Capitolo 73
Sestri Levante, Liguria.
Un’ora dopo.
La villa di colore azzurro ceruleo era esattamente dove aveva indicato il frate. Era un edificio signorile, composto da tre piani, con la facciata lavorata, le finestre abbellite da pilastrini di marmo e il tetto sormontato da una torretta. Affacciata direttamente sul lato sud della baia, si discostava con una certa grazia dalle basse casette dei pescatori che l’attorniavano.
Affondando gli stivali nella fine sabbia della spiaggia, sotto il cielo stellato, Mellan salì i tre gradini che portavano all’ingresso e bussò. Tese l’orecchio per percepire passi all’interno, ma gli unici rumori erano quelli della risacca dietro di lui.
Si scostò dalla porta, facendo spaziare lo sguardo sulle finestre, e constatò che erano tutte chiuse e buie. Bussò di nuovo e attese, ma nessuno venne ad aprire.
Era prevedibile che Eliardo non ci fosse. Dopotutto era stato ai patti. Parlare nuovamente con lui, tuttavia, avrebbe potuto dirimere l’ultima questione ancora in sospeso… quella che gli stava più a cuore.
Il Missier Grande si voltò. La baia era completamente vuota e le lunghe luci delle case riflesse sul pelo dell’acqua la facevano assomigliare a una gigantesca ragnatela. Estrasse la spada che pendeva dalla cintura e infilò la lama nel punto esatto in cui lo stipite incontrava la serratura. Non fu necessario applicare troppa forza che un clic appena percepibile annunciò l’apertura.
Si guardò ancora alle spalle ed entrò. Dal rosone sopra il portone penetrava la luce bluastra della notte. C’era penombra, ma era sufficiente per notare che tutti i mobili erano coperti con lenzuola bianche. Un pianoforte, un divano, perfino le credenze posizionate di fronte alla scala di travertino che si avvolgeva sontuosa attorno all’androne.
Mosse alcuni passi sul marmo rosa del pavimento, con gli stivali che rimbombavano nel silenzio, e raggiunse un grande camino. Era stato pulito, perché all’interno non c’era un filo di cenere. Sopra notò un quadro, una veduta che per lo stile poteva sembrare forse di Canaletto o più probabilmente del meno noto Bernardo Bellotto. Non ritraeva Venezia, bensì una cortina muraria in una pianura verdeggiante e due torri circolari su cui svettavano pennoni acuminati. Era certamente il Castello Sforzesco di Milano.
Si voltò ancora, girovagando per la casa vuota. Perlustrò tutte le stanze: salì al primo piano e ovunque trovò le stesse lenzuola bianche che proteggevano i mobili e che evidentemente preannunciavano una lunga assenza dei proprietari.
Tornato nel salone con il quadro, si fermò per un istante a riflettere.
«Ho portato un anticipo per voi», aveva detto Eliardo la vigilia di Natale. «Se ascoltate cosa ho da proporvi sono sicuro che sarete d’accordo…».
La proposta, in effetti, era stata allettante. Non solo garantiva vendetta, ma forniva anche una speranza per il futuro.
«Mi sono permesso di elaborare alcune ipotesi, Missier Grande», aveva spiegato Eliardo. «Per voi e per Van Axel».
«Spiegatevi meglio».
«Il vostro amico è in uno stato di iporeattività, non è così?». L’alchimista aveva sorriso, come a sottolineare che con l’uso di quell’esatta parola conosceva perfettamente lo stato in cui versava Van Axel. «C’è però una soluzione. Qualcuno che può guarirlo».
«Cosa dice la vostra previsione?»
«Lo scoprirete ad accordo concluso».
Ecco, l’accordo era concluso. Eliardo era stato di parola: aveva consegnato l’Omphalos e il marchingegno, che tanto erano stati voluti dal doge… ma mancava ancora un dettaglio. Ciò che davvero aveva persuaso Mellan ad assecondare l’alchimista, ad armare due navi, con pericoli per lui e per l’intera Repubblica.
Riesaminò il quadro di Milano una seconda volta e poi un terza, ma non notò nulla di strano. Eppure, il fatto che fosse l’unico oggetto in tutta la casa non protetto da candidi teli doveva pur significare qualcosa…
Si avvicinò al camino, passò un dito sul marmo e sfiorò la cornice con l’indice. E a quel punto un foglio di carta, che era stato sistemato a contatto con il muro, cadde a terra.
Mellan sorrise e, scostando le code della marsina, si chinò a raccoglierlo.
Ipotesi 14: Medicina cinese, L.V.A. guarisce.