Capitolo 36

Piazza di Spagna, rione Campo Marzo. Alcune ore dopo.

Mezzodì.

Annika, il viso coperto da una bauta, si avvicinò al banchetto di un venditore di Pandolce fritto. L’uomo piegò il ginocchio e con la testa bassa gli porse un involto, allungando l’altra mano per afferrare la moneta dalla nobildonna.

«Notizie su Altieri?». La contessa girò i tacchi, facendo frusciare il mantello nero, e si volse verso la celebre scalinata. I gradini e le terrazze, che per effetto prospettico si stringevano a mano a mano che si saliva, luccicavano di pioggia. Erano punteggiati di cappelli rotondi e abiti eleganti, c’era qualche mendicante, un paio di prostitute e un predicatore. Quest’ultimo stava lanciando improperi contro la Chiesa, a suo dire responsabile della guerra che affamava i popoli e della carestia che affliggeva i romani.

«Non è andato a casa e non si è fatto vedere a palazzo Madama», riferì Lucia, con la voce chiusa e contratta, alterata dalla maschera. Grazie all’imminenza del carnevale, entrambe avevano potuto indossare la larva veneziana, che celava la maggior parte del volto. In un qualunque altro periodo dell’anno non avrebbero potuto girare mascherate, ma in quei giorni era utile alla loro esigenza d’anonimato. «L’unico che l’ha veduto», proseguì la ragazza, «è stato uno dei suoi informatori: il bargello gli ha chiesto di consegnare un biglietto».

«Indirizzato a chi?»

«Al vescovo di Parma», ammise Lucia. «Si trova a Roma in questi giorni, e l’informatore afferma di averlo posto nelle mani del suo segretario, a Palazzo pontificio».

«Immagino che l’informatore non conosca il contenuto del biglietto…».

Lucia fece cenno di no con il capo e poggiò una mano sulla testolina di Domenico, che stava un passo dietro di lei, silenzioso. «Non sa leggere… il bargello deve averlo scelto per l’ambasciata proprio per questa ragione».

Annika ammirò la Trinità dei Monti, come se guardasse verso il cielo plumbeo e carico di pioggia. «Non ci voleva», commentò, atona. «La fuga del bargello complica enormemente le cose».

Che Altieri provasse a scappare era stato ampiamente previsto. Ciò che non si poteva immaginare, vista l’enormità di variabili, era però cosa avrebbe fatto con esattezza dopo la fuga. L’ipotesi più accreditata che avevano elaborato era che andasse da Aldobrandini. Se fosse stato così, il ramo dell’albero delle decisioni conduceva al vecchio, nefasto risultato: la morte. Era quindi necessario evitare che si incontrassero. «Avete messo sotto controllo il Banco come vi ho chiesto?»

«Certo, contessa. Due uomini di guardia da questa mattina. Non l’hanno visto».

Annika annuì, per un istante rasserenata. Adesso, dalla parte opposta della piazza, verso la strada Condotti, alcuni popolani avevano cominciato a protestare rumorosamente. C’erano uomini che agitavano forconi al grido «Pane per tutti» e donne con il capo coperto che battevano cucchiai su pentole di metallo. La contessa li ignorò e si volse in direzione contraria, verso la fontana della Barcaccia annerita d’incuria. «Di Eliardo, invece, cosa hai saputo?», alzò la voce.

«L’hanno portato nel carcere di San Michele, a Ripa Grande».

«Sai cosa ha rivelato a Van Axel?».

Un passo dietro, Lucia si lasciò andare a un sorriso, che si aprì sotto gli zigomi appuntiti della maschera. «Niente, pare. Per fortuna non è mai stato alla vigna».

Annika infilò un guanto nell’involto di biscotti e offrì il sacchetto al piccolo Domenico. Il viso del bambino si illuminò: il dolce era ricoperto di miele ed era uno dei suoi preferiti. «Non sono certa che Eliardo terrà per sé quello che ci siamo detti», chiarì alla fine la contessa. «Van Axel non è uno che molla la presa tanto facilmente».

«Per fortuna non è a conoscenza di tutti i dettagli…».

«Dobbiamo comunque prendere delle contromisure». Sistemando il cappellino ornato da pizzi rosa e barbes, si avvicinò a una carrozza trainata da due cavalle pezzate. Per sicurezza, da alcuni giorni aveva preso l’abitudine di usare veicoli a noleggio sempre diversi. Fece cenno al valletto e questi balzò dallo scalino sul retro della vettura e le aprì lo sportello.

«Credete che vi tradirà?». Lucia si fermò a pochi passi di distanza, sul ciglio bagnato della piazza.

Annika poggiò la scarpetta sul predellino e voltatasi la fulminò attraverso i fori ellittici della maschera. «Non sarebbe la prima volta».