'era innamorato di te. Sai, in fondo lo era anche quando mi faceva la corte: e Giovanna a destra e Giovanna a sinistra. Da quanti secoli non ci vediamo?" "Solo due anni, Martine. non sei affatto cambiata." "Tu sì, invece. E dico: ne hai fatta di strada. Vedo sempre il tuo nome al cinematografo. Dico: che stai facendo a New York?" "Vacanza-lavoro. Ufficialmente sono qui per inventare una storia. Praticamente per riposarmi facendo da cavia a un esperimento. Prima le storie dei film si inventavano a casa, ora si manda qualcuno nel paese dove si vuole ambientare la storia. Sembra risulti più vera. Del resto, mi piace. E tu cosa fai?" "Pompo alimenti al mio ex. Dico: hai visto il mio nuovo bambino?" E tese l'anulare sinistro perché Giovanna salutasse il brillante. "Il mio ex è un tesoro, ancora disposto a farmi regali. Dico: non dovrei aver divorziato. Gli uomini giovani non fanno per me. Dico: dovrei risposarlo. Non è chic risposare l'ex-marito? Fa tanto fedele!" "Martine!" rise, a gola aperta, Giovanna. E la punta di gelosia provata pensando che Francesco aveva amato Martine prima di amare lei svanì in buonumore. Se c'era al mondo una creatura incapace d'essere fedele, questa era Martine. Lo sapevano tutti che aveva sposato quel cinquantenne ricco a miliardi continuando a collaudare i più solidi letti d'Europa: finché il marito l'aveva portata in America e chiesto il divorzio. "Perché ridi? Che ci sarebbe di straordinario? Io non riesco a star sola e se non fosse per Bill... Sì, Bill. L'ho conosciuto al solito cocktail e all'inizio non mi guardava neanche. Tutto incollato a due teste d'uovo che gli facevan la corte: Bill scrive commedie. Ma io mi avvicino, dico che ho visto le sue commedie, e la sera stessa c'è il patatrac." Si interruppe per ordinare al maitre che aspettava col sopracciglio rialzato. "Anatra arrosto, va bene? Piselli, va bene? Nient'altro per me, devo stare attenta alla linea. Merde! Come fai a restare acciughina mangiando quello che vuoi? Dunque, cosa dicevo? Ah, Bill! Darling, venerdì sera devi assolutamente venire a El Morocco. Voglio che tu conosca Bill. Che uomo! Chic, intelligente. Figurati, mi ha perfino spiegato perché io sto bene in America. Sia io che l'America, dice lui, viviamo nell'equivoco che la felicità voglia dire benessere. Gli americani, dice lui, non conoscono altra felicità fuorché quella materiale che si chiama benessere. E poiché sono generosi come quasi tutti coloro che si nutrono bene, dice lui, vorrebbero spargere