59
Mika Korhonen arrivò insieme ad alcuni suoi amici per dare una mano con il trasloco. Fu grandioso, non se la sarebbero mai cavata senza quegli uomini forti e robusti. Anna-Liisa possedeva una quantità enorme di roba e, poiché per la metà erano libri, c’era parecchio peso da trasportare. Quei poveri ragazzi grondavano di sudore. Siiri li invitò a togliersi il gilet di pelle, ma si rifiutarono. Le loro motociclette splendevano nel cortile del Lieto Tramonto attirando una meritata attenzione.
Anna-Liisa era un’efficiente direttrice dei lavori, comandava con giudizio e aveva preparato in anticipo un programma dettagliato. Stava in piedi al centro dell’appartamento con dei fogli in mano e dava chiare indicazioni ad alta voce. Un grosso carico dei beni dell’ambasciatore finì in discarica, altrimenti non ci sarebbe stato posto per i tesori di Anna-Liisa. Due pareti andavano sgomberate per le librerie e, per montarle, Mika e i suoi amici impiegarono quasi un’intera giornata. Anna-Liisa voleva che i libri fossero sistemati in ordine alfabetico e per aree linguistiche.
«I romanzi tedeschi alla mia destra, quelli russi a sinistra. La letteratura finlandese qui al centro, all’altezza degli occhi, e la saggistica allo stesso livello ma sulla parete opposta.»
I ragazzi esitavano. Non sapevano distinguere la letteratura dal resto. Anna-Liisa fu paziente, non s’innervosì nemmeno quando uno di loro scambiò Putkinotko di Joel Lehtonen per un saggio di agraria e un altro chiese in quale area linguistica andasse Thomas Mann.
«Dopotutto sono una professoressa di finlandese e me ne sono capitate di cotte e di crude.»
L’ambasciatore nel giorno del trasloco non si fece vedere. Era andato alla sua villa per incontrare i discendenti venuti dall’estero e le ex mogli, e per spiegare quell’improvviso cambiamento di vita e quel matrimonio che si sarebbe tenuto la settimana successiva. Le pubblicazioni erano state affisse e gli ostacoli eliminati. Irma e Siiri avrebbero fatto da “quasi damigelle”, visto che, al municipio di Pasila, sarebbero state le testimoni.
«Ci vuoi con i fiocchi di seta tra i capelli?» chiese Irma, ma Anna-Liisa si limitò a sbuffare e continuò a dare istruzioni al suo esercito in gilet di pelle.
Il nuovo appartamento di Irma sarebbe stato piuttosto spoglio, i parenti avevano venduto tutte le sue cose. I tesorini non avevano dato alcuna notizia di sé. Secondo Siiri era una cosa indegna, ma Irma fu comprensiva. Disse che naturalmente erano in imbarazzo e perciò non osavano mostrarsi al suo cospetto. E poi avevano i loro impegni, e pure le vacanze estive. Irma se ne infischiava, anzi, era entusiasta all’idea di arredare la sua nuova casa.
«Entusiasmarsi è l’opposto di infischiarsene?» chiese sfogliando il catalogo Ikea.
Solo qualche tempo prima, Siiri non avrebbe mai immaginato una scena come quella. Irma era sempre stata circondata dai mobili di antiquariato dei suoi avi, li curava come se fossero persone di famiglia e le offrivano continuamente spunti per le sue storielle. Quella di uno zio materno che aveva rovesciato il liquore sul tavolo mentre giocava a carte e per questo c’era quella macchia indelebile; quella del busto in gesso di Runeberg che aveva fatto il giro delle case di campagna spaventando anime innocenti; quella del cassetto nascosto della chiffonnier dove si conservavano banconote dei tempi dello zar, che non potevano più rendere felice nessuno. E ora era beatamente contenta di avere scoperto l’Ikea. Trovava quei mobili in compensato, che ognuno poteva montare da sé, straordinariamente carini. Di tessuti con le rose non c’era più traccia.
«Si chiamano anche in modo divertente. Klumpen, Stumpan, Buller e Bång!»
Se li era inventati di sana pianta, ma non importava. Mika aveva promesso che sarebbe venuto per trasportare e montare i nuovi mobili e Siiri era raggiante di felicità, perfino più di Anna-Liisa. Irma era tornata se stessa e rendeva allegre le sue giornate.
Siiri era andata al Kivelä ogni giorno e sempre con tram diversi. Qualche volta, quando si sentiva particolarmente su di giri, per raggiungere Töölö da Munkkiniemi ci metteva quasi due ore. Helsinki in estate era così bella. Pareva che tutto fosse stato progettato solo per quella stagione, gli slarghi, le piazze e tutte le altre costruzioni più recenti. A luglio, Helsinki era un grande parco giochi e i tram le sue montagne russe.
Irma aveva scelto l’arredamento con gusto e un tocco del tutto personale. Aveva combinato i mobili bianchi della serie Carl Larsson con altri in colori sgargianti della linea per bambini. Ikea era un posto meraviglioso. C’erano coltellini svedesi per il formaggio e fiori da balcone, e alla fine si potevano mangiucchiare polpette e cioccolata. Mika le aveva accompagnate in quell’avventura, facendo da guida.
«Questo sì che è un parco dei divertimenti» esclamò Irma, mentre si sdraiavano nel reparto letti per provare i materassi.
Il giovane commesso volle sapere il suo peso e un sacco di altre cose, per esempio in che posizione dormiva. Lei ne approfittò per divertirsi con qualche battutina, mettendo in imbarazzo Siiri, ma il ragazzo si limitò a sorridere e alla fine Irma comprò un letto enorme completo di materasso, cuscini e coperte.
«Si chiama Sultaani, il sultano... Ti rendi conto!» esclamò piena di meraviglia.
«Peccato che non sia Harem!» rispose Siiri ridendo.
Mika si sarebbe dato da fare per dipingere le pareti di bianco e montare i mobili, ma non c’era fretta, a Irma era stato assicurato che poteva restare al Kivelä fino alla fine di agosto.
La settimana dopo, Irma e Siiri si misero in ghingheri per il matrimonio. Gli sposi indossavano entrambi un abito da cerimonia nuovo.
«Perché vi sposate in nero?» domandò stupita Irma mentre aspettavano nel corridoio del municipio che la cerimonia avesse inizio.
«Per praticità» rispose Anna-Liisa. «Potremo vestirci così anche ai funerali. Due in uno.»
«Una genialata!» disse Irma. «Quindi, accanto alla mia bara, avrete questo aspetto.»
La sala per i matrimoni del municipio era angusta e malinconica, e il funzionario di turno si comportava come fosse un impiegato in banca. Malgrado l’atmosfera ordinaria, Anna-Liisa era molto commossa e pronunciò un «lo voglio» appena percettibile. L’ambasciatore, invece, lo disse con voce esperta, quasi urlò, che lo voleva.
Irma e Siiri, nel loro ruolo di testimoni, non dovevano fare nulla di particolare. Rimasero semplicemente sedute su quelle tristi seggioline da ufficio e alla fine scrissero il loro nome su un foglio. Come c’era da aspettarsi, non avevano documenti d’identità, a parte le patenti scadute, ma Anna-Liisa, grazie al suo passaporto, risolse la faccenda. E... genialata numero due: non aveva avuto bisogno di richiederne uno nuovo, aveva deciso di mantenere il suo cognome.
«Quello di Onni è niente meno che Rinta-Paakku» disse.
I neo sposi andarono da Pasila a Lehtovaara in taxi e poi in viaggio di nozze chissà dove. Era assurdo, ma Anna-Liisa aveva mantenuto il segreto sulla destinazione. Disse che era stato Onni a organizzare tutto e che nemmeno lei sapeva bene dove l’avrebbe portata.
«A Tallinn, per la riabilitazione dei veterani» sussurrò Irma all’orecchio di Siiri, e saltarono felici su un tram per tornarsene a casa. Sì, a casa, perché ora che Irma era di nuovo al Lieto Tramonto e Virpi ed Erkki HIukkanen non erano più in circolazione, cominciavano finalmente a sentirsi a casa loro.