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Misi da parte la pala e appiattii la neve dietro la roccia per avere una piattaforma stabile su cui muovermi, poi abbassai gli NVG, selezionai gli infrarossi e regolai il fuoco e l’intensità dell’immagine.
Gli AN/PVS-7 erano dotazione standard per le forze di terra degli Stati Uniti e non ci misi molto a capire il perché. Con poca luce ambientale ma con un sensibile contrasto tra il terreno coperto di neve e le ombre delle rocce e degli alberi, era come se la zona circostante si fosse trasformata in un nitido film in bianco e nero visto attraverso un filtro verde.
Ai tempi, il problema principale con quegli affari, oltre al peso, era che ogni luce forte causava un completo blackout della retina. Adesso qualsiasi cosa al di sotto di una fotoelettrica sarebbe sembrata al massimo un piccolo ufo. E io non mi aspettavo certo che Cecchino Uno avesse con sé una fotoelettrica, né un cannone.
Appoggiai il monocolo sul fianco della roccia, fino a che non ebbi un’ottima visuale del canale senza dovermi sporgere dalla copertura. Trenta metri più avanti si materializzò una femmina di capriolo e rimase ferma immobile. Per un momento, mentre i fiocchi le danzavano attorno, pareva in posa al centro di una immaginaria palla di vetro con la neve. Poi drizzò le orecchie, guardò rapidamente a sinistra e a destra, e fuggì verso la vetta. Aveva avvertito il mio odore o quello di qualcun altro.
Mi buttai di nuovo al coperto e afferrai il bastone della piccozza da ghiaccio con tutte e due le mani, controllando il peso e il bilanciamento prima di posarla a terra a portata di mano.
Quando osservai ancora, il mio inseguitore era spuntato da dietro la collina. Non avevo il tempo di esaminare ogni dettaglio del suo abbigliamento ed equipaggiamento, ma non era necessario. L’unica cosa importante era l’arma che portava.
Il più grande produttore di armi dell’ex Repubblica Sovietica Russa era uno stabilimento chiamato Osjc «Izhmash», fondato dallo zar Alessandro I nel 1807. L’impianto di Izhevsk aveva prodotto più di undici milioni di fucili e carabine durante la seconda guerra mondiale. In quello stabilimento venivano ancora prodotti il Kalashnikov AK-47 e il Dragunov SVD, il fucile di precisione preferito dai cecchini dell’ex Patto di Varsavia.
Quegli affari non erano progettati bene quanto i Winchester o i Remington e non garantivano precisione millimetrica, ma nelle mani giuste potevano fare danni seri. E io avevo la sensazione che quello, un SVD, nella versione con calcio pieghevole, fosse adesso nelle mani giuste.