Capitolo 35

Basilica di San Pietro, rione Borgo, giovedì 10 febbraio 1763.

Alle prime luci dell’alba.

Stretto in una tonaca di lana bianca, un domenicano percorse svelto la navata centrale. La basilica era semivuota, avvolta nelle ombre del mattino e impregnata dell’odore di cera e incenso. Solo nei pressi dell’ambulacro, sotto la cupola di Michelangelo che irradiava i marmi di una luce baluginante, alcuni religiosi erano inginocchiati in preghiera.

Il frate li raggiunse a testa bassa e si inginocchiò alla prima panca, di fianco a un prelato con una veste color rubino.

Monsignor Camillo Marazzani si voltò verso il frate. Il bagliore che guizzava alla corrente d’aria proiettava ombre scure sul suo volto. Non vedeva il giovanotto sotto il saio da nove anni, da quando l’aveva salvato dai soldati di don Filippo di Borbone, che avevano saccheggiato Parma.

«Sia benedetto il cielo, Costante». Si fece il segno della croce.

Altieri abbassò il cappuccio da frate e sorrise. «Ben trovata, eccellenza. La trovo bene».

«Siete vivo», constatò, incredulo, il religioso. «Le voci in città erano preoccupanti. Siete scomparso da tre settimane. Il governatore si attendeva di rivedere il vostro corpo affiorare da qualche parte nel Tevere».

«Le voci a volte sono un po’ esagerate e come ben sapete sono duro a morire». Il bargello si sfiorò la gamba, nel punto esatto in cui era stato ferito per proteggere il religioso dai gianseniti. «A proposito di voci, ne ho sentite anche alcune che riguardano voi, eccellenza: c’è chi dice che siete giunto a Roma per prendere il posto del cardinale Girolamo Colonna di Sciarra. Per diventare il nuovo camerlengo».

Il vescovo si ritrasse, quasi le parole del suo giovane amico l’avessero trafitto. Era magro, anziano e con una ragnatela di rughe che gli attraversava il viso. Le mani, giunte in preghiera, gli tremavano. «Il pontefice ha in animo di affidarmi quell’oneroso incarico. Sì».

«Siete la persona giusta. Ed è una fortuna che vi troviate in città proprio in questi momenti così bui per la Chiesa».

Monsignor Marazzani aggrottò la fronte. Era chiaro che il bargello non si stesse riferendo ai problemi dello Stato pontificio, ma a qualcosa che lo riguardava più da vicino. Ciononostante, la mente del vescovo vagò verso i crucci che lo affliggevano. Ciò con cui si sarebbe dovuto scontrare una volta divenuto camerlengo. Altieri aveva parlato di momenti bui e non era andato lontano dalla realtà, visto che, a fior di voce, molti definivano lo Stato pontificio decadente e arretrato. Con i venti dei “lumi” che spazzavano l’Europa, da più parti si chiedeva un rinnovamento cristiano e spirituale. Qualcosa che intaccasse finalmente i privilegi del clero e ridistribuisse le ricchezze anche al popolo. La Chiesa però, trincerandosi dietro la sua sacralità, era sempre rimasta ambigua rispetto alla riconversione del potere temporale. Fino a quando avrebbe potuto continuare così?

«Nel biglietto che mi avete fatto recapitare affermavate di essere in grave pericolo», tagliò corto il religioso, per scacciare i suoi pensieri funesti. Nel frattempo, dalla parte opposta della basilica, un coro cominciò a provare le voci del Gloria.

«È così, sono in pericolo: il cardinale Aldobrandini ha tentato di farmi uccidere».

«Il protettore del Sacro Monte di Pietà? La zecca pontificia?».

Il bargello annuì. «Ha in mente qualcosa riguardo ad alcuni possedimenti del cardinale Colonna di Sciarra, che Dio l’abbia in gloria. Io mi sono trovato sulla sua strada».

«Spiegatevi meglio».

«Aldobrandini intendeva acquisire alcuni beni del camerlengo al patrimonio della Banca. In cambio avrebbe rilasciato una cedola».

L’anziano vescovo rimase impassibile. Era chiaro che non aveva compreso dove Altieri volesse arrivare.

«Intasca beni, e rilascia carta», specificò meglio il bargello, leggendo l’incertezza nel cipiglio del vescovo.

«Vi preoccupate per il reato d’usura?»

«Mi preoccupo per il potere che Aldobrandini acquisirà. Sta accantonando oro e palazzi in cambio di cedole. In pratica pezzi di carta con la sua firma».

«Cedole pagabili al portatore. È a questo che vi riferite?». Il monsignore era a conoscenza del decreto del 1724, emanato da Benedetto XIV, con il quale era stato stabilito che le cedole diventassero titoli al portatore. Né più né meno che denaro circolante.

«Capite dove vuole arrivare Aldobrandini?».

Il vescovo sbatté le palpebre, facendo perdere lo sguardo sulle ombre del transetto. «A essere sincero, no».

«Più beni acquisisce, più cedole può emettere», chiosò Altieri. «Diventerà talmente ricco che terrà in pugno l’intero Stato pontificio».

«E questo cosa ha a che fare con il cardinale Colonna di Sciarra? E con voi… e con me?».

Altieri si accarezzò la scabra tonaca da frate con il palmo. Ciò che stava per dire era il frutto delle riflessioni che l’avevano impegnato durante la sua permanenza forzata alla vigna Lanciotti. A seguito dei colloqui con la baronessa, gli era infatti rimasto un dubbio che neppure lei era riuscita a chiarire. Abbassò la voce. «Sospetto che il camerlengo avesse compreso gli intenti di Aldobrandini e che volesse fermarlo, tendergli un tranello».

«Attraverso i suoi possedimenti?»

«Esattamente. Il cardinale aveva fatto circolare la voce di essere in ristrettezze e che aveva intenzione di impegnare un palazzo in un’ottima posizione, dalle parti di Monte Citorio».

«Non era quindi vero che avesse bisogno di denaro?»

«Stando alle informazioni che sono riuscito a raccogliere parrebbe proprio di no… La voce era comunque giunta ad Aldobrandini, che gli aveva proposto la sua cartolarizzazione».

Il monsignore fece un cenno con le mani, come se supplicasse qualcuno di attenderlo. «Andate più piano, Costante. Il protettore aveva proposto di rilevare il palazzo di Sciarra e di rilasciare una sua cedola? È così?»

«È così». Altieri si guardò intorno, per essere sicuro che nessuno lo stesse ascoltando. Ma San Pietro, con le sue immense colonne e le lunghe ombre, era praticamente deserta. «Quello era il suo intento: acquisire un palazzo e rilasciare una cedola. Tutto a un tratto, però, il camerlengo aveva cambiato idea. Chissà, forse per stanare il protettore, forse per prenderlo di sorpresa, aveva deciso di cedere l’edificio ad altri».

«Non mi risulta ci siano due monti dei pegni».

«Non ci sono infatti. Il camerlengo si era accordato con una privata cittadina, rilasciandole un documento simile a quello che avrebbe ottenuto da Aldobrandini».

«Non sono certo di seguirvi. Una privata cittadina, avete detto?».

Altieri annuì lentamente. Era proprio quel dettaglio che l’aveva portato alle sue conclusioni. Éléonore d’Acoz era una perfetta sconosciuta in città, che oltretutto si avvaleva di un prestanome. Chi mai le avrebbe dato credito? La baronessa aveva rivelato di non aver faticato a convincere il camerlengo a concludere l’affare. E se invece fosse stato Sciarra, per i suoi fini, a utilizzare la nobildonna?

«Sospetto che il camerlengo volesse provocare Aldobrandini», sintetizzò alla fine Altieri.

«Ne siete certo?»

«Naturalmente no… tuttavia le attività del Banco, con l’emissione delle cedole, richiedono… discrezione. Aldobrandini doveva muoversi con le piume ai piedi, tra i riformisti e gli oltranzisti dell’usura. Sciarra, con il suo comportamento, deve averlo fatto indispettire e quando si è arrabbiati la bocca lavora più velocemente della mente». Mentre parlava, la sicurezza di Altieri vacillò per un istante. Quella era la parte in cui la sua ricostruzione era basata più sull’intuito che sui fatti. Con la mente tornò alla mattina in cui il corpo del camerlengo era stato ritrovato. Ricordava molto bene che il notaio del Vicario lo aveva messo a conoscenza degli spostamenti del cardinale: prima di andare da Madame Brigida, Sciarra era stato al Sant’Uffizio. Perché mai andare al tribunale dell’Inquisizione, se non per denunciare un grave crimine? Uno come l’usura, ad esempio?

«Forse il cardinale sperava che Aldobrandini si tradisse e che in qualche modo venissero allo scoperto i suoi piani», ipotizzò ancora, ad alta voce. «O forse, addirittura, aveva in animo di coinvolgere anche la Santa Inquisizione».

Il vescovo si chiuse in un silenzio meditabondo. «La vostra ricostruzione è molto fantasiosa, Costante», notò, alla fine. «Ma a questo punto mi domando se sia stato il protettore a uccidere il camerlengo».

Altieri strinse un lembo dell’abito domenicano tra le mani. Quella sarebbe stata la prova definitiva ma purtroppo, per la sua ricostruzione, non era andata esattamente così: il camerlengo era morto per cause naturali. Ammetterlo significava accettare la storia della baronessa e tutti i corollari del Libro del destino, che nulla avevano a che fare con i più terreni affari del protettore. D’altra parte non c’erano prove che la sua morte fosse da ascrivere ad Aldobrandini. «Non è stato ucciso…», confessò alla fine, a denti stretti. «Era semplicemente il suo momento».

«Quindi non sapremo mai cosa avesse in mente…».

«È così, in effetti… ma sappiamo cosa ha in mente Aldobrandini». Altieri estrasse dal saio la cedola di madonna Rita, che aveva rubato alla baronessa prima di fuggire dalla vigna. «Questo è il motivo per il quale ha tentato di uccidere me».

Il monsignore la portò al favore della luce di una candela. La scorse velocemente, fino alla firma tondeggiante del cardinale Colonna di Sciarra. Alzò il viso arrossato dal freddo. «Va bene. Cosa avete in mente? Come posso esservi d’aiuto?».