Capitolo 45

Palazzo del Monte di Pietà.

«E così, alla fine, sono riuscito a rintracciare il luogo dove credo si rifugi la baronessa». Seduto di fronte al cardinal protettore nella sala della Musica, Van Axel accavallò le gambe. Partendo dal cocchiere e dal cappellaio di piazza di Spagna, aveva raccontato per filo e per segno il modo in cui aveva trovato la vigna Lanciotti al rione Ripa.

«Siete stato ingegnoso, capitano. Ve ne do atto». Aldobrandini sorseggiò un goccio di cioccolata dalla chicchera di porcellana. «Avremmo bisogno di persone come voi, qui nello Stato pontificio». Ripensò ai suoi uomini che si erano fatti sfuggire de Broglie al Colosseo, e se la cosa non fosse stata tanto grottesca gli sarebbe perfino sfuggita una risata. Van Axel, per fortuna, aveva appena posto rimedio a quella novelletta degna di un palcoscenico.

«Con ogni probabilità ci saranno guardie armate a protezione dell’edificio», proseguì Van Axel. «Da solo non ho speranze di riuscita».

«Vorreste che vi facessi aiutare dai miei uomini?»

«Non ho certezze che la baronessa, o meglio la contessa, sia davvero lì. Anche perché con la sua virtù di saper anticipare sempre le nostre mosse potrebbe essere già scappata». Van Axel sistemò nervosamente il codino sulla nuca. «Se è ancora lì, tuttavia, non vorrei si trattasse di una missione, per così dire, ufficiale. Non posso chiedere al governatore… e tantomeno all’ambasciatore della Serenissima».

«E così siete venuto da me».

«Voi, se non ho capito male, avete un certo interesse a parlare con la baronessa per qualche sgarbo subìto. Ammesso che la troviamo, prima di portarla a Venezia potreste chiarire con lei le vostre questioni».

Aldobrandini sorrise. Van Axel voleva obbligare la nobildonna a seguirlo a Venezia. Nello Stato pontificio, tuttavia, non aveva alcuna autorità per farlo. Ecco perché chiedeva il suo aiuto. Non c’era che dire, quella specie di bizzarro Casanova aveva spirito d’iniziativa. Gli piaceva, ma ancora di più gli piaceva l’idea di poter afferrare finalmente la sua mosca.

«Va bene». Si alzò in piedi per congedare il capitano. Le luci del mezzogiorno che filtravano alle sue spalle attraverso una fessura tra le tende lo facevano apparire ancora più grasso. «Mi avete convinto».

«Vi ringrazio». Van Axel piegò il ginocchio, concentrandosi sulla mano inanellata del religioso. «Non ve ne pentirete».

«Un’ultima cosa, capitano». Aldobrandini fece cenno al suo ospite di alzarsi. «Avete ricevuto notizie dalla Repubblica? Come ricorderete tra noi c’era un accordo: io vi avrei fornito informazioni sui vostri ricercati, e il vostro comandante, in cambio, avrebbe parlato con il doge della mia proposta».

Van Axel sbatté le palpebre.

La sua proposta.

Si trattava di un’idea alquanto ardita, che difficilmente il doge avrebbe mai accettato.

«Ho inviato una missiva al Missier Grande», bisbigliò appena Van Axel, timoroso che Aldobrandini cambiasse idea. «Ma non ho ancora ricevuto una risposta».

«Non dimenticate di avvisarmi quando avrete notizie», lo esortò, mellifluo, il cardinale. «Ora andate. Fatevi aiutare da Viviani per la vostra sortita e, se non volete lasciarvi sfuggire la preda, muovetevi in fretta».