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Entrambi ci alzammo alle prime luci dell’alba.
Al aveva messo a bollire una pentola di porridge sul fornello. Non c’era traccia della bottiglia di Lagavulin e neppure delle emozioni forti che aveva scatenato. Al aprì le tende perché potessimo godere la vista della nebbia che aveva coperto il Cuillin e le acque torbide del braccio di mare. Fu in quel momento che notai il pacchetto ben confezionato di fianco alla mia tovaglietta.
«Ho pensato che ne avresti sentito la mancanza. Non si sopravvive a lungo quassù senza l’artiglieria giusta.» Estrasse di scatto dal fodero uno di quegli stupidi coltelli scozzesi con il manico di corno e la lama lucidissima e affettò una banana in due ciotole, poi ci rovesciò sopra il porridge.
«Mi sono sempre chiesto a cosa servissero quegli affari.»
Aprii il panno oliato e infilai la mia Browning nella cintura.
La sua espressione era indecifrabile. «Quello era il secondo motivo per cui non potevo rischiare che qualcun altro ti tirasse fuori dal fiume.»
Mi porse la mia ciotola e un barattolo di miele, e preparò il tè.
Mentre mangiavamo, mi disse che quel giorno avrebbe saltato il corso di formazione della squadra: tutti i suoi ragazzi arancioni avrebbero fatto sventolare la bandiera mentre lui passava un po’ di tempo con Catriona. Gli suggerii di accettare il passaggio sulla Škoda, se poteva sopportare ancora la mia compagnia. Gli promisi che durante il viaggio attraverso la valle non avrei fatto battute sui Campbell.
Il Beatson era un complesso all’avanguardia sulla Great Western Road, a nord di Clydebank. Non vidi Catriona, ma Mel scese per salutarmi e per accompagnare dentro il padre. Era chiaro che Al fosse in buone mani.
Con un pennarello gli scribacchiai il numero del mio iPhone sul polso e gli dissi di chiamarmi quando aveva cinque minuti di tempo. Poi aggiunsi quelle parole goffe a cui ricorri quando provi a colmare un vuoto impossibile da colmare. Annuì in silenzio e mi afferrò la mano. Pareva essersi rimpicciolito durante il viaggio.
Qualcosa mi fece chiedere la domanda del tenente Colombo proprio mentre salivo sulla Škoda. «Un’ultima cosa. Per caso sai di un gruppo di psicopatici serbi con strani tatuaggi sul collo? Avevano l’abitudine di uccidere persone dalle colline attorno a Sarajevo e Goražde...»
La fronte s’increspò e qualcosa di simile al riconoscimento apparve per un attimo nei suoi occhi. «No. Ne ho sentito parlare, ma non li ho mai incontrati di persona.»
Girai l’auto di padre Mart di nuovo verso sud, e dopo un po’ di chilometri mi fermai per rifornirmi di caffeina e benzina. Non sarei rimasto fermo ad aspettare che Al mi portasse le informazioni riservate su Barford. Aveva ben altri problemi in mente. E non sapevo se il mio vecchio compagno ad Akrotiri sarebbe stato in grado di farmi raggiungere Jack Grant. Quindi Ella Mathieson restava il mio primo obiettivo. Era tempo di fare una vista a H.
Non è mai una buona idea mettere la testa nella bocca del leone, ma negli anni ci avevo fatto quasi l’abitudine, e ci sono alcune cose che vanno fatte e basta.