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L’inserzione iniziale aveva richiesto più tempo del necessario, e poco dopo che ogni muro aveva ricevuto la sua dose di missili Hellfire, l’elicottero era stato costretto a tornare a Camp Bastion per qualche problema tecnico. La squadra degli invasori era rimasta senza copertura dall’alto per venti minuti, ma venti minuti sono più che sufficienti alla Madre di tutti i casini.
Sam e Scott erano stati i primi a infilarsi nella breccia più interna e così si erano ritrovati in prima fila quando i talebani, di cui ignoravano la presenza, avevano iniziato a emergere dai loro cunicoli. Avevano richiesto un rapporto di contatto con i marine dietro di loro. Fino a quel punto tutto bene, ma i nostri ragazzi erano completamente soli mentre contavano i nanosecondi che li separavano dall’estrema unzione di padre Mart. Guy non avrebbe consentito che accadesse. Aveva guidato un’unità del Commando 40 attraverso il primo muro e aveva ordinato agli uomini di dividersi a destra e a sinistra, sparando al nemico mentre avanzavano. Poi aveva estratto i compagni con il fuoco di copertura.
A quel punto Maggie ebbe bisogno di riprendere fiato. Non ne ero sorpreso. Aveva descritto l’azione come se fosse là anche lei. Si alzò e camminò attorno al tavolo. Io presi un altro sorso e attesi che continuasse.
Dopo un po’ ritornò e si sedette accanto a me. La toccai con un gesto dolce. «È quello che successe dopo che non mi è per niente chiaro.»
Fece un gran respiro e distolse lo sguardo. Quando si girò vidi che aveva gli occhi gonfi di lacrime. «Guy non solo ha salvato le loro vite. È rimasto, determinato a completare la missione. E lo ha fatto.»
Tacqui. In quel momento Maggie non aveva bisogno di me.
«Il filmato del drone mostra che c’erano circa cinque metri tra il muro interno e il varco che portava al nascondiglio, attraverso un edificio che assomigliava a un piccolo bunker, e un condotto di nove metri. Dopo aver scoperto la consistenza delle forze nemiche, restava un unico modo per distruggerlo. Ed è quello che Guy scelse.»
Doveva essere stato come la bomba lanciata dalla corazzata Bismarck che aveva affondato l’incrociatore Hood nel 1941: dritto in mezzo al fumaiolo e al deposito degli armamenti, con solo tre superstiti. Però non si trattava di una bomba, ma di un capitano del SAS che si buttava a capofitto con una granata HE in ciascuna mano.
Dio solo sa come abbia raggiunto la copertura del bunker. Maggie disse che il filmato del drone, dopo che Guy era riuscito a mettere in salvo Sam e Scott, diventava surreale come se si trattasse di un film con Schwarzenegger.
A quel punto il silenzio nella cucina era così pesante che si poteva tagliare con il coltello. Anche i gatti colsero l’atmosfera e smisero di lamentarsi della mia invasione nei loro spazi privati.
Avevo la sensazione che ci stesse passando per la mente lo stesso pensiero: che la linea che separa il vero altruismo, il sacrificio eroico e l’ultimo gesto disperato di un uomo che non può vivere con il ricordo di una missione precedente, a volte fosse incredibilmente sottile.