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Anna-Liisa propose di passare in banca prima di andare da Irma. Siiri non ne era entusiasta, pensava che una persona anziana non dovesse fare due cose in uno stesso giorno. Ma era inutile fare obiezioni, l’amica sprizzava brio ed energia da tutti i pori. E con il suo nuovo cappellino primaverile rosso aveva anche un aspetto vagamente sbarazzino.
Già una volta Siiri aveva provato ad andare alla filiale della propria banca, lungo il viale di Munkkiniemi, per depositare sul conto le banconote spiegazzate ricevute da Mika. Aveva trovato la porta chiusa a chiave e un avviso: si poteva entrare solo su appuntamento e l’agenzia non forniva più servizi allo sportello. Il suo conto era in quella filiale dagli anni Trenta, anche se il nome della banca era cambiato più volte. All’inizio era Syp-Finland United.
«Ah, che filosvedese! Naturalmente la mia era la Kop» commentò Anna-Liisa in tono autocelebrativo.
Le filiali più vicine con sportelli per il deposito, precisava l’avviso, erano a Lassila e a Leppävaara. Siiri non capiva perché mai dovesse viaggiare in autobus fino a Espoo, e poi sentirsi male, per versare dei soldi sul proprio conto. Anna-Liisa sosteneva che Lassila era un quartiere di Helsinki, ma il tram non ci arrivava e allora decisero di andare insieme alla filiale del centro in Punavuori. Conoscevano meglio la zona e pareva più sicura rispetto a Lassila o Leppävaara.
Mentre viaggiavano in tram, provarono a ragionare su eventuali operazioni bancarie che non richiedessero di presentarsi allo sportello. Siiri propose la compravendita di azioni e obbligazioni, ma secondo Anna-Liisa si trattava comunque di operazioni finanziarie.
«Forse ce l’hanno con i conti correnti. Non vogliono occuparsi dei normali correntisti, ma solo di investimenti, fondi e operazioni più redditizie.»
La porta della filiale di Punavuori sembrava rotta. Non si apriva automaticamente e non c’era una maniglia. Per un attimo credettero che anche a quell’agenzia non interessassero i soldi. Ma poi accadde un miracolo: le porte si spalancarono.
«Apriti sesamo!» esclamò Siiri.
Tre uomini di mezza età si precipitarono dentro. Parlavano al telefonino e non si erano nemmeno accorti che le vecchine, per farli passare, si erano dovute schiacciare contro il muro. Lasciarono correre avanti chi andava di fretta, poi procedettero verso l’atrio della banca e con tutta calma si guardarono intorno. L’interno, con gli scaffali in betulla, gli schermi tv e l’arredamento ordinario, aveva l’aspetto di un ufficio qualunque. Le sedie erano distribuite su più file come nella sala d’attesa di un ambulatorio. Non c’era più il fasto di una volta, solo misera funzionalità.
Presero coraggio e andarono a strappare il loro numerino, per sicurezza premettero su tutti i pulsanti e ottennero i numeri 721, 13 e 221. Il display segnava 438.
«Ma è come il lotto!» disse allegramente Siiri. Anna-Liisa cominciò invece a lamentarsi, malgrado fosse stata una sua idea passare in banca prima dell’ospedale.
«Con questo ritmo non faremo mai in tempo ad andare da Irma. Dev’esserci un errore.»
Un po’ in disparte, scorsero un usciere in divisa, che sembrava stare lì senza far nulla. Siiri gli chiese come mai sul display c’era il 438 e sui loro foglietti 721, 13 e 221.
«Crede che con questi numeri vinceremo qualcosa?»
L’usciere rispose che si occupava della sicurezza, vigilava che fosse mantenuto l’ordine, e che di fatto non lavorava per quella banca. Siiri capì che non c’era altro da fare che sedersi e aspettare il proprio turno. Per fortuna aveva con sé il cuscinetto verde. Quelle sedie erano di pietra! Dopo un po’ fu chiaro che esistevano quattro file differenti, ognuna con una numerazione diversa, e che, nel migliore dei casi, avevano davanti trentotto persone.
«Sì! Tutto liscio come l’olio! Solo altre due ore di attesa» si lamentò Anna-Liisa, sistemandosi il cappellino rosso, le cui decorazioni scintillavano sotto le luci alogene.
Sapendo che le piacevano, Siiri suggerì di fare dei giochi di parole per ingannare il tempo. Pensarono ad aggettivi con la “k”, verbi che iniziavano per vocale, sostantivi che terminavano per “s”, e arrivarono alla conclusione che in città non ci fosse nemmeno una zona carina che cominciava con la “l”. Infine, Siiri declinò i sostantivi che le indicava l’amica. Anna-Liisa era davvero molto soddisfatta, non immaginava che Siiri conoscesse la grammatica così a fondo. E quando l’amica si ricordò perfino del comitativo con l’allitterazione, fischiò tutta contenta.
«Settecentoventuno! Bingo!» strillò Siiri, quando si accorse che uno dei loro numeri era sul display e fece un paio di passi a mezza corsa verso lo sportello numero 7. Di tanto in tanto, per una vecchia abitudine, le capitava di mettersi in moto di slancio, anche se non avrebbe più dovuto farlo. Irma le faceva sempre la predica, le diceva che prima o poi avrebbe fatto una bella caduta e si sarebbe spaccata un osso. Avrebbe quindi finito i suoi giorni a letto e lei non intendeva sobbarcarsi l’impegno di portarle pasticcio di fegato e riso.
«Anche se volessi, non potrei diventare la tua infermiera personale, siamo troppo vecchie, agli ultranovantenni non danno un centesimo!» aveva spiegato Irma. Suo cugino Tauno, il quale si era preso cura fino alla tomba della moglie rimbambita, non aveva ricevuto niente perché era troppo vecchio. E ora toccava a Irma giacere su un letto in attesa di un’operazione all’anca perché, imbottita di farmaci, era stata legata al letto come una pazza e da lì era caduta senza che nessuno se ne accorgesse. Siiri avrebbe preferito spezzarsi un osso per un paio di passi veloci piuttosto che stando sdraiata in un letto.
Salutò educatamente la signorina allo sportello, posò le banconote sul bancone provando a stirarle per bene e chiese di depositare quell’importo sul proprio conto. Per sicurezza aveva annotato il numero su un foglietto, ma non bastava.
«Serve l’iban.»
«Ma questo è il numero del mio conto. O vuole il pin?»
«Serve il codice iban. La numerazione internazionale del conto corrente, conforme alle norme Ue.»
Siiri non aveva la più pallida idea di che cosa stesse parlando l’impiegata, tirò fuori dal borsellino il suo bancomat. Da lì si sarebbe dovuto risalire al codice giusto.
«Lei vuole che questi soldi siano messi sul suo conto? Purtroppo non è possibile.»
Siiri pensò di aver capito male, ma la signorina ripeteva irremovibile quella frase.
Una delle due doveva sbagliarsi, o la signorina o Siiri. Non era possibile che una banca non permettesse di versare del denaro sul proprio conto corrente. Che cosa c’era di sbagliato?
«Cioè... lei può versare i soldi sul conto di qualcun altro... fare un bonifico. Ma depositare contante sul proprio conto non... non si fa più. Le converrebbe tenere quei soldi, visto che comunque ogni tanto un prelievo lo fa, no?»
Siiri spiegò pazientemente che lei non aveva bisogno di grosse somme in contanti, abitava in una residenza per anziani dove accadevano molte cose bizzarre, era decisamente troppo pericoloso conservare grandi quantità di denaro sotto il materasso o nella scatola dei biscotti.
«Okay. Forse possiamo fare, diciamo, un’eccezione. Attenda un istante.»
Si allontanò e ritornò con un impiegato più anziano. Bisbigliarono tra loro e guardarono le banconote stropicciate come fossero il frutto di una rapina. Anche il vigilante stazionava a distanza fin troppo ravvicinata, pronto a intervenire. Con una mano Siiri strinse il bastone e la borsa, con l’altra il cuscino verde, e provò a mantenere la calma.
«Diciamo che per il deposito sarà addebitata una commissione, diciamo bancaria, diciamo di ventisette euro. Comunque, grazie a un permesso, diciamo eccezionale, può versare i suoi soldi.»
«Anche Kekkonen è stato eletto presidente con una licenza speciale» commentò Siiri, e fece il versamento nonostante il costo astronomico della commissione.
«Le serve la ricevuta?»
La prese, ringraziò e si ricordò che, per quanto riguardava Kekkonen, doveva essersi trattato di una legge eccezionale e non di una licenza, ma non ce la faceva a spiegare il suo lapsus alla signorina della banca. Trovò Anna-Liisa nella sala d’attesa immersa nella lettura di Topolino. Attorno a lei c’erano altre persone anziane. Aveva sempre pensato che l’amica ritenesse i fumetti spazzatura. Anna-Liisa sussultò quando Siiri interruppe il suo momento di svago.
«Topolino è diverso» spiegò. «Su quelle pagine i bambini finlandesi imparano a leggere. La sua forma linguistica è particolarmente buona e sempre attuale. Mi interessa soprattutto da un punto di vista professionale.»
All’età di novantatré anni si considerava ancora una professoressa. A Siiri non sarebbe mai venuto in mente di osservare il mondo con gli occhi di una dattilografa, ma questo ovviamente dipendeva dal fatto che le macchine da scrivere non esistevano nemmeno più. E poi il lavoro non era mai stato per lei una cosa importante. Insegnare, invece, era un’occupazione che non finiva mai.