Capitolo 7
Nei pressi del porto di Ripetta, rione Campo Marzo. Contemporaneamente.
Mezzodì.
«Siamo arrivati», annunciò Costante Altieri detto Er Dalmata, bargello della compagnia di città del governatore. Era in precario equilibrio sulla sella del suo destriero pezzato, con uno stivale infilato in una staffa e la gambe ritte per scrutare oltre le vigne ghiacciate. Tirò le redini, smontò e avanzò lentamente, seguito dai cinque birri di cui era a capo.
Si trovavano poco fuori le mura Aureliane, tra il Tevere e porta del Popolo, in una zona in cui serpeggiavano filari di vigne e terre incolte coperte dalla neve. La legnara, il magazzino del carbonaio rimasto ucciso quella mattina, era esattamente dove gli avevano indicato: al piano terra di un casale stretto e lungo con le pareti annerite di fuliggine. Doveva esserci qualcuno, perché dal comignolo saliva un denso fumo nero e intorno la neve si era sciolta, formando un cerchio.
«Aspettate qui», ordinò ai suoi uomini. Per ciò che aveva in mente, era preferibile entrare da solo, senza quei mezzi pendagli da forca che l’avevano accompagnato. Oltretutto portava una pessima ambasciata: se fosse stato sposato, nel ricevere una notizia di quel tipo, avrebbe apprezzato un po’ di tatto.
Il clangore ritmico di un piccone o di un martello, proveniente da un porticato, gli indicò la via. Camminando lentamente nel fango, le mani infilate nel bandoliere da cui pendeva la pistola, girò attorno all’edificio. L’aria fredda odorava di fieno e di mangime per cavalli e un po’ ovunque c’erano mattoni accatastati a casaccio, sterpaglie, ed erbacce. Se gli affari di mastro Della Valle andavano bene come si diceva, di certo non investiva i proventi in quel deposito.
«Cosa volete?». Una donna, il volto coperto di cenere, gli sbarrò la strada con una pala in mano. Portava i capelli biondi raccolti in una coda e indossava casacca e pantaloni di fustagno di foggia maschile.
Altieri si fermò. Per verificare la storia dell’oste e cavarci il giusto compenso, doveva agire con prudenza.
«La sorte di Gonnella porpora è proprio ciò che mi preoccupa», aveva ripetuto il proprietario della bettola Maccaroni, quella mattina, imitando il tono di Della Valle. «Queste sono le esatte parole, e poi hanno aggiunto che non era uno qualunque…».
L’oste, subito dopo il suo intervento a seguito del delitto, aveva affermato di aver udito frammenti della conversazione di Della Valle. Si era intrattenuto, pareva, con un gigante dai capelli biondi, forse un soldato, e una dama. Avevano parlato, sempre stando al racconto, di ricompensa e soprattutto del timore dell’intervento del Sant’Uffizio.
Prima che la conversazione finisse, però, erano intervenuti tre malviventi. C’era stato un alterco e il carbonaio era morto. Dopo aver fatto trasportare la seconda vittima, la dama ferita, all’ospedale del Santo Spirito, il bargello aveva così deciso di recarsi alla legnara.
«Vi dico che l’ho sentito con le mie orecchie», aveva aggiunto l’oste, anche troppo solerte nella speranza di acquisire la benevolenza dei birri. «È lì che hanno nascosto il bottino!».
Il bottino.
Quella era parola che l’aveva convinto. Come tutti i birri, infatti, non aveva uno stipendio fisso e la sua paga era garantita dai cosiddetti “incerti”: denaro chiesto ai malfattori, tangenti e altre forme più o meno legali legate alla cattura di criminali. Quel sistema, messo in discussione solo recentemente da Benedetto XIV, favoriva ovviamente il reclutamento di personaggi non sempre integerrimi. Spesso si trattava di criminali loro stessi e Altieri, seppur avesse un suo codice – da cavaliere, diceva –, era uno di loro: un birro che con la scusa di trovare un assassino, si era ingolosito alla parola “bottino”…

«Buongiorno», esordì l’esecutore di giustizia, immobile di fronte a un arco che si apriva all’interno del magazzino. Davanti a lui, in un grande spazio sorretto da pilastri di pietra, si vedevano svariati cumuli di carbone e un calesse malandato. «Mi chiamo Costante Altieri».
«Siete Er Dalmata», lo riprese la donna, asciutta. «Vi conosco». In piedi, con la pala tra le mani, sembrava un ragazzetto. Guardandola meglio, però, sotto lo strato di fuliggine che le oscurava il viso, aveva lineamenti aggraziati e due occhi azzurri furbi come quelli di una volpe. «Non dovevate disturbarvi, ho già avuto la notizia».
«Vi faccio le mie condoglianze».
«Condoglianze accettate». Per essere una donna che aveva perso il marito, non sembrava poi così affranta. Sollevò la pala e spostò alcuni cumuli di carbone.
«Perdonate la mia visita, madonna…?»
«Rita. Rita Manciani».
«Perdonatemi, madonna Rita, ma il mio compito è quello di scovare gli uomini che hanno…». Altieri si fermò, fingendo gentilezza nel cercare le parole giuste. «Che hanno fatto del male a vostro marito».
Madonna Rita, che aveva ripreso a spalare, si lasciò andare a un sorriso. Fatto del male era un eufemismo, visto che l’avevano ammazzato come un cane. Quella breve interruzione le diede però modo di studiare meglio il birro. Era un uomo sulla trentina, alto, dal fisico segaligno e con i capelli rossi e lisci, legati sulla nuca. Il naso era punteggiato dalle lentiggini da cui derivava il suo soprannome e aveva una mascella piccola e squadrata, che si contrapponeva a degli occhi grandi. Non aveva nulla di militare: poteva sembrare un prete, piuttosto, con quei suoi modi falsamente gentili e il tono di voce suadente.
«E come intendete fare?», riprese la donna, schiarendosi la voce, che a quel punto ebbe un sobbalzo. «A trovare gli assassini di mio marito, voglio dire».
«Vorrei, se possibile, avere da voi qualche informazione. Ad esempio, se nei giorni scorsi vostro marito si è comportato in modo normale». Per quanto volesse sembrare indifferente, Altieri ebbe un’incertezza nel notare i segni delle lacrime sulle gote sporche di fuliggine della donna. «Aveva avuto visite insolite? Era felice, arrabbiato?»
«Arrabbiato lo era sempre: con questo freddo vendere massimo otto passi di legna a cristiano è una follia». La donna si riferiva alla regola, imposta dalle autorità ecclesiastiche, che vietava ai fascinari di vendere più di una certa quantità di legna. «Aveva chiesto al presidente delle Ripe di vendere più merce, ma quei maledetti avevano rifiutato».
«E vostro marito se l’era presa a male?».
La donna tentò un sorriso, un incerto movimento delle labbra, che però stonava non poco con la tensione che le si leggeva in volto. «Voi cosa avreste fatto? Mio marito si era rimboccato le maniche e aveva trovato un modo per recuperare il mal tolto».
«Voleva guadagnare di più, intendete? Voleva vendere più legna di quanto la legge gli consentiva?»
«Guadagnare di più con ventitré giuli a carico?», scosse il capo Rita. «Certo che no. Mio marito conosceva un sacco di gente importante… gli avevano proposto un affare».
«Di chi parlate, esattamente?».
La donna scosse ancora il capo. «Una contessa. Non so come si chiama. Vive al rione Colonna, dalle parti di Monte Citorio».
Poteva essere la stessa dama rimasta ferita alla bettola?, suppose Altieri. «Che tipo di affare gli aveva proposto?», ribatté invece.
«Non lo so. Ma qualcosa che ci avrebbe fruttato una bella ricompensa».
Pur con molti punti oscuri, il racconto dell’oste cominciava a trovare qualche conferma nelle parole di madonna Rita. Altieri cercò di saperne di più. «Vi dice niente Gonnella porpora?»
«È così che mio marito lo chiamava».
«Stiamo parlando di un cardinale, giusto? Uno di una certa importanza. Conoscete il suo nome?».
La donna scosse nuovamente il capo. «Non l’ha mai detto…».
«Riguardava l’affare?»
«Sì. La dama aveva chiesto a Dario di consegnare una borsa a Gonnella porpora».
«Una borsa?»
«So che state per chiedermelo, ma non so cosa contenesse». Rita poggiò la pala e si avvicinò a un vecchio scrittoio a scomparsa sotto la finestra. Aprì uno sportello. «So solo che era pesante e che doveva essere di grande valore, visto che mio marito, l’altro ieri notte, prima di andare da Gonnella porpora, l’ha nascosta sotto il letto».
«Quindi, vostro marito è andato domenica da Gonnella porpora?»
«Sì». Rita armeggiò per qualche istante ed estrasse una busta color avorio da uno dei tiretti. «Di mattina presto. Quando è tornato aveva questa. L’ha infilata qui, ma io l’ho visto…».
È lì che hanno nascosto il bottino. Le parole dell’oste tornarono prepotentemente in testa ad Altieri.
«Prendetela voi. Io non so leggere e quella busta porta guai». La donna la consegnò al bargello con l’aria di chi si voleva semplicemente disfare di un oggetto scomodo.
Il bargello l’aprì: conteneva un documento, scritto a mano in parte in latino, in grafia elegante. Ne lesse uno stralcio senza capirne a pieno il significato. Non fece in tempo ad approfondire che il caporale Moraca, uno degli uomini a sua protezione, lo raggiunse alle spalle. Posizionò le mani a coppa e gli sussurrò una frase all’orecchio.
«Cosa? È impossibile. Quando?»
«Poco dopo mezzogiorno… Dicono sia stato colpito da collasso».
Incredulo, Altieri si infilò la busta nella marsina e seguì il caporale. «Va bene. Andiamo».