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Irma aveva segnato sull’agenda che toccava a lei prenotare un tavolo per il prossimo raduno dei suoi ex compagni di classe. Aveva deciso che l’incontro si sarebbe tenuto in un vero ristorante, e non al caffè Ekberg, così aveva chiesto a Siiri di accompagnarla.
«Venire con te? Non puoi semplicemente telefonare e prenotare?» si meravigliò Siiri. Non conosceva i locali di Helsinki, non avrebbe potuto aiutarla.
«Io non chiamo nessuno, ci andrò di persona. È molto più divertente. Bisognerà pur esaminare il posto, sarebbe imbarazzante se il cibo non fosse buono, tutti darebbero la colpa a me. Ci andremo in taxi» concluse, entusiasta di quel diversivo.
«Ma non è troppo costoso?» chiese Siiri. L’amica non disponeva dei coupon, come li chiamava l’ambasciatore. Irma rispose che sua figlia le aveva detto che, non avendo la macchina, poteva permettersi il taxi anche ogni giorno. Siiri non lo prendeva mai a cuor leggero, si sentiva in colpa, ma Irma era più sfrontata, a lei piacevano cose come il whisky e le sigarette.
Chiesero all’impiegata della reception del Lieto Tramonto di prenotare un taxi, contente che, per una volta, dietro quel bancone ci fosse qualcuno.
«Sono due euro» disse la donna prima ancora di prendere in mano la cornetta.
«Caspita! Costa quanto far portar via un sacchetto di spazzatura» rispose Irma scherzosa e pagò con una banconota da cinquanta euro.
«Non hai spiccioli?» si scandalizzò Siiri, ma Irma le ricordò che il bancomat dava solo pezzi di grosso taglio, non poteva farci nulla.
Il taxi arrivò e sorse subito il primo problema. Le fiancate dell’auto erano dotate dell’immagine di una donna nuda con grossi seni e del numero di una hot line. Siiri non voleva salire su un veicolo pornografico, ma Irma le impose di non dire sciocchezze, nessuno avrebbe mai pensato che loro due lavorassero nell’industria del sesso.
«E nemmeno che siamo clienti!» aggiunse ridendo, e si sedette sul sedile posteriore, proprio sopra una grossa macchia.
Il secondo problema si presentò subito dopo, e riguardava il luogo che dovevano raggiungere. Irma chiese al tassista se poteva consigliare loro un locale carino per una festicciola di studenti che avevano fatto la maturità nel 1940, ma evidentemente il tassista non era di Helsinki. Allora Irma si ricordò del Lehtovaara.
«Qual è l’indirizzo?» chiese il tassista. Stringeva il volante a due mani e teneva lo sguardo fisso in avanti.
«Allora, è... in via Mechelinin, all’angolo... tra via Mechelinin e un’altra strada, vicino alla biblioteca di Töölö» spiegò Irma mettendosi il rossetto. Pensava che a quel punto il taxi si sarebbe messo in moto, ma il tassista voleva l’indirizzo preciso. Sul cruscotto aveva uno strumento in cui, a quanto pareva, doveva inserire la destinazione esatta, altrimenti non sarebbe riuscito ad arrivarci.
«Oh santo cielo!» esclamò Irma chiudendo di scatto il suo specchietto. «Scriva su quell’aggeggio via Mechelinin 8. Con il “ch”.»
«Numero 8c o numero 8h?»
«Ma no, è come si scrive, con il ch. Metta numero 8a.»
E fu così che finalmente partirono. L’indirizzo, come c’era da aspettarsi, era sbagliato. All’altezza di via Mechelinin, prima del negozio Etola, ormai arrivati al Lehtovaara, Irma gridò al tassista di fermarsi, ma quello disse che poteva svoltare a sinistra solo all’altezza dell’ospedale Kivelä, e continuò dritto.
«Ecco cosa accade con i taxi» disse Siiri trionfante. Se fosse dipeso da lei, sarebbero andate in tram.
«Di solito non è così, è questo ragazzo che è proprio negato» si difese Irma a bassa voce. Diede un’occhiata fuori dal finestrino e si mise a gesticolare facendo tintinnare i braccialetti d’oro in faccia a Siiri. «Guarda, guarda qui, presto! Come risplende il monumento a Sibelius sotto i raggi del sole! Che meraviglia! È proprio una bellissima scultura. Quella, dal tuo tramtram che al Lehtovaara non si avvicina nemmeno, non riesci mica a vederla.»
“Tramtram” era una delle paroline sciocche di Irma, inventate dai suoi tesorini quand’erano piccoli; ce n’era una anche per chiamare la mosca, che era diventata “moccocacca”. Irma però aveva ragione. Siiri aveva riflettuto sul percorso dei tram dopo aver ascoltato la tipa svitata che gridava del primo ministro Lipponen e dell’ex ministro di Giustizia Kai Korte. Perché i tram non circolavano a Töölö? Facevano tutti lo stesso tragitto per via Mannerheim, anche se alcuni avrebbero potuto percorrere via Topelius o via Mechelinin.
«Mi sa che lei non è di Helsinki, giusto?» chiese Irma al tassista mentre cercava il portafogli vuotando la borsa. Sul sedile c’erano già il portapillole, il fazzoletto di pizzo, l’orologio da polso, due paia di occhiali, le calze di ricambio e una bottiglietta di whisky.
«No.»
«E di dov’è? Di Vaasa?»
Adesso sul sedile c’erano anche il misuratore di pressione e il portafogli su cui era appiccicato il post-it giallo con su scritto a caratteri cubitali 7245.
«Vengo dall’Azerbaijan.»
Irma voleva pagare la corsa con una banconota da cinquanta, ma il tassista la rifiutò. Non aveva né il resto né la macchinetta per verificare che fosse autentica. Provò a convincerlo ad accettare la carta bancomat ma poi si ricordò che al Lieto Tramonto l’impiegata le aveva dato delle monete di resto. Pagò con quelle, proponendo al tassista di dare un morso per verificare che non fossero false. Siiri cominciava a sentirsi debole, nel taxi non si respirava e l’atmosfera si era fatta tesa.
«Perché hai pensato che fosse di Vaasa?» chiese una volta uscite da quell’auto, finalmente all’aria fresca.
«Parlava un pessimo finlandese, proprio come i finnosvedesi dell’Ostrobotnia. Ma in quale posto sperduto si trova l’Azerbaijan? E com’è possibile che lì si possa ottenere la patente per guidare i taxi a Helsinki?» si meravigliò nell’istante in cui si accorsero che il ristorante era chiuso.
Erano proprio in un bel guaio. Nelle vicinanze non si vedevano aree di sosta per i taxi né rotaie di tram. Come avrebbero fatto ad andarsene da via Mechelinin? Siiri temette che avrebbero dovuto ricorrere al cellulare di Irma.
«Ehi, sai che c’è? Adesso ce ne andiamo alla biblioteca di Töölö!»
Era un’idea geniale. Quel posticino piaceva a tutte e due, era uno dei lavori più belli di Aarne Ervin. Al suo confronto Tapiola, nato anch’esso da un suo progetto, pareva un semplice quartierino di cemento armato. La biblioteca invece era magnifica, dentro e fuori. Alcuni edifici erano belli solo all’interno, come ad esempio l’ospedale Kivelä o la nuova Opera, che da fuori si riduceva a una lucida fila di piastrelle, ma quando ti prendevi la briga di entrarci risplendeva in tutta la sua bellezza.
Siiri e Irma perlustrarono ogni piano della biblioteca ammirandone le balaustre, le scale, le finestre, le luci e tutto l’insieme. A un certo punto, una funzionaria gentile si avvicinò e chiese come potesse aiutarle.
«STATE CERCANDO UN LIBRO IN PARTICOLARE? AVETE PERDUTO QUALCOSA?» domandò a voce altissima, parlando lentamente e muovendo con tanta energia i muscoli del viso che a Siiri e a Irma venne da ridere.
«No, grazie. Abbiamo solo bisogno di un taxi. Potrebbe chiamarcene uno?» chiese Irma con grazia. La bibliotecaria per un attimo rimase spiazzata ma poi fece quello che le avevano chiesto. Non pretese alcun pagamento per il servizio, anche se quella telefonata dalla biblioteca doveva costare tanto quanto quella dal Lieto Tramonto.
Questa volta, alla guida del taxi c’era un giovanotto finlandese che, chissà, poteva persino essere di Helsinki. Indossava un giubbino di pelle e aveva occhi azzurri e gentili. Quando le aprì la portiera guardandola con un sorriso, Siiri ebbe l’impressione di averlo già visto da qualche parte.
Il tassista suggerì di provare al ristorante Kämp. Pronunciò il nome in modo sbagliato, e Siiri e Irma non capirono subito che si riferiva all’antico ristorante del centro. Erano emozionate, non sapevano che avesse riaperto.
«È lì che andavano sempre Sibelius e Kajanus» spiegò Irma.
«Questo non lo sapevo, ma si mangia bene.»
All’improvviso il tassista frenò mettendosi a imprecare. Siiri ondeggiò in avanti e andò quasi a battere la testa sul sedile anteriore, Irma le cadde addosso e finirono entrambe contro la portiera.
«Scusami» disse Irma sollevando la testa dal grembo di Siiri, anche se non era certo finita lì per colpa sua. Si guardarono stupefatte, e quando si accorsero di essere ancora vive scoppiarono a ridere. L’autista non le degnò neppure di uno sguardo, quello che era successo sul sedile posteriore sembrava non interessargli affatto.
«Porca miseria, il tram! Hanno mai inventato qualcosa di più stupido?»
I tram non gli piacevano, era evidente. Siiri cominciò a sentirsi a disagio mentre Irma sogghignava compiaciuta. L’uomo era dell’idea che dovessero essere vietati. Uccidevano la gente, bloccavano il traffico, deragliavano ed erano costosi.
«Sono così pesanti da frantumare le loro stesse rotaie. E in una carrozza ci stanno pochissime persone! Avete mai visto un vagone della metro investire una macchina? Su, ditemi un po’...»
Quel ragazzotto muscoloso e pelato le guardava scontroso dallo specchietto con i suoi occhi azzurri. Dove mai si erano già incontrati? Siiri ci stava riflettendo intensamente, ma in quel momento nemmeno uno dei suoi sensi sembrava funzionare.
«Ovviamente, non potete averlo visto perché la metro va sotto terra. E non avrete neanche notato che quel tram aveva proprio intenzione di investirci. Al diavolo i tram, mettiamoci la metro al loro posto. Tutte le rotaie sotto terra! E così non ci sarebbe più bisogno di congelarsi alle fermate, niente più incidenti né gente investita. E neppure voi vi ritrovereste in un taxi se a Helsinki ci fosse una metro decente. I taxi non servirebbero affatto.»
«Ma lei quindi resterebbe senza lavoro» suggerì Irma impensierita.
«No, in realtà io sono un cuoco.»
«Un cuoco? Il nostro è morto, potrebbe venire a lavorare al Lieto Tramonto. Magari lo conosceva. Si chiamava Tero, o forse Pasi.»
Irma parlava come se al mondo ci fosse stato un solo cuoco a portare quel nome. A volte era così sciocca che Siiri era in imbarazzo.
«Tero Lehtinen?» chiese il tassista voltandosi per guardarle bene. «Della residenza per anziani Villa del Lieto Tramonto?»
Fu allora che Siiri si ricordò dove l’aveva visto, al funerale di Tero! Aveva parlato degli angeli e li aveva aiutati a raggiungere la bara. Aveva anche sollevato da terra il suo cuscino, guardandola con occhi indagatori, proprio come stava facendo adesso.
«Credo che ci siamo già incontrati» disse Siiri, e il tassista annuì. Le aveva riconosciute ma credeva che loro non potessero ricordarsi di lui.
«Siamo vecchie, ma qualcosina ci resta ancora in testa. Per esempio, dei begli occhi azzurri» aggiunse Siiri, pentendosi all’istante. Avevano appena parlato di Tero e lei si metteva a fare la sdolcinata. Irma, comunque, aveva subito tirato fuori dalla borsetta lo specchietto e il pettine. Ora che si era resa conto che quello non era un semplice tassista ma un conoscente, un ritocco alla pettinatura era d’obbligo.
«Cosa sa della morte di Tero?» chiese dopo che aveva finito. «Anna-Liisa sostiene di sapere un sacco di cose, ma io a dire il vero non le credo. Al Lieto Tramonto si sentono tante stranezze, e Anna-Liisa è una donna un po’ particolare. Anche lei abita nella residenza, nella scala A come noi, però ha solo un monolocale, invece noi abbiamo un bilocale per ciascuna, davvero spazioso. Certo, stupidamente ci hanno messo un soggiorno con angolo cottura, a me non piace affatto che dal divano si vedano i piatti, ma... d’accordo, adesso questo chiaramente non è importante. Lei non dev’essere davvero calvo, vuole semplicemente essere pelato e si è rasato i capelli, vero? Bisogna rasarli ogni mattina come la barba? Tero aveva dei bei capelli lunghi, di un bel colore. Lei era un caro amico di Tero? Qualche volta mi pare che si facesse anche la coda di cavallo.»
Erano arrivati davanti al ristorante Kämp, dal lato della strada pedonale. L’autista spense tassametro e motore e si voltò verso di loro. Sembrava che non volesse essere pagato per quella corsa. Parlò di angeli e, chissà perché, mentre lo faceva non smetteva di dire parolacce. Questi angeli avevano scoperto delle cose sul Lieto Tramonto ma non erano ancora soddisfatti. E in qualche modo tutto ciò aveva a che fare con la morte di Tero. Le misteriose parole di quell’uomo stavano facendo venire il capogiro a entrambe.
«Tero non ha resistito» concluse.
«Era un angelo?» chiese Siiri.
«No, era troppo sensibile per cose del genere. Preferiva sporcarsi le mani con la bici. Ma era un amico.»
«Dunque, questi... angeli cattivi... sono una specie di reparto scelto della polizia?» chiese seria Irma. Il tassista, quasi arrabbiato, rispose che gli angeli erano tutto tranne sbirri.
«In tal caso, potrebbero anche essere criminali, giusto?» insistette Irma temeraria, visto che il tassista aveva detto di essere uno di loro. Ma in risposta alla sua domanda, ebbe solo un grugnito e di nuovo parolacce. La conversazione sembrava conclusa e Irma tirò fuori il borsellino per pagare.
«Nella vostra residenza accade di tutto e la polizia se ne frega.»
Non capivano in che modo la polizia avesse a che fare con il Lieto Tramonto e se quell’uomo fosse o meno un furfante. Era però chiaro che voleva dir loro qualcosa. Irma gli propose allora di anticipare la fine del suo turno e di pranzare insieme al Kämp. Dopo la sorpresa iniziale, l’uomo accettò l’invito.
«Io mi chiamo Irma Lännenleimu e lei è la mia amica Siiri Kettunen» aggiunse Irma per formalizzare le presentazioni, mentre raggiungevano la porta del ristorante. Il tassista disse di chiamarsi Mika, e quel nome suonava allo stesso modo di Pasi e Tero. Un colpo d’accetta.
«Mi scusi, non ho sentito il suo cognome, Mika. Possiamo darci del tu?» chiese Irma stringendogli la mano in attesa che l’uomo si presentasse a dovere.
«Korhonen, Korhonen Mika, cioè Mika Korhonen. Sì, solo Mika.»
«Ah, il pranzo lo offro io, Mika» tenne a precisare Irma, ed entrarono al Kämp. Era un po’ diverso da come se lo aspettavano, troppa plastica e paccottiglia. Tutto era palesemente finto antico, ma preferirono non fare commenti per non offendere il loro nuovo amico.
Irma e Siiri non capivano che cosa servissero in quel posto, il menu era pieno di parole incomprensibili. Il cibo era diventato una faccenda complicata perché non era più una fonte di sussistenza, ma un passatempo alla moda. Durante e dopo la guerra era diverso, non si giocava con il mangiare.
«Cucini anche tu pietanze così... piccole e particolari?» chiese Siiri. Mika preferiva il cibo semplice, sapeva fare perfino gli involtini di cavolo, una rarità. Aveva lavorato alla mensa dell’università, proprio nella sede centrale, fino a quando il servizio non era stato esternalizzato.
«Ma in Finlandia non si può mica cucinare all’aperto!» esclamò Irma scoppiando in una risata.
«Il cibo sarebbe arrivato da una ditta esterna e io sono stato messo alla porta. E così ho cominciato a fare il tassista» spiegò, e le due donne provarono così tanta compassione per lui che ordinarono del vino rosso. Mika, però, avendo il taxi proprio lì fuori, preferiva non bere.
«E per di più, in sosta vietata!» aggiunse con un sorriso magnifico.
«Già, e a te la polizia non piace» osservò Irma. Poi brindarono, Mika con acqua, Siiri e Irma con il vino rosso, e Irma raccontò che beveva solo vino rosso. Era stata una gran fortuna aver preso il taxi invece del tramtram, come avrebbe voluto Siiri.
«Al Lieto Tramonto c’è la mafia degli omosessuali» disse Mika. Da quel momento Irma e Siiri tacquero e si misero ad ascoltare.
Non capivano tutto e sapevano che avrebbero dimenticato la metà di quel discorso, ma si sforzarono per stare attente. Mika parlava di farmaci, ma pareva che li confondesse con le droghe, e Siiri non si capacitava di come la terapia prescritta da un medico potesse risultare fatale per un anziano e scombussolare la mente di un giovane.
«Quelle pasticche confondono anche voi. Solo che è legale.»
«Io prendo soltanto la pillola per il diabete» si affrettò a dire Siiri per evitare che Mika si facesse un’idea sbagliata. Irma prese il suo portapillole dalla borsa e iniziò a domandarsi che cosa fossero tutte quelle compresse multicolori.
«Questa è la caramellina di glucosio e quest’altra serve per dormire, è molto leggera, non è un sonnifero, aiuta solo ad addormentarsi in un battibaleno, snap! Questa invece è la compressa di amaryl per il diabete, e questa qui è per la pressione, ma queste due... non so che cosa sono. Tu lo sai?»
Mika non lo sapeva. Anche Siiri aveva l’impressione che nel portapillole di Irma fossero comparse nuove medicine. Mika ne prese una di ogni tipo e promise che avrebbe scoperto di cosa si trattava. Non male. Significava che voleva aiutarle. Oppure aveva intenzione di vendere le pillole di Irma a un altro criminale? Improbabile, era un giovanotto così simpatico, calmo e a suo modo autorevole. Un ragazzone che cucinava involtini di cavolo. I mariti di Siiri e Irma non avevano mai preparato da mangiare, non sapevano nemmeno ordinare un caffè al distributore automatico. Una volta che Irma aveva avuto la febbre alta, Veikko si era trovato a dover bollire un uovo. In quell’occasione ebbero la dimostrazione di come fosse possibile arrivare a bruciare un uovo sodo. Divenne nero come il carbone fuori e verde dentro, raccontò Irma, descrivendo animatamente come la loro cucina non fosse per poco andata a fuoco, e perfino Mika rise di quella storiella.
«Sembri un uomo coraggioso e con un buon senso dell’umorismo» disse Siiri. «Saresti così audace e spiritoso da venirci a trovare nel nostro Lieto Tramonto?»
Mika sorrise gentile, ringraziò per l’invito e promise che l’avrebbe accettato. Erano entrambe al settimo cielo.
Al momento di pagare, Irma tirò fuori dal portafogli due banconote da cinquanta, chiedendo all’amica di calcolare quanto fosse costato il pranzo in vecchi marchi. Siiri però si rifiutò di dirglielo, Irma aveva promesso di offrire per tutti e non era bello commentare ad alta voce l’ammontare del conto.
«Oddio, la festa!» strillò Irma, e solo allora Siiri si ricordò del motivo che le aveva trascinate in quell’avventura. Il cameriere era in piedi accanto al tavolo a contare il resto e Irma iniziò a spiegare che doveva prenotare un tavolo per il mercoledì da lì a due settimane, alle ore dodici.
«Con i miei ex compagni di classe organizziamo un incontro ogni primo mercoledì del mese, altre classi non lo fanno così spesso. A scuola sono stata bocciata quattro volte, e ora che siamo rimasti in pochi mi invitano sempre. È molto divertente. Il primo mercoledì del mese non è tra due settimane? Il tempo corre così veloce, non lo pensa anche lei?»
«Certo» rispose il cameriere stupito. «Per quante persone è la prenotazione?»
«Be’, non posso saperlo!» rispose Irma ridendo di gusto e dandogli un colpetto sul braccio, come se il cameriere avesse detto qualcosa di molto divertente.
«Non sa quante persone verranno a pranzo?»
«Garantito che non lo so. Ogni settimana ne muore uno. Tic tac, tic tac, tic tac. Ho novantadue anni ma non sono così saggia da saper prevedere quanti compagni di classe saranno ancora vivi il primo mercoledì del mese. Lei mi capisce, vero?»
«Assolutamente» rispose il cameriere, e chiamò il maître. Alla fine, fu Mika a occuparsi della faccenda. Prenotò un tavolo per dieci persone per le settimana successiva, il primo mercoledì di novembre.
«Scriva anche “possibile caso di morte”, così il personale non si meraviglierà se il gruppo è un po’ più ridotto del previsto» disse Mika al maître, che prontamente lo assecondò. Quando un uomo ben piazzato ti diceva qualcosa con quel tono basso era sempre meglio obbedire. Mika riaccompagnò al Lieto Tramonto Siiri e Irma, che durante il viaggio gli spiegarono chi era Robert Kajanus, gli parlarono del ritratto di gruppo Symposio di Gallen-Kallela, e gli dissero perché Gallen-Kallela avesse dipinto Oskar Merikanto come una rapa. Il loro nuovo amico non voleva essere pagato, ma Irma l’obbligò a prendere una banconota da cinquanta.
«Ma quante ne hai di quelle?» le chiese Siiri una volta arrivate davanti ai loro rispettivi appartamenti, mentre frugavano nelle borse alla ricerca delle proprie chiavi.
«Quella lì era l’ultima» rispose Irma sovrappensiero. «Ma dagli sportelli automatici se ne possono avere altre. E poi, quando sono finite, torniamo a mangiare pasticcio di fegato e riso un po’ stantio. Certo che è stata una giornata davvero divertente!»