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Il mercoledì Irma aveva un incontro con il gruppo di lettura a casa della nuora, da qualche parte alla fine del mondo, probabilmente nella zona est di Helsinki se non addirittura a Espoo. Avrebbe dovuto leggere La vita, istruzioni per l’uso di Georges Perec, ma non lo aveva finito tanto era noioso, prolisso e macchinoso. Di certo era stato scritto per lettori under novanta.
«L’hai interrotto a metà? Come farai a prendere parte alla conversazione?» le chiese Siiri preoccupata, ma Irma fece solo un gesto con la mano, lasciando tintinnare i bracciali d’oro, e ridacchiò allegramente.
«Lì sono considerata un po’ come una mascotte. Mi hanno chiesto di andare perché temono che mi senta sola, ma pensano che io sia rimbambita e non si aspettano certo che capisca di cosa parlano. Dopotutto, a quest’età è così divertente poter fare quello che si vuole senza che nessuno si meravigli. Mia nuora offre sempre dei dolcetti incredibilmente buoni: io ci vado per quelli. A proposito, devo ricordarmi di portare con me la pastiglia di amaryl.»
Irma saltò su un taxi in piazza Laajalahti, davanti al ristorante giapponese, e Siiri si preparò per il suo giro in tram. Prese prima il numero 4, poi fece metà del percorso del 3. Arrivata al capolinea all’altezza dello zoo, dovette armarsi di pazienza e attendere per alcuni minuti. Le sembrò davvero una inutile perdita di tempo dover aspettare lì seduta che il conducente finisse di fumare la sua sigaretta. Ai capolinea i tram facevano piccoli girotondi sulle rotaie, proprio come il 4 a Munkkiniemi o a Katajanokka. A Siiri piacevano più di tutti quelli del capolinea del 6 e dell’8 ad Arabianranta. Se il tram procedeva a velocità sostenuta, lei sentiva un gradevolissimo brivido nella pancia.
Il conducente aveva lasciato la radio accesa, stava andando in onda un programma in cui si raccontava come il numero di cosiddetti consumatori misti, che assumevano contemporaneamente alcol e droghe, fosse in Finlandia straordinariamente alto, molto più che negli altri paesi europei, dove a quanto pareva ci si dedicava prevalentemente o all’uno o alle altre. A far uso di questa mistura erano soprattutto i giovani e gli anziani. Sconcertante. Era innegabile che tutti al Lieto Tramonto bevessero allegramente alcol e mandassero giù grandi quantità di medicine, ma quelle erano prescritte dai medici. Siiri sorseggiava un po’ di vino rosso solo qualche volta per fare compagnia a Irma, e ogni mattina prendeva una pillola per la glicemia. Come moltissimi altri anziani, che rischiavano di diventare o troppo grassi o troppo magri, anche lei aveva il diabete. Poteva considerarsi una consumatrice di alcol e droghe? Oppure lo era Irma, che non beveva mai nient’altro che non fosse vino rosso e mandava giù pillole di tutti i tipi? Il dottore serbo che aveva prescritto a Siiri le medicine per il diabete non le aveva mai parlato dei rischi relativi al “consumo misto”. Aveva solo tentato di convincerla a cambiare alimentazione e a farle bere il caffè senza lo zucchero, ma lei gli aveva risposto che una donna di novantaquattro anni poteva mandare giù quello che voleva. Non sarebbe comunque morta.
Finalmente il conducente finì di fumare e il viaggio proseguì verso Alppila, uno dei quartieri a nord di Helsinki. Proprio lì, dietro la collinetta del parco divertimenti di Linnanmäki, c’era uno degli edifici preferiti di Siiri, l’oratorio di Alppila, la cui candida bellezza aveva sempre la capacità di tranquillizzarla. Chissà se veniva usato anche per le funzioni religiose. Sempre più spesso ormai le chiese erano dei brutti casermoni, a Munkkiniemi c’era un obbrobrio in mattoncini grigi e la gente finiva per sostarvi davanti chiedendo ai passanti indicazioni per la chiesa. Ecco perché alla fine, all’angolo dell’edificio, avevano costruito anche un campanile con una croce, così la gente poteva capire che la chiesa era proprio quella. Siiri si era però domandata come mai mancassero le campane, non ce n’era nemmeno una, allora il pastore le aveva spiegato che il suono delle campane proveniva da un lettore cd.
«Ma non è altrettanto complicato? Voglio dire, arrampicarsi sul campanile per azionare lo stereo? Tanto vale far suonare direttamente le campane» aveva continuato per punzecchiarlo un po’, ma il pastore si era dimostrato un tipo molto serio.
«Sul campanile c’è solo l’altoparlante, non il lettore.»
Il tram numero 3 cominciò a movimentarsi. Una donna un po’ svitata ma ben vestita stava tenendo una piccola conferenza, parlava in modo così fluente e con voce tanto salda, che perfino Anna-Liisa ne sarebbe stata soddisfatta.
«A Helsinki ci sono migliaia di topi di laboratorio. Portano batteri e malattie, e il business dei trapianti è in piena espansione, soprattutto in Spagna, paese con cui la Finlandia ha molti scambi. Prendono anche gli organi degli anziani, reni e fegato, va bene tutto. Nei corridoi del nostro laboratorio c’erano grossi scatoloni pieni di reni e fegati, scatole di polistirolo nascoste nei seminterrati, ma io ho visto tutto.»
Una donna seduta accanto a Siiri rispose al telefono e coprì con le sue chiacchiere il racconto su topi e trapianti d’organo.
«Fai le patate?» domandò senza alcun convenevole, come ormai facevano tutti. Con “fare” evidentemente intendeva cucinare. Forse parlava con suo marito o con il figlio, così che al suo ritorno a casa dal lavoro tutto fosse già pronto in tavola. Il marito di Siiri non preparava mai da mangiare, non lo sapeva fare. Era già qualcosa se si pelava da solo la sua patata lessa. «Un giorno» continuava nel frattempo la signora un po’ svitata, «mentre stavo chiacchierando sul tram, è salito un uomo che pareva il primo ministro Paavo Lipponen. Abita a Töölö. L’ho seguito fino alla porta di casa, lì i tram non passano perché in quel quartiere la gente è così esclusiva che vive come una comunità chiusa, e una persona normale non riesce a gettare uno sguardo nella loro vita nemmeno dal finestrino del tram. So pure dove abitava l’integerrimo paladino della giustizia Kai Korte. Nessuno ormai si ricorda più di lui, ma un milioncino di persone possiede quell’aggeggio, ce l’ho anch’io. Te lo impiantano, e le parti basse ti vanno in fiamme.»
I passeggeri si scambiavano occhiate, alcuni si allontanarono dalla donna, chi parlava al cellulare alzò la voce per coprire le sue parole. E la ragazzina tutta piercing seduta di fronte a Siiri si mise a ridacchiare nervosamente. Siiri avrebbe voluto rilassarsi e godersi i bei palazzi o le voci dei bambini. Quello che era successo al tavolo da gioco la settimana precedente continuava a turbarla. Nessuno aveva più visto né Olavi Raudanheimo né Reino, dopo che quest’ultimo era stato portato via dalle infermiere perché si mettesse tranquillo.
«Credo che siano stati sedati e messi fuori gioco» aveva detto Irma a Siiri il mattino dopo, mentre bevevano la loro tazza di caffè solubile prima dell’incontro con il gruppo di lettura.
Entrambe avevano sentito storie terribili su come gli anziani venissero storditi con i farmaci fino a renderli incoscienti. Se interrompevano le terapie, i pazienti apparentemente affetti da grave demenza tornavano lucidi. Un anziano che aveva dimenticato il proprio nome era arrivato a riconoscere tutti i suoi parenti, e perfino i vicini. Irma e Siiri non riuscivano a capire perché accadessero cose simili, quale vantaggio si potesse trarre dall’intontire un vecchio. Non lo facevano certo per risparmiare. Morire sarebbe stato più economico.
La svitata del tram aveva cominciato a gridare più forte, quasi in una sorta di estasi. Il conducente la guardava dallo specchietto con aria preoccupata ma non poteva intervenire, visto che doveva guidare.
«Ve lo dico io, Kai Korte era un brav’uomo. Eppure, nemmeno lui, in mezzo a quei maiali di banchieri e brokers, ha potuto far nulla contro i batteri dei laboratori e le parti basse in fiamme. I medici dovrebbero mangiarseli loro, i ratti. In Cina mangiano volentieri i ratti, e lì la medicina è molto più avanti che da noi. Credetemi, nelle scatole di polistirolo ci trasportavano i topi. Io ho visto tutto!»
Alla fermata della stazione, Siiri scappò via da quel tram insieme a molti altri passeggeri, provando pena per il conducente, costretto a proseguire con quella donna a bordo. Guardò la stazione e, di fronte, il Makkaratalo, il “palazzo della salsiccia”. Sì, ne aveva proprio la forma! Erano due degli edifici più brutti di Helsinki. Siiri si chiese come Eliel Saarinen e Viljo Revell avessero potuto progettare accanto a due brutture simili anche i palazzi più belli della città. Revell aveva realizzato il Makkaratalo e il Lasipalatsi, il palazzo di vetro; Saarinen era il padre della stazione e del Marmoripalatsi, il palazzo di marmo nel grande parco di Kaivopuisto. E poi, chissà perché a Helsinki edifici tanto piccoli venivano chiamati palazzi.